Troppo razzista. E Tintin diventa vietato ai minori di 18 anni
20 Luglio 2007
Gulp! L’avvocato David Enright ha
fatto un sobbalzo, sfogliando quell’album preso a caso, tra i molti esposti da
Borders. Il titolo della raccolta l’aveva proprio incuriosito: Tintin in Congo faceva molto
“avventura esotica di quelle che non se ne leggono più”. Tutto molto bizzarro,
tutto molto vintage. A una prima rapida occhiata, le strip gli erano apparse
fin troppo datate, persino naïf. In tavola un disegno con tratto leggero e
lineare, colore pastello tenue, per nuvolette e testi didascalici. Quanto al
soggetto della storia, colto girando qualche pagina ancora: purtroppo risultava
molto debole e prevedibile, in definitiva deludente, nonostante le promesse
suscitate dalla copertina. E poi come si giustifica quella squallida
ridicolizzazione degli indigeni, rappresentati ancora con l’anello al naso?
Com’è che il giovane reporter dai capelli rossi, accompagnato dal fedele cane
Milou, si aggira per la giungla con l’aria spavalda del perfido colonizzatore?
E cosa sono tutte quelle prevaricazioni e quelle violenze, inflitte agli
animali selvatici? Per giunta, senza che i missionari cattolici presenti sul
posto facciano nulla per impedirle.
L’avvocato Enright, richiuso e riposto il
volume, non ha certo perso tempo. Uscito dallo store di Oxford Street, si è
subito rivolto all’Ufficio centrale della Commission for Racial Equality, che
ha sede nel Southwark, sempre nella City. «Tintin
in Congo non dovrebbe essere più ristampato. Anzi, dovrebbe essere ritirato
dal commercio. O dovrebbe esserne vietato l’acquisto ai minori, perlomeno».
Quest’ultima richiesta formulata dal legale – e sostenuta da un’iniziativa
pubblica del CRE – è stata presto accolta dall’editore-rivenditore Borders, che
ha prontamente annoverato il volume tra quelli disponibili ai soli adulti. Il
grande disegnatore belga Hergé, al secolo Georges Remi, ideò il personaggio Tintin
nel lontano 1929, concependone le strisce come un andirivieni curioso e
divertente, a spasso per tutti i continenti.
Lo Studio bruxellese che porta il
nome del fumettista, e del quale è in qualche modo erede, tiene da parte sua a
precisare gli esatti termini della questione, del resto già sollevata anche in
passato (ma con meno clamore, senza che venisse preso alcun provvedimento in
merito). Ebbene: «Era stato per primo lo stesso Hergé, negli anni della
maturità, a qualificare quell’album “un peccato di gioventù”. Ora, possiamo
comprendere che alcune trovate che vi sono contenute, rischiano di urtare la
sensibilità dei lettori più impressionabili: ma da qui ad aprire una
controversia giuridica e politica su Tintin, cari signori, ce ne passa.
Altroché».
Borders aveva proceduto all’ultima ristampa di Tintin in Congo ancora due anni fa, su pressione di numerosi
collezionisti inglesi. Giusto così. A scanso di ulteriori equivoci, vogliamo
riportare qui un’altra dichiarazione attribuita al papà del mitico reporter col
ciuffo, espressione chiara e definitiva di un’intenzione creativa libera, del tutto
a-ideologica: «Se mi sono messo a viaggiare, nella realtà e nella fantasia, non
è stato solamente per vedere nuovi paesaggi o per documentarmi: ma per scoprire
altri modelli di vita, altri modi di pensare. Insomma, per allargare la mia
visione del mondo».
E a costo di passare per ingiustificabili giustificazionisti, ci permettiamo di
dissentire esplicitamente, dalla presa di posizione assunta dal CRE, su
segnalazione di un (fin troppo) solerte avvocato londinese. Non vorremmo mica
ritrovarci, un brutto giorno, a scartabellare imbarazzati tra gli album
rigorosamente VM 18, solo per ritrovare un episodio qualsiasi della serie Le avventure di Asterix & Obelix.
Dalla matita di Goscinny e Uderzo non è forse uscito un fumetto tremendamente
razzista, contro i romani e non solo?