Trump-Comey: vi spieghiamo cos’è il “WhateverGate” (e perché è una bufala)

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Trump-Comey: vi spieghiamo cos’è il “WhateverGate” (e perché è una bufala)

10 Giugno 2017

L’America si è fermata per l’audizione dell’ex capo dell’FBI, Comey, licenziato dal presidente Trump. Secondo Fox e Cbs, l’audizione, che avrebbe dovuto smascherare Trump sulle pressioni fatte dal Don a Comey nella indagine che ha portato alle dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale Flynn (accusato di brigare con i russi), per adesso è semplicemente costata uno sproposito. Centinaia di milioni di dollari considerando che il bombardamento mediatico sull’evento ha portato a una generale smobilitazione degli americani dal loro posto di lavoro. E che cosa abbiamo scoperto? 

Per i giornaloni, per la sinistra, per i Repubblicani “Never Trump”, l’audizione di Comey doveva essere la resa dei conti finale, la data da ricordare per sempre, il giorno che avrebbe portato all’impeachment, alla messa in stato di accusa del presidente, e di lì a poco alle sue dimissioni. Dopo l’audizione, lo spettacolino è continuato sulla stampa di mezzo mondo, quella italiana compresa: Trump ha mentito, Trump ha ordinato a Comey di bloccare le indagini su Flynn, povero Comey, povero capo della FBI, onorata agenzia investigativa americana, costretto a ribellarsi all’autorità presidenziale. Ma quando mai. 

Comey, che avrebbe potuto sfruttare l’occasione per vendicarsi del suo licenziamento (ma va ricordato che negli Usa sono i presidenti quelli che nominano e licenziano i direttori dell’FBI), in realtà oltre a seminare qualche dubbio sul presidente Trump e a tirarsi qualche sassolino dalla scarpa non ha fatto molto altro, anzi, a risentire bene l’audizione, ha detto cose ben più gravi e sorprendenti sulla politica Usa della tanto contestata chiacchierata fra lui e il presidente nella Sala Ovale sul destino del consigliere Flynn. 

Comey ha detto che i giornaloni, New York Times in testa, si sono affidati a fonti non verificate per ‘mascariare’ il Don sul Russiagate. Ha ripetuto che quando ebbe l’ormai celebre incontro a porte chiuse con Trump il presidente non era indagato dall’Fbi, dunque il Don non ha mentito in precedenza. Comey ha anche ammesso di essere lui il whistleblower, la “gola profonda” della vicenda, avendo passato a un suo amico professore universitario un memorandum sull’incontro. Chissà che avrebbe detto l’integerrimo Comey se, quand’era a capo del “Bureau”, qualcuno dei suoi agenti avesse spifferato ai propri amici notizie riservate su qualche indagine.

Da qui la risposta del Don su Twitter, habemus “leaker”, il nuovo Assange si chiama Comey. Della serie, ditemi voi se non dovevo licenziarlo. Comey ha definito addirittura Flynn un “good guy”, un brav’uomo, e a quel punto le facce dei presenti all’audizione, e dei cittadini americani incollati ai teleschermi, si sono stranite: come mai Flynn è stato costretto a dimettersi se adesso è proprio Comey, l’investigatore capo, a far intendere che canali riservati tra stati diversi (americani e russi) dopo l’elezione di un presidente ci sono sempre stati e continueranno ad esserci? Non finisce qui. 

La chicca arriva ora. Mentre le riverite firme del nostro giornalismo si avventavano sulla Casa Bianca annunciando l’impeachment imminente di Trump, grazie a Comey abbiamo avuto conferma dell’incontro tra Bill Clinton e l’attorney general del presidente Obama, Loretta Lynch, avvenuto in campagna elettorale e che serviva a salvare il salvabile, cioè la candidatura della moglie di Bill, Lady Hillary. Bill incontrò Loretta cercando di fare pressioni sulla amministrazione Obama per addomesticare le indagini su Hillary, mentre la signora era sotto i riflettori per il vero scandalo degli ultimi anni, “l’emailgate”, l’uso a dir poco scriteriato fatto da Hillary del suo indirizzo di posta elettronica privato, scandalo che poi si è allargato al partito democratico e alle sue magagne in campagna elettorale (vedi rottamazione di Bernie Sanders).

Ancora più grave, l’amministrazione Obama, sempre nella persona dell’attorney Lynch, chiese all’allora direttore Comey di minimizzare la portata dell’emailgate, probabilmente proprio mentre l’FBI stava indagando su Hillary, indagini aperte e richiuse più volte in modo anomalo, che però, secondo la Clinton, le sarebbero costate la vittoria alle elezioni. Altro che Flynn e Russiagate trumpista! Adesso si scopre che chi ha cercato di “ostruire la giustizia” sono stati proprio i Clinton e l’allora presidente Obama. Era questa la notizia del giorno sull’audizione di Comey. Qualcuno ne ha sentito parlare in tv?

Dunque nell’audizione di Comey non c’è traccia degli hacker russi che avrebbero, secondo Obama, “alterato” le elezioni americane. Non c’è traccia di abboccamenti tra i russi e WikiLeaks. Non c’è traccia delle pompatissime indagini sul Don per la gestione del caso Flynn, che non sono mai iniziate, anche se Flynn si è dimesso a differenza di Loretta Lynch. C’è la conferma che i big del partito democratico sono una manica di imbroglioni che prova a vincere le elezioni ricorrendo a qualsiasi gioco sporco, basta vedersi l’ultima stagione della serie televisiva House of Cards per capirlo. E soprattutto, ora scopriamo che il “Russiagate”, l’arma di distruzione di massa contro Trump per costringerlo alle dimissioni, è semplicemente un altro capitolo del meno noto, in Italia, “WhateverGate”.

Cos’è il “WhateverGate”? Gli americani hanno iniziato a chiamarlo così con un ironico gioco di parole con il più celebre Watergate, il caso di spionaggio interno che costò la poltrona al presidente Nixon (quando ancora i giornaloni invece di fare teatro scrivevano inchieste e scavavano nell’ombra). “Whatever” vuol dire “qualsiasi cosa” e i nemici di Trump stanno facendo esattamente questo, qualsiasi cosa, per alimentare uno scandalo che non è uno scandalo, e continueranno a provarci e ad accusare chiunque provi a smentirli di scrivere “fake news”. Peccato però che l’audizione di Comey sia stato un flop colossale. E qualcosa ci dice che ogni giorno che passa Trump, invece di avvicinarsi all’ora del giudizio, si sta solo rafforzando più di prima.