Trilogia di Larsson, un bestseller di qualità che fa colpo (in libreria)
26 Aprile 2009
La trilogia dello scrittore svedese Stieg Larsson, scomparso proprio a metà del giro di boa verso il successo, si è acquartierata da molti mesi nei piani alti delle classifiche, una dimora che da temporanea sembra essersi fatta permanente. Tre polizieschi scandinavi per un totale di oltre 2000 pagine non sono un’ovvietà nel recinto dei superbestsellers. Specie se pubblicati da un marchio come Marsilio che, pur entrato nell’orbita di Rcs, mantiene la sua identità di prolifico editore di medio peso. Racconta quel successo Cesare De Michelis, che di editoria si intende due volte: sia in qualità di patron della Marsilio, sia per la sua esperienza di docente universitario di Letteratura italiana e di Economia e organizzazione delle imprese editoriali.
Come nasce un colpo editoriale come il caso Larsson? Si costruisce da lontano, è il fiuto di un attimo, oppure il contributo determinante è quello della dea bendata?
È un mix di tanto lavoro e di un po’ di fortuna, ma è anche un successo che senza dubbio ha alle spalle l’idea di esplorare territori che altri avevano trascurato, come quello del giallo svedese, che ora ha acquisito una consistenza eccezionale. E quando finalmente imbrocchi l’occasione giusta non puoi far altro che godertela.
Un colpo da classifica così straordinario come si “abbatte” su una casa editrice di medio peso come Marsilio?
Come una buona notizia e basta. Noi eravamo attrezzati per fare di ogni libro un bestseller. Così, quando siamo riusciti a ottenerne uno, non abbiamo avuto nessun sobbalzo, se non naturalmente quello scaturito dall’adrenalina del successo.
Nessun contraccolpo negativo, quindi…
Avevamo uffici e distributori attrezzati a reggere questo successo, quindi non abbiamo avuto momenti di imbarazzo e di confusione.
Negli ultimi anni, anche altri editori di stazza simile a Marsilio – come Sellerio e Fazi – sono stati protagonisti di vendite clamorose. Questo come cambia il panorama editoriale?
Gli exploit ci sono sempre stati. Però va anche aggiunto che quando si analizzano le quote di mercato, ecco che in definitiva svettano quelle case editrici che sempre hanno prevalso. Noi oggi abbiamo dei titoli in cima alla classifica, ma se poi si fa la somma dei libri che una sigla vende, bisogna constatare che è più rilevante il complesso delle pubblicazioni rispetto al singolo titolo. Per quanto un libro venda tanto, rispetto all’insieme del mercato rappresenta sempre una percentuale molto modesta.
Il noir negli ultimi anni è diventato onnivoro e onnicomprensivo, fino a non essere quasi più un genere ma la forma narrativa principe. Ma qualcuno comincia a vederne le crepe e a parlare di “bolla del giallo”. Lei pensa che in futuro ci sarà ancora ampio spazio per questi romanzi?
Sempre di più i generi tendono a perdere l’identità stessa di genere: un conto sono gli intrecci di Agatha Christie, un conto sono gli attuali polizieschi dal forte taglio sociale. Certo, anche qui vengono recuperati e rielaborati alcuni tipici elementi, ma più che il classico schema dell’inchiesta, ciò che sembra interessare adesso a scrittori come Larsson è più che altro l’aspetto della violenza che caratterizza le relazioni nella società.
Nel contempo pare che questo genere non-genere aiuti la diffusione di autori di paesi come
Beh, però qualche anno fa gli scrittori irlandesi hanno avuto successo anche senza i gialli. Il problema è che troppo spesso noi immaginiamo che la cultura letteraria sia appannaggio soltanto di qualche paese, invece la questione è molto più variata e complessa.
È vero: il caso irlandese prescinde dai gialli. Ma in un’altra isola dove si scrive molto, l’Islanda, si esportano quasi solo i polizieschi, da noi pubblicati da Guanda.
Non c’è dubbio che i generi facilitino il rapporto con le tradizioni popolari della letteratura. E in questo senso favoriscono l’approccio con il pubblico di massa e creano le condizioni perché i lettori si incuriosiscano a libri provenienti da paesi non proprio prevedibili.