Tunisia al voto: partecipazione di massa e tanta incertezza sui risultati
24 Ottobre 2011
Kuraish, direttore della campagna elettorale del PDP, partito democratico progressista tunisino, ha il dono della precisione sintetica: "È incredibile questo periodo per la Tunisia, e le elezioni sono incerte. Le persone non hanno mai votato in un sistema pluralista prima d’ora".
A dimostrazione che le prime elezioni tunisine si fondano sull’incertezza di una democrazia nata entusiasta, laica, ma impreparata, è innanzitutto il dato sull’affluenza alle urne di ieri sera: il 70% dei cittadini è andato a votare. Ora, una partecipazione così elevata probabilmente non sarebbe stata prevedibile.
Soprattutto perché si sapeva che c’era un problema di scarto gigantesco tra chi in Tunisia risulta iscritto ai seggi, e chi ha potuto improvvisare una scheda elettorale con una procedura abbreviata e molto efficiente via sms.
Il punto, però, è che andando a leggere i giornali dei giorni passati, le dichiarazioni dei leader, gli editoriali, si nota con disorientamento che nessuno aveva capito nulla. Si parla da settimane di "spettro, incubo dell’astensionismo"; il 20 ottobre una delle riviste francofone più autorevoli in tema di Tunisia, Jeune Afrique, mostrava sondaggi secondo cui il 51% delle persone non si interessava di politica, concludendo che questo sarebbe stato un enorme problema.
È chiaro che il settanta per cento di affluenza per una democrazia così nuova è un dato importantissimo, e in sé infinitamente positivo. Ma è allo stesso tempo il segnale certo che nessuno, nei partiti, sa cosa aspettarsi in queste ore.
I risultati verranno ufficializzati domani pomeriggio, martedi’, e solo fino a due giorni fa quello che sostenevano tutte le formazioni democratiche era questo: il partito islamista Ennahda sicuramente diventerà il primo del paese, prendendo un 25-30%.
Il loro elettorato, religioso con striature di radicalismo, è più deciso e determinato di quello dei laici, che sono troppi e si confondono. Quindi l’astensionismo, se ci dovesse essere, comporterà di certo una perdita di voti dei democratici e un forte vantaggio per Ennahda e i suoi convinti sostenitori. Ergo, bisogna lottare contro l’astensionismo, e così il peso di Ennahda sarà relativizzato.
Supposizioni, riflessioni giustissime, ma che si basavano sulla certezza (taciuta) che l’affluenza non avrebbe superato il 50, all’apice dell’ottimismo il 60 per cento. Ora sappiamo che lo scarto tra aspettative e dato definitivo è stato di quasi il 20 per cento, ed è impossibile pensare che sarà del tutto coincidente con i voti in favore di democratici e laici.
L’intero paese ha votato, compresa quella meta’ del paese definita seccamente "non interessata", che sono realisticamente persone a più basso tasso di scolarizzazione, che abitano nelle aree rurali e che hanno conosciuto i ricchi membri di Ennahda più di tutti i rappresentanti degli altri partiti messi insieme.
Senza catastrofismi, nell’attesa brancolante dei risultati, si spera che la teorica equivalenza alta affluenza uguale voti laici e democratici risulti negli esiti definitivi. La chiusura delle urne ha mostrato al momento che la paura dell’astensione attesa era stata messa avanti a priori, per mancanza di dati, assenza di un passato di pluralismo, e per giustificare con il "non voto" il successo certo degli islamisti.