Troppi deputati e troppi partiti, il Cav. lo sa e dovrebbe fare qualcosa
12 Maggio 2011
La situazione politica ha assunto da parecchio tempo, oramai, un carattere decisamente allarmante. Dopo la bocciatura del Lodo Alfano c’è stato un progressivo deterioramento. L’opposizione ha abbandonato la logica del confronto e della critica, anche duri ma mirati al ricambio, per puntare tutte le sue carte sulla spallata giudiziaria al premier, diventando così succube dei settori politicizzati (minoritari ma influenti) della magistratura. La maggioranza tiene. Tuttavia l’azione di governo segna necessariamente il passo, se non per provvedimenti apprezzabili ma non risolutivi come quelli sulla incentivazione alla crescita economica. La prospettiva che l’Italia resti una pre-democrazia, nella quale è di fatto vietato all’elettore di designare con il suo voto il governo per l’intera legislatura rimane, purtroppo, sempre attuale.
In questo quadro non incoraggiante, finalmente, abbiamo una buona notizia: il presidente del Consiglio ha annunciato che dopo le amministrative (ma forse sarebbe stato meglio farlo prima e durante) il Pdl lancerà una proposta di legge d’iniziativa popolare per dimezzare il numero dei parlamentari. A prima vista questa iniziativa pare rubricabile come una trovata demagogica a costo zero. Far sfogare alcuni milioni di cittadini contro la “casta” dei parlamentari, incanalando il malcontento su di un progetto che è poco più di una petizione. Eppure la mossa annunciata da Berlusconi ha un indubbio merito: quello di riportare al centro della discussione pubblica uno dei problemi più gravi della democrazia italiana: la pletora di parlamentari. Per intenderlo basta pensare al diverso funzionamento delle due assemblee elettive che caratterizzano il nostro sistema costituzionale e che contano rispettivamente 630 (camera bassa) e 315 (senato) componenti.
Come sappiamo alle ultime elezioni politiche lo schieramento di centrodestra è riuscito a conseguire una larga maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Un risultato non semplice da ottenere perché la legge elettorale, per il Senato, assegna dei premi di maggioranza su base regionale che non sempre rispecchiano l’andamento del voto su scala nazionale. Se confrontiamo il rendimento politico delle due assemblee ci si accorge subito che a Palazzo Madama la maggioranza è stata più coesa e unita. Tanto è vero che quando c’è stata necessità di promuovere una legge importante si è preferito di solito far cominciare l’iter in Senato. Anche la defezione di Futuro e libertà, pur in presenza di un regolamento parlamentare alquanto generoso (per non dire permissivo), non ha avuto conseguenze devastanti, perché non ha portato alla formazione di un gruppo futurista autonomo. Questo è dipeso, in buona parte, dal fatto che i numeri sono più piccoli e la situazione risulta nel complesso più gestibile. Pertanto una riduzione del numero dei parlamentari farebbe funzionare meglio, in modo meno dispersivo, le assemblee, e ridurrebbe drasticamente lo spazio per le manovre trasformistiche e le pulsioni ribaltonistiche.
Ovviamente la proposta resta insufficiente perché non affronta l’altra grave arretratezza della democrazia italiana: l’eccesivo numero di partiti, che dipende soprattutto dalla facilità con cui si possono creare nuove sigle politiche senza venire duramente penalizzati nell’ambito delle istituzioni. Sarebbe davvero un’ottima cosa affiancare alla proposta per la diminuzione dei parlamentari un progetto per una legge elettorale più selettiva. In questo modo il Pdl avrebbe una piattaforma programmatica forte e lineare con cui sfidare, di fronte all’opinione pubblica, l’accerchiamento centrista e partitocratico. Certo, una buona legge elettorale, in grado cioè di garantire una soglia di accesso del 16 o del 18 per cento sul piano nazionale, incontrerebbe l’opposizione della Lega. Ma poiché il partito di Bossi è impegnato da tempo in un logorante braccio di ferro con il Pdl per condizionarlo, non sarebbe male rendergli la pariglia, riportando al centro del confronto il vero problema irrisolto della politica nostrana: il fatto che in Italia ci sono troppi partiti e troppi deputati.