Trenta candeline per Pac-Man, il rivoluzionario dell’intrattenimento
30 Maggio 2010
Chissà se le cose sono andate davvero così. Secondo la leggenda, nel 1979 il programmatore giapponese Toru Iwatani stava cenando con alcuni amici quando, guardando la pizza che aveva nel piatto, ebbe un’illuminazione. Quella forma circolare, ricoperta di pomodoro e con una fetta mancante, avrebbe dato vita al videogioco più famoso e apprezzato di tutti i tempi: Pac-Man, di cui celebriamo trent’anni di vita.
La storia che segue è nota. Un anno dopo la fatidica cena, il 10 maggio 1980, la casa di produzione Namco dà alla luce la prima versione di Puckman; quando poi ad agosto l’esserino giallo sbarca negli Stati Uniti, acquistato dalla Midway Manufacturing Company, il suo nome viene cambiato in Pac-Man. Il successo è planetario: dall’America all’Europa, in soli sette anni, la Namco vende oltre trecentomila macchinette e nelle sale giochi di tutto il mondo milioni di persone “guidano” quel cerchietto giallo nel labirinto, mangiando puntini e scansando quattro pericolosi fantasmi.
Anno dopo anno, il gioco viene perfezionato. I fantasmini, che all’inizio si muovono in modo troppo meccanico, assumono una “personalità” propria (dal debole Guzuta, il più lento dei quattro, ad Akabei, aggressivo e caparbio). Il 22 maggio 1983, mentre negli Stati Uniti si celebra il “Pac-Man Day”, il circoletto giallo è già un fenomeno di culto: il merchandising invade i negozi, e ogni sabato mattina la CBS trasmette un cartoon ispirato al videogioco. Da ogni parte del globo, intanto, giungono notizie di nuovi record, anche se la prima partita perfetta è stata realizzata in Florida solo nel 1999: Billy Mitchell ha completato 255 livelli senza mai essere catturato da un fantasma, per un totale di 3.333.360 punti. Il record assoluto spetta però a un altro americano, David Race, che anni dopo ha totalizzato gli stessi punti in 3 ore e 41 minuti (pochi secondi meno di Mitchell). Una curiosità: gli ideatori avevano pensato ad un gioco potenzialmente infinito, ma un “bug” di programmazione blocca Pac-Man in mezzo al livello 256.
Per celebrare uno dei videogiochi più divertenti della storia, abbiamo chiesto ad alcuni esperti di rivelarci il segreto di tanto successo. Secondo Massimo Nicora, direttore di Spaziogames.it, la risposta sta “nell’estrema semplicità della struttura di gioco, facile da imparare anche per bambini di cinque-sei anni. Bastava inserire la moneta nel cabinato e chiunque poteva giocare e divertirsi”. Determinante, continua Nicora, è stata anche l’idea alla base del gioco: “Da preda si poteva, per un attimo, trasformarsi in cacciatore, in una sorta di rivisitazione videoludica del concetto di trasformazione che ha sempre affascinato il pubblico, anche in letteratura”. Cesare Arietti, direttore di Gameplayer.it, sottolinea poi “il particolare momento storico, l’inizio degli anni ‘80, in cui erano assenti personaggi facilmente riconoscibili e caratterizzati: il suo design, semplice ma ben identificabile, risultò efficace in tutto il mondo”. Alla base del titolo, inoltre, “vi era una forte immediatezza: il gioco non prevedeva l’uso di pulsanti aggiuntivi oltre ai movimenti, caratteristiche che si rivelavano ‘user-friendly’ proprio per tutti”.
La celebrazione di Pac-Man è giustificata dall’enorme impatto del videogioco sul mondo dell’entertainment. Nicora ricorda addirittura “di aver letto che la figura di Pac-Man, questo buffo personaggio ispirato a una pizza cui manca una fetta, era diventata negli Stati Uniti qualcosa di così diffuso da poter essere paragonata nientemeno che alla svastica nella Germania nazista, simbolo che era riprodotto praticamente dappertutto”. Un paragone azzardato, certo, “ma ci permette di capire quale è stato il contraccolpo culturale di questo gioco e del suo simpatico protagonista, che è poi diventato un fenomeno di marketing”. Secondo Arietti, Pac-Man “ha trainato l’industria dell’entertainment e il pubblico degli anni ’80: il successo di tanti altri titoli è dovuto proprio all’interesse verso i videogiochi che Pac-Man ha saputo suscitare”. Il riscontro ottenuto dal videogioco, infine, “ha condizionato gli stessi sviluppatori, sia nella creazione di personaggi nuovi che nella programmazione di ambienti di gioco comprensibili per qualsiasi persona”.
Dal 1980 in poi, il mondo dei videogiochi – una delle industrie più floride nell’ambito dei consumi di massa – non ha più saputo fare a meno di Pac-Man. Le emulazioni sono infinite: Nicora ricorda, tra gli altri, “Ms Pac-Man (che sia stato uno dei primi tentativi di videogioco femminista della storia?), Pac-Land, in cui al simpatico personaggio spuntano addirittura braccia e gambe e così via fino ai giorni nostri, passando attraverso le rivoluzioni epocali come l’introduzione della terza dimensione”. Ma a ben vedere, gli fa eco Arietti, “potremmo affermare che ovunque sia possibile trovare un personaggio in grado di conquistare il pubblico con la sua immediatezza e semplicità, allora siamo di fronte ad un erede di Pac-Man”. Un nome su tutti? “Super Mario, ovviamente”. Oppure Lara Croft, l’eroina di “Tomb Raider”, che dalla PlayStation è sbarcata trionfalmente al cinema nel 2001 con il volto di Angelina Jolie.
Ma l’ultima prova della grandezza di Pac-Man risale a pochi giorni fa. Il 22 maggio, in occasione del trentennale, Google ha reso disponibile il videogioco sulla propria home page. Tutto bene, almeno finché “The Rescue Time Blog” non ha calcolato che ogni utente americano ha trascorso in media 36 secondi in più sul più celebre motore di ricerca della rete. In termini temporali (e monetari), ciò significa che sono state buttate 4,8 milioni di ore di lavoro, per una perdita complessiva di almeno 120 milioni di dollari. Non male per un giochino semplicissimo, nato 30 anni fa da una pizza fumante. Se vi siete persi l’iniziativa di Google, e anche voi volete perdere un po’ di tempo, non disperate: big G ha annunciato che Pac-Man resterà giocabile on-line all’indirizzo http://www.google.com/pacman. Buon divertimento a tutti.