Trump e Putin duettano sul “Russiagate” ma ai nostri giornali non interessa
07 Luglio 2017
Ieri per i giornali italiani la maggiore preoccupazione sono stati gli scontri tra manifestanti e polizia ad Amburgo, più che il vertice bilaterale fra il presidente americano Trump e il suo omologo russo Putin. Si è parlato poco, ad esempio, della quasi tregua in Siria, su cui il Don e lo Zar sembrano concordare. Questo però dovrebbe essere un titolo rilevante. La Siria è uno Stato fallito dove negli ultimi anni sono morte centinaia di migliaia di persone provocando una crisi umanitaria pazzesca, con ricadute sui già ingovernabili flussi migratori globali.
La tregua annunciata da Trump e Putin sarà anche “parziale”, come si legge in tutte le salse su Google News, ma ribalta lo status quo: se l’esito dell’incontro fra Trump e Putin sarà davvero un cessate il fuoco in Siria assisteremo a un miglioramento della situazione in un Paese devastato. I due leader confermano anche gli sforzi congiunti contrasto allo Stato islamico, il cancro da estirpare nella regione. Eppure queste notizie hanno meno risonanza rispetto agli scontri ad Amburgo.
Qualcosa non torna. Ma il domandone è un altro: che fine hanno fatto gli hacker russi? Parliamo di una accusa gravissima che ha tenuto banco per mesi, Trump burattino di Putin, una storia che ha imperversato in tv e sui giornali. Una notizia sulla quale grandi emittenti americane ostili al presidente, come CNN, hanno alzato il loro share e incassato soldi a palate. Il “Russiagate“, la convinzione, non supportata da fatti o prove certe, che il presidente Putin abbia orchestrato una campagna di manipolazione in grande stile delle elezioni americane per far perdere Lady Clinton. La stessa accusa che rivolse Obama al Cremlino. Su questa storia, si è aperto uno scontro frontale anche fra Trump e le intelligence Usa, con il licenziamento del capo dell’Fbi, Comey.
Trump e Putin lo hanno scelto come primo argomento del vertice bilaterale, dunque di primaria importanza, come hanno sottolineato sia il segretario Usa, Tillerson, che il ministro degli esteri russo, Lavrov, presenti all’incontro. Il Don ha battuto duro per avere delle risposte certe – dice Tillerson. Putin ha ripetuto che non ci sono state interferenze russe nel voto americano, e Trump ha accettato queste spiegazioni – secondo Lavrov. Insomma, la questione potrebbe chiudersi qui. O quasi, come la tregua in Siria. Si tratta in ogni caso di un passo in avanti nel processo di riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia, divisi ancora dalle sanzioni a Mosca.
Il dato politico è interessante: se nelle elites Usa, democratiche o repubblicane, c’era ancora qualcuno convinto di poter spingere Trump ad aprire una nuova escalation con la Russia, sempre sui presunti hacker russi, è rimasto deluso un’altra volta. Del resto quella degli hacker russi capaci di orientare il libero voto degli americani ha ormai assunto le sembianze di una “fake news”. Il fatto che Trump e Putin ‘smobilitino’ su un tema scottante come il “Russiagate” però non interessa ai nostri giornalisti e opinionisti, gli stessi che, all’epoca, si buttarono come pescecani sulla storia per dimostrare l’incompetenza di Trump e le arti luciferine di Putin. Ieri a quanto pare l’unica notizia degna di nota sul G20 è stata quella sugli scalmanati che hanno fatto a botte con la polizia tedesca. Per caso i giornaloni adesso si vergognano di dover ammettere che hanno raccontato “balle” sugli hacker russi? Del resto lo ha ammesso proprio uno dei producer della CNN.