Trump paventa relazioni con Taiwan e fa infuriare sempre più la Cina
12 Dicembre 2016
“Trump ascolti bene: il principio “un’unica Cina” non è in vendita”. Sono queste le parole secche con cui i giornali legati al governo di Pechino hanno risposto all’ultima esternazione del presidente eletto degli Usa Donald Trump che in un’intervista trasmessa sulla Fox ha affermato in maniera sbrigativa: “non so perché dovremmo rispettare la politica di “una sola Cina” in mancanza di un accordo con essa su molte altre questioni, incluso il commercio”.
Parole esplosive. Tanto che dopo i media ufficiosi è intervenuto direttamente il governo di Pechino per bocca del portavoce del ministero degli affari esteri Geng Shuang che ha sottolineato come sul principio di “un’unica Cina” si basano anche le relazioni con Washington. E ha aggiunto: “Il governo cinese è “seriamente preoccupato”.
Mentre cinguetta con Putin, Trump sta mettendo in discussione quelle che per la Repubblica popolare sono le basi per i rapporti con l’isola “ribelle” e con il resto del mondo: il consenso raggiunto nel 1992 sull’esistenza di una sola Cina, a prescindere da come si voglia interpretarla. Nessun paese che riconosca a Taiwan lo status di nazione indipendente può avere a che fare con la Repubblica popolare. Gli Stati Uniti avevano accettato questa linea.
Le schermaglie, intanto, erano iniziate il 2 dicembre scorso quando Donald Trump aveva avuto un colloquio telefonico con la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen e aveva poi rivendicato su Twitter il suo diritto a farlo. Ieri un nuovo affondo da parte del presidente eletto: “Soffriamo della svalutazione e delle tasse di importazione. Inoltre la Cina sta costruendo fortezze nel Mar cinese meridionale che non dovrebbe costruire e, francamente, non ci aiuta affatto con la Corea del Nord”.
E il Global Times, tabloid pubblicato dal Quotidiano del Popolo, il più importante giornale cinese, ha finito per giudicare Trump “immaturo” in diplomazia e “molto superficiale” nella conoscenza delle relazioni tra Cina e Stati Uniti. “Come uomo d’affari, pensa che sia normale fare business, ma non ha capito che la questione di Taiwan non è materia di business per la Cina. La questione di Taiwan non eè negoziabile”, spiega al quotidiano Li Haidong, docente della China Foreign Affairs University. Evidentemente una schiena dritta, e dei modi di fare meno supini fanno innervosire non poco la Repubblica cinese.