Tremonti vuole spendere meno, la Gelmini spendere meglio
26 Giugno 2008
Che il governo avrebbe tagliato tutto il tagliabile nessuno lo dubitava. Che la mannaia di Tremonti sarebbe calata così pesantemente sul sistema scolastico pochi invece lo credevano. Pochi tranne Mariastella Gelmini, quel ministro così risoluto da aver cacciato in quattro e quattr’otto una funzionaria dall’esperienza decennale per aver clamorosamente sbagliato le tracce dei temi della maturità. Lo stesso ministro che in un’intervista rilasciata ieri al Sole 24ore si assume tutte le responsabilità sue e del suo esecutivo: “questo governo è stato eletto per risanare i conti pubblici è un impegno di rigore con gli italiani e va mantenuto”.
Novità, dunque, e anche pesanti sul fronte scolastico. Le “Disposizioni in materia di organizzazione scolastica” rientrano, all’interno del Dpef nell’ambito del Contenimento della spesa del pubblico impiego. L’art. 70 non lascia adito a fraintendimenti: per attuare il Piano programmatico di interventi occorre «una maggiore razionalizzazione delle risorse umane e strumentali disponibili», si provvede ad «una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico». A legger bene le intenzioni del ministro la filosofia che sottende al piano economico del governo è del tutto nuova. È la prima volta, infatti, che si prevede un intreccio così stretto tra tagli alla spesa e riorganizzazione del sistema. Questo sta ad indicare che nelle intenzioni di questo esecutivo c’è fare le riforme per abbassare la spesa e qualificarla.
La “to do list” riprende a grandi linee la riforma avviata dal ministro Moratti, soprattutto per quanto riguarda la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso, la maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti, la razionalizzazione dei piani di studio, la revisione dei criteri che sottendono la formazione delle classi. Ma si parla anche di revisione della governance scolastica, con l’ampliamento dell’autonomia e la facoltà di formare le classi entro un vincolo di organico assegnato; di rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria, attraverso la diminuzione del numero dei maestri per classe (il famoso ritorno al maestro unico), di revisione dei criteri che determinano il numero del personale tecnico e amministrativo.
Per fare tutto questo non occorrono soldi in più ma tagli alle spese. Per questo la mannaia di Tremonti ha previsto per prossimo triennio risparmi per circa 3,2 miliardi di euro, che sommati ai tagli della finanziaria dello scorso anno arrivano in tutto a 4,6 miliardi complessivi. La scuola ha bisogno di recuperare risorse: per aumentare lo stipendio degli insegnanti che se lo meritano, per costruire nuove strutture, per ammodernare quelle fatiscenti. Se pensiamo che il 97 per cento del bilancio destinato all’istruzione va per gli stipendi si capisce anche perché il ministro ha posto più di una volta l’accento su alcuni punti: no al precariato; no alla frustrazione dei docenti e sì a meno insegnanti ma più preparati e meglio pagati
I numeri la Gelmini li ha lasciati ai colleghi dell’Economia: nel Dpef è prevista la riduzione di 70mila cattedre e 40mila posti di personale tecnico amministrativo ma anche la futura assunzione di 25mila docenti e 7mila Ata. La scuola – sostiene la Gelmini – non può rappresentare un ammortizzatore sociale. Va cambiato il sistema di reclutamento. Che non troppo tra le righe significa adottare soluzioni drastiche sulle Siss. “Non mi servono buone intenzioni, nemmeno suggerimenti che non tengono conto di una contabilità economica. Se non avessimo il debito pubblico tra i più alti d’Europa una spesa pubblica da riqualificare credo che chiunque darebbe stato capace di migliorare la situazione scuola”. Una chiara idea di quale linea economica seguire. Ancora qualcosa manca per tracciare anche una linea politica definita.