Trump, la NATO e noi

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Trump, la NATO e noi

28 Luglio 2016

I nostri media hanno per Donald Trump la stessa avversione che avevano per Brexit e fino all’ultimo minuto hanno tentato di far credere ai lettori che la morte della deputata Jo Cox avrebbe favorito il Remain. E questo la dice lunga sulle condizioni del nostro Paese. L’establishment ha puntato su Renzi, obamiano e clintoniano, favorevole all’immigrazione, al melting pot, ma il nuovo vento, quello di Brexit e di Trump, mostra che i cittadini e le nuove élite vogliono frontiere per difendersi e chiedono sicurezza e benessere dentro le frontiere di casa. 

Per l’Italia, il punto cruciale con Trump è la fine della Nato: per Trump se gli europei vogliono essere difesi devono pagare la giusta quota per la Nato. Questa posizione sulla Nato potrà portare a Trump anche molti voti democratici, perché i cittadini americani che conoscono bene l’Europa e la qualità della vita europea, non hanno mai capito perché l’Italia o la Francia non potessero pagarsi la difesa. Un possibile ritiro della Nato, per l’Italia, è uno shock perché il nostro Paese ha rinunciato, a differenza di altre nazioni europee, a finanziare la difesa. 

Vari editorialisti sono allarmati per una eventuale fine della Nato e ricordano la minaccia della Russia, ma non si capisce perché la Russia dovrebbe rappresentare un pericolo per l’Italia, visto che l’Italia è il paese, insieme alla Francia e la Germania, a premere di più per la fine delle sanzioni contro la Russia. Inoltre Germania e Regno Unito chiedono la fine della politica di espansione della Nato e il ritorno al dialogo con la Russia. Il 5 luglio 2016, su “Der Spiegel”, Wolfgang Ischinger, chiarisce che quando gli Stati Uniti hanno tentato di inserire l’Ucraina e la Georgia nella Nato, Merkel e Sarkozy hanno tirato il freno di emergenza.

Per quanto riguarda il Regno Unito, il rapporto sulla Russia del 28 giugno 2016 della Commissione Difesa del Parlamento britannico, chiede una ripresa di dialogo politico con la Russia e prende anche le distanze da ulteriori tentativi della Nato di incorporare l’Ucraina e la Georgia, perché in passato la Nato ha dimostrato di non sapere difendere questi due paesi 

Trump ritiene possibile di stabilire buoni rapporti con la Russia, ha una posizione isolazionista, e quindi la Nato potrebbe evaporare. D’altra parte Obama, via Kerry, al momento ha continui rapporti con la Russia di Putin e sembra convinto a combattere Isis. A questo proposito, va osservato che il grande giornalista investigativo, Samuel Hersh, all’inizio di gennaio, sulla “London Review of Books”, rivelò che i vertici del Pentagono lavoravano segretamente da anni con i russi per difendere la Siria di Assad, dividendo perfino l’intelligence. 

Dopo la famosa intervista del 2010 del generale McChrystal, capo della Nato in Iraq, a “Rolling Stone” dove criticava pesantemente la strategia di Obama, l’intervento dei vertici del Pentagono, attraverso Hersh, non lasciava molto spazio a Obama, che ha iniziato a cambiare posizione. Per il Pentagono, i ribelli di Obama non erano affatto “moderati”, ma militanti di Al-Nusra, la filiale siriana di al Qaeda. Obama, come Hollande, fino all’attentato a “Charlie Hebdo”, non ha esitato a usare Al Nusra contro l’esercito di Assad.  

Come ricorda Alberto Negri sul “Sole”, nel settembre 2013 gli Stati Uniti di Obama e la Francia di Hollande erano pronti a bombardare Damasco. Come si sa, ciò fu impedito dal veto di Russia e Cina e dal voto contrario del parlamento britannico. L’intervento russo e iraniano, e i successi russi (con l’aiuto del Pentagono di nascosto a Obama, secondo Samuel Hersh) hanno cambiato la situazione e anche Obama. Dopo gli attentati a Parigi del 2015 Hollande ha cambiato strategia e ha perfino chiesto alla Siria di Assad di prendere di mira lsis. 

La guerra è arrivata in Europa perché gli Usa e i loro alleati hanno perso la guerra in Siria. Per cinque anni hanno lasciato che la  Turchia di Erdogan facesse passare migliaia jihadisti europei, soprattutto francesi, per distruggere la Siria di Assad. La Francia, diventata nel tempo una fabbrica di jihadisti, è ora colpita da una sorta di effetto boomerang, e nella morte straziante di tanti cittadini francesi uccisi da jihadisti in nome di Isis, i servizi segreti francesi e il governo Hollande non sono innocenti. La Germania invece risente di avere fatto entrare senza controlli un milione e mezzo di profughi, tra i quali vi erano probabilmente anche jihadisti.

Se il progetto obamiano  era quello di distruggere lo schema degli accordi di “Sykes-Picot”, gli stati nazionali arabi, installando al potere la Fratellanza Musulmana, come in Egitto, e facendo della Turchia il centro del nuovo impero neo-ottomano gestito dalla Nato, è fallito, non solo perché l’Arabia saudita ha appoggiato il rovesciamento di Al Sisi contro Morsi, alleato di Erdogan, ma per l’intervento russo-iraniano a fianco di Assad. 

Proprio la situazione attuale in Turchia, lo stato membro della Nato col più grande esercito dopo quello americano, ci dice che la Nato sta attraversando una grande crisi. È difficile che la Cia e i generali della base americana di Incirlik non si siano accorti dei preparativi del fallito golpe in Turchia.

Erdogan accusa gli Stati Uniti di essere dietro al golpe, ma vanno anche tenute presente le osservazioni di Antonio Ferrari del “Corriere”. Mentre i media tedeschi e britannici annunciavano che a Erdogan era stato rifiutato di atterrare a Berlino e Londra, Erdogan era probabilmente a Marmara in un resort, e Kerry e Putin stavano discutendo a Mosca. 

Antonio Ferrari, che sembra il più informato, ha parlato di golpe farsa. Di recente Erdogan si è avvicinato a Israele, alla Russia e pure a Bashar Assad. In agosto Erdogan s’incontrerà con Putin, mentre continuerà ad accusare gli Stati Uniti di averlo voluto rovesciare, ma è possibile persino che questa lite internazionale Erdogan-Obama faccia parte anche di una strategia per ‘chiudere’ la Nato, e ci siano in realtà contatti Russia-Usa. Una teatrale rottura di relazioni tra Turchia e Stati Uniti porrebbe gli europei di fronte alla realtà della fine della Nato.

Sono morte almeno duecento persone nel fallito golpe in Turchia, altre migliaia sono state rimosse e incarcerate, ma, come ha osservato Antonio Ferrari, la politica è cinica. Per il “Financial Times” Erdogan deve combattere Isis se vuole salvare la Turchia, per l’“Economist” il contro-colpo di stato di Erdogan ha indebolito ancora di più i ribelli. Per il Regno Unito, che ha sempre temuto la destabilizzazione della regione se il regime di Assad si fosse disgregato, l’importante è solo non squilibrare ulteriormente il Medio Oriente. La Nato è superflua, da quando la Russia può diventare l’elemento stabilizzatore in Medio Oriente.