Troppi media fanno male alla Chiesa il Papa lo sa e parla di amore e di Dio
04 Giugno 2012
Da quando mons. Loris Capovilla aprì per la prima volta l’appartamento privato di un Papa – Giovanni XXIII – alle telecamere, l’incontro dei media con la Chiesa ne ha fatta di strada, soprattutto con il protagonismo di Giovanni Paolo II. Non è però ancora cessata la discussione sulla effettiva utilità di questi mezzi per l’evangelizzazione. Anche l’incontro mondiale delle famiglie a Milano ne è stato un esempio. Le domande e le risposte del Papa nella serata delle testimonianze di sabato scorso sono state certamente efficaci e spesso commoventi e il colpo d’occhio sul milione dei fedeli a Bresso pure. Ma le concessioni allo spettacolo non corrono il rischio di bruciare il messaggio nel suo godimento immediato e di non lasciarne traccia? Non corrono soprattutto il rischio di orizzontalizzarlo, sociologicizzarlo, mediatizzarlo appunto? La mamma che parla di quando alla sera, stanca, deve fare la lavatrice certamente intercetta le situazioni di tante donne ma non riduce anche il bisogno di famiglia ad un bisogno sociale? La risposta alle richieste emerse a Milano dovrebbero darle le politiche sociali? Anche il sindaco Pisapia ha ospitato a casa sua una famiglia arrivata per incontrare il Papa e ha pure fatto il discorso di apertura – ambedue le cose ampiamente mediatizzate – ma poi le politiche familiari del Comune di Milano sono quelle che sono e domani, spiantati palco e mostre del Family Day, ritorneranno ad essere quello che sono. I media enfatizzano e poi abbandonano. Il Papa è stato bravo a rispondere in modo curioso, interessante ed efficace alle domande di sabato scorso – anche a quella della bambina vietnamita sul paradiso – ma poi, quando parla da Papa e non da personaggio mediatico, la gente lo ascolta? Alla intelligente risposta tutti battono le mani, ma ai suoi discorsi? Alle sue encicliche?
Ogni volta che la Chiesa dà luogo a questi grandi meetings si ripropone il dilemma se sia essa ad adoperare i media o i media ad adoperare la Chiesa. I giornali, a cominciare dal Corriere della Sera, hanno dedicato molte pagine all’evento, ma quanti si sono veramente impegnati a presentare la visione cattolica della famiglia? Osservazioni sul cardinale Bertone, articoli sui “corvi” del Vaticano, citazioni vagamente qualunquiste: “i politici non promettano l’irrealizzabile”, la presentatrice Rai Lorena Bianchetti che ha baciato il Papa sulle guance anziché sulle mani, l’incontro segreto di 7 minuti con il cardinale Martini, le magliette personalizzate allo stadio Meazza. E la famiglia? Questa è la legge dei media. Non può essere quella della Chiesa e certamente non è quella del certosino Ratzinger.
Sotto questa coltre c’è però la realtà delle famiglie presenti, c’è la realtà delle parole del Papa, c’è la concretezza dello Spirito presente in Corpo e Sangue nell’Eucaristia. C’è anche la visita silenziosa di Benedetto XVI alla tomba di San Carlo Borromeo e la preghiera recitata in ginocchio. E’ questo che interessa alla Chiesa, perché essa sa che un pezzetto di pane consacrato è più utile alla famiglia che mille politiche sociali e che la partecipazione di un milione di persone a Bresso servirà a ben poco se non si nutrirà di quel Pane. Ciò che è importante per la Chiesa spesso non lo è per il mondo. E’ per questo motivo che la mediatizzazione degli eventi ecclesiali rimane fortemente ambigua. Sembra quasi che il Papa vi si conceda ma che, appena può, se ne ritragga per affidarsi ad altri veicoli.
Uno di questi, come tutti da tempo notano, è la parola. Tra i vari discorsi pronunciati da Benedetto XVI a Milano merita particolare attenzione quello rivolto alle autorità e pronunciato nella sala del Trono nell’arcivescovado di Milano. Il Papa ha ripreso un concetto desueto nella predicazione cattolica: ogni autorità viene da Dio. Il che non produce una convalida senza appello di ogni autorità in quanto tale. Al contrario, libera dall’autorità oppressiva, perché ricorda che nessun uomo ha in sé la fonte del potere su un altro uomo. Cosa c’entra la famiglia? C’entra perché questo impone che la politica si sottometta alla legge naturale, nella quale si manifesta appunto quella autorità che viene da Dio. La legge naturale ci parla della famiglia e della sua fondamentale dignità. Ecco l’origine della necessità delle politiche sociali. I motivi non sono solo sociologici – troppi divorzi, troppi figli fuori del matrimonio, difficoltà di trasmettere il capitale sociale … – ma teologici: la famiglia va difesa perché su di essa c’è un piano di Dio che si manifesta – laicamente – nei principi della legge naturale. Solo che vai a dirle a Pisapia queste cose… Ecco allora lo scarto che ritorna. Il Papa applaudito sotto i riflettori e sugli schemi televisivi quando tocca con qualche sua acuta risposta le corde dei media e poi il Papa che dice le cose di sempre: che senza Dio anche la famiglia è perduta perché senza Dio la politica si dimentica anche di essa.