Tronchetti scarica tutto su Tavaroli

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Tronchetti scarica tutto su Tavaroli

23 Luglio 2008

"Il signor Tavaroli ha iniziato a dipendere direttamente dal dottor Buora; non è mai stato un mio riporto diretto”. Nel verbale di interrogatorio, reso lo scorso 27 giugno da Marco Tronchetti Provera al pm milanese Fabio Napoleone, ogni responsabilità sull’assunzione e sul controllo del lavoro di  Giuliano Tavaroli (l’ex capo della security di Telecom) viene elegantemente scaricata sull’amministratore delegato di Telecom Carlo Buora. 

Lui, Tronchetti, anche se c’era e non dormiva, poteva non sapere. Con la fine delle indagini preliminari dello scandalo dello spionaggio Telecom anche questo documento è diventato pubblico.

Provera cerca di accreditare sé stesso come estraneo alle operazioni  di Tavaroli e racconta di averlo licenziato per ammanchi nelle fatturazioni. Ammette però di avere parlato con lui del "dossier D’Alema-Colaninno” e del fondo Oak, ma di non avervi dato peso. Definendo le informazioni peraltro molto precise di Tavaroli come “chiacchiere da bar di Roma”.

Nel verbale Provera fa riferimenti anche a Moggi e alle intercettazioni che diedero il via a calciopoli escludendo di avere ordinato lui a Tavaroli di “lavorarsi” Moggi.

Poi però fa un’affermazione sibillina sul defunto Giacinto Facchetti, difensore glorioso (e noto per essere stato il primo difensore italiano molto prolifico in fatto di gol, ndr) dell’Inter di Herrera e della nazionale di Valcareggi e in seguito dirigente dell’Inter, dicendo queste testuali parole:  “… ha un input di Moratti sui calciatori, poi magari Facchetti lo chiama per dirgli ‘ho questo problema del giovane arbitro’, e lui attiva tutta una macchina spropositata che si muove in una maniera non assolutamente nell’interesse dell’azienda o richiesta dall’azienda”.

Provera quasi dipinge Tavaroli come una sorta di “importuno” che “si sedeva nella mia segreteria e poi entrava, stava pochissimi minuti dicendo: ‘certi ambienti sono contro’, insomma cose di questo genere…”.

Tronchetti asserisce di avergli sempre detto di “lasciar perdere” e di essersi particolarmente adirato con lui quando gli parlò delle amicizie del fratello di Afef Jnifen: “Fu una delle volte in cui lo mandai un po’… diciamo di non occuparsi di cose che non lo riguardavano, perché Sayf Gheddafi era amico da sempre del fratello di Afef, avevano studiato insieme a Vienna, il padre era stato ambasciatore in Libia e aveva mantenuto il mandato dal presidente tunisino di tenere rapporti con la Libia, quindi era normale che lui frequentasse Sayf Gheddafi…”.

Appare però difficile conciliare questa linea difensiva che dipinge Tavaroli come un millantatore, cui solo ogni tanto Tronchetti dedicava il suo tempo, con i compensi elargiti per anni da Telecom, roba da venti milioni di euro (e con il budget illimitato che lo stesso Tavaroli poteva vantare in azienda).

Vedremo se e come i giudici di Milano vorranno credere a Tronchetti Provera. Magari per disinnescare la bomba Telecom che rischia veramente di travolgere tutto e tutti.