Trivelle, Pd litiga su referendum perché non ha strategia energetica

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Trivelle, Pd litiga su referendum perché non ha strategia energetica

Trivelle, Pd litiga su referendum perché non ha strategia energetica

18 Marzo 2016

Il referendum del 17 aprile sulle trivelle, che vuole abrogare le concessioni già esistenti entro le 12 miglia marine ed è stato fortemente sponsorizzato da nove Regioni italiane, turba i sonni del Pd. La minoranza del partito democratico è andata all’attacco dopo che Agcom aveva scritto che i dem sono tra le forze che si asterranno. "Apprendo dal sito dell’Agcom che il Pd avrebbe assunto la posizione dell’astensione al referendum di Aprile sulle trivelle in mare – ha detto Roberto Speranza –  mi chiedo come e dove sarebbe stata assunta questa scelta".

 

Subito dopo sul sito del partito viene pubblicata una nota dei vicesegretari del Pd, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. Il testo è chiarissimo e conferma quanto riportato da Agcom. "Questo referendum è inutile", scrivono Guerini e Serracchiani. "Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più restrittiva di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale. Serve solo a dare un segnale politico, come hanno spiegato i promotori. E costerà 300 milioni agli italiani".

 

Insomma, una bella risposta per le rime a quei presidenti di Regione, come Michele Emiliano in Puglia, che si sono mobilitati contro le trivelle ma soprattutto contro il Pd guidato da Renzi. "I soldi per questo referendum," scrivono ancora Serracchiani e Guerini, "potevano andare ad asili nido, a scuole, alla sicurezza, all’ambiente. E di questo parleremo durante la direzione di lunedì, ratificando la decisione presa come vicesegretari. Se il referendum passerà l’Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all’estero più gas e più petrolio".

 

Il referendum, l’unico dei quesiti avanzati che ha avuto parere positivo della Consulta, in realtà è già stato preceduto da un altro passo falso del governo, che a quanto pare non ha una chiara strategia sulla politica energetica: parliamo dell’emendamento passato in parlamento che nega le trivellazioni oltre le 12 miglia marine; se passasse il referendum, sarebbero a rischio anche quelle entro le 12 miglia.

 

Fatta la frittata, la strategia del Pd al momento è quindi quella di non far andare i propri elettori a votare e, si spera, gli italiani, illustrando come hanno fatto Serracchiani e Guerini le motivazioni economiche per cui in Italia il comparto dell’offshore non può essere abbandonato, visto che produce ricchezza e lavoro; ma se escludiamo la nota diffusa oggi dai vertici del Pd in realtà fino adesso il governo più che altro aveva cercato di far passare sotto silenzio la consultazione. Idea sbagliata visto che la propaganda notriv e notutto in Italia non va mai sottovalutata ed è sempre rumorosa.

 

Insomma, l’appuntamento del 17 aprile si sta profilando come una battaglia politica dalle diverse facce, quella in cui si scontrano le anime del Pd, quella delle Regioni contro lo Stato e relativi conflitti di competenze dall’altra, quella tra il popolo dei No e chi invece vuole tutelare gli investimenti del settore senza trascurare le ricadute sull’ambiente. Cosa dice Matteo Renzi? Il dpresidente del Consiglio, di solito così ciarliero, è a favore o contro le trivelle? Cosa dicono gli altri presidenti di Regione del Pd? Sono tutti dalla parte di Emiliano e di Pietro Lacorazza (Regione Basilicata)?

 

Quello dell’Emilia Romagna, Bonaccini, regione dove sfruttamento degli idrocarburi a mare, turismo e rispetto dell’ambiente, convivono senza problemi, dovrebbe rappresentare un’alternativa alla visione del collega pugliese. E gli altri governatori di peso? Ad esempio, che dice il presidente della Campania De Luca, uno che non fa mai mistero delle use idee? Nel frattempo il comitato contro il referendum presieduto da Gianfranco Borghini va avanti, spiegando le ragioni per cui l’Italia non può rinunciare agli idrocarburi.

 

Semplicemente perché, aggiungiamo noi, sono ancora troppo importanti. Per muoverci, spostarci, lavorare, riscaldarci, in una parola, per la nostra vita quotidiana. Tutto questo senza rinunciare alle rinnovabili, ma puntando, realisticamente, sul mix energetico, la vera chiave di volta per soddisfare il nostro fabbisogno di energia, che cresce e non decresce.