Trumponomics vs. Harrisnomics, la sfida delle politiche economiche
11 Agosto 2024
Le elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti si avvicinano, e i candidati girano l’America presentando i loro programmi di politica economica. In un angolo del ring c’è lui, il Donaldone, reduce dell’attentato che poteva costargli la vita, con la bandiera a stelle e strisce stretta in una mano e la pompa di benzina nell’altra.
Drill, baby, drill, dice Trump agli americani: perché preoccuparsi del cambiamento climatico quando puoi riempirti il SUV con benzina a basso costo? E poi, esisterà davvero questo climate change? La Trumponomics è semplice: dazi e guerre commerciali per difendere l’interesse americano e la working class, ma anche tagliare ancora di più le tasse ai ricchi (dal 21 al 15%) e lasciare che siano le aziende a guidare lo sviluppo della superpotenza planetaria. Sul digitale, il Don ha cambiato verso, ora vuole salvare TikTok e make the Bitcoin great again.
Dall’altro lato del ring c’è Kamala Harris, che solleva un bel cartellone stile Green New Deal europeo. Dentro il bloc notes, la candidata democratica ha una serie di proposte per tassare i ricchi (dal 21 al 28% per le corporation e per chi guadagna oltre 400mila dollari l’anno) e prendersi cura dei ceti medi impoveriti oltreché dei poveracci. E quindi sanità pubblica per gli anziani, farmaci meno costosi, cancellazione dei debiti per gli studenti universitari sulla scia di Biden.
Se Trump vede ancora un futuro per l’oro nero, Harris lo vede nel verde, sia quello sostenibile, sia quello dei dollari che arrivano dalle tasche dei suoi finanziatori. La missione della vice di Biden sembra voler essere quella di trasformare l’America in un eden green dove tutti guideranno auto elettriche e si scalderanno con l’energia solare, mentre Big Tech finanzia ospedali, scuole e magari la pausa caffè per i lavoratori. È la “care economy”, bellezza. Interventi a sostegno dei diritti e delle condizioni di vita e di lavoro, con crediti d’imposta per i figli a carico e più assistenza, dalla sanità agli asili nido.
Ma ci sono anche i candidati vice presidenti a fare da contraltare. Il conservatorismo più compassionevole del vice di Trump, Vance, che vuole detassare le mance ai camerieri, e la democratica “libertà di prosperare” (freedom to thrive) che il vice della Harris, Tim Walz, da governatore, ha interpretato firmando leggi sulle assenze dei dipendenti pagate fino ad un massimo di 20 settimane l’anno. Ma sulla questione energetica, Walz appare molto più attento a preservare il mix delle fonti di approvvigionamento.
La domanda è: chi tra democratici e repubblicani ha il programma più realistico? Da una parte, Trump crede alla vecchia ricetta per cui se tagli abbastanza tasse e burocrazia, la ricchezza complessivamente aumenterà. Dall’altra, Harris è convinta che i ricchi, messi sotto torchio fiscale, non solo pagheranno volentieri, ma magari lasceranno pure la mancia.
L’elettore osserva: il sogno americano di arricchirsi con poche regole e controlli, oppure la speranza di vivere in una società più sostenibile, senza rinunciare al comfort occidentale. Intanto, nel backstage del match, i grandi interessi si fanno due conti prima dell’ultimo round. Anche altri, però, osservano questa campagna elettorale.
Gli sceneggiatori di Hollywood troverebbero grandi fonti di ispirazione leggendo l’ultimo rapporto del Microsoft Threat Analysis Center (MTAC). Degno di un thriller cibernetico, il report spiega con dovizia di particolari come iraniani, russi e cinesi stiano tirando i fili dietro le quinte delle elezioni presidenziali americane. E non parliamo di semplici hacker che rubano password, ma di sofisticati strateghi digitali pronti a tutto pur di seminare il caos.
L’obiettivo? Non tanto far cambiare idea agli elettori, ma rendere l’intero processo elettorale un inferno in terra. Mentre tutti parlano di intelligenza artificiale, però, i villain sembrano ancora preferire i vecchi metodi: manipolazione digitale e uso improprio di simboli affidabili. Insomma, in attesa del voto Usa, le cybercanaglie si preparano a rubare la scena e, forse, anche qualche voto ai candidati.