Turchia, Erdogan silenzia social e web dopo arresti parlamentari
04 Novembre 2016
La magistratura turca ha convalidato l’arresto di Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, leader del partito filo-curdo Hdp che sono erano stati fermati nella notte con l’accusa di terrorismo.
Prima che il tribunale di Diyarbakir, nel sud-est della Turchia, confermasse l’ordine di custodia in carcere per i due leader dell’Hdp, la medesima misura era stata confermata anche per il capogruppo del partito in Parlamento, Idris Baluken, e per tre parlamentari, Gusler Yildirim, Leyla Birlik e Nursel Aydogan. Disposto invece il rilascio per tre degli arrestati di questa mattina, Ziya Pir, Sirri Surreya Onder e Imam Tascier, i quali saranno tuttavia sottoposti a controllo giudiziario e soggetti a divieto di espatrio. Contemporaneamente, un altro dirigente del partito, Sebahat Tuncel, è stato tratto in arresto.
Giovedì notte Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag sono stati arrestati perché non hanno voluto a testimoniare nell’indagine sul terrorismo legato alle attività del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, iniziata ad agosto, per la quale entrambi i dirigenti dell’Hdp erano stati citati in giudizio.
Una nota dell’ufficio del premier turco, Binali Yildirim, spiega che gli 11 parlamentari turchi del partito curdo Hdp sono stati arrestati perché “non si sono presentati in seguito a una convocazione della procura che chiedeva la loro testimonianza, dopo che è entrato in vigore l’emendamento costituzionale che abolisce l’immunità per alcuni parlamentari che hanno pendenze penali”.
La nota elenca i nomi degli 11 parlamentari arrestati e precisa che altri due per i quali è stato spiccato il mandato d’arresto, Faysal Sariyildiz e Tugba Hezer Oztyrk, si trovano all’estero. “Come si sa – si legge ancora – coloro i quali si rifiutano di rispondere a una convocazione del procuratore che chiede la loro testimonianza in un processo e così infrangono la legge vengono arrestati in modo che possano rendere la loro testimonianza. L’emendamento costituzionale che revoca l’immunità ad alcuni membri del parlamento è passato con 376 voti all’Assemblea Nazionale lo scorso maggio, senza bisogno di un Referendum”.
Gli arresti hanno prodotto numerose proteste nel paese, la polizia turca ha respinto con la forza gruppi di manifestanti a Istanbul, nella capitale Ankara e a Diyarbakir, principale città curda nel sud-est del Paese. Lo riportano media locali. Diverse manifestazioni sono inoltre state impedite in tutta la Turchia.
Il premier turco, Binali Yildirim, oggi ha dichiarato che il blocco dei social network fa parte di provvedimenti adottati “per motivi di sicurezza” ed è solo “temporaneo”. Alcune fonti certificano che l’accesso a Facebook e Twitter è stato ripristinato, mentre WhatsApp risulta ancora bloccato.
Il blocco è arrivato a poche ore dall’arresto degli undici deputati del Partito democratico dei popoli (Hdp, filocurdo). È intervenuto per commentare la vicenda anche il vicesegretario di Stato per i diritti umani negli Usa, “Come amici e alleati, siamo profondamente preoccupati per il fatto che il governo turco abbia arrestato i leader e i parlamentari HDP”.
La “fine della democrazia”. Così il partito curdo Hdp ha definito gli arresti dei suoi parlamentari, insieme ai due leader. “L’ obiettivo di queste misure – si legge in una nota del partito – è chiudere il terzo maggiore partito in parlamento. Questa è una giornata nera, non solo per il nostro partito, ma per tutta la Turchia e per la regione, perché significa la fine della democrazia in Turchia “. “Il presidente Erdogan – continua la nota – ha individuato il nostro partito come obiettivo principale delle sue politiche autoritarie. Siccome non ha potuto impedirci di entrare in parlamento, ora ordina di metterci in prigione”.
Il leader del Partito repubblicano del popolo turco (Chp, erede del partito kemalista), Kemal Kilicdaroglu, ha condannato oggi quanto avvenuto, affermando che in questo modo si sta mandando il paese “in una direzione pericolosa”. Parlando a Smirne, dove si trova in visita, Kilicdaroglu ha affermato che si tratta di “un tentativo di preparare le fondamenta per introdurre il sistema presidenziale in Turchia”.
Altri deputati del Chp hanno criticato invece l’arresto dei deputati dell’Hdp, definendolo un “colpo al paese” per dividerlo. “Il grande parlamento è stato bombardato ancora una volta”, ha detto Ali Seker del Chp, riferendosi alla notte del fallito colpo di stato (tra il 15 e il 16 luglio scorsi), quando il parlamento di Ankara e’ stato colpito da F-16 guidati dai golpisti.
Il leader del partito democratico dei popoli (Hdp), Selahattin Demirtas, temeva che sarebbe stato il prossimo a essere arrestato dalle autorità turche. Lo avrebbe detto lo stesso Demirtas al presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, nel loro incontro di fine settembre, secondo quanto afferma Schulz in una nota diramata oggi, a seguito dell’arresto di Demirtas e di altri esponenti dell’Hdp.
“Ho incontrato Selahattin Demirtas – si legge nella nota di Schulz – diverse volte. E’ un leader impegnato nel processo di pace, nella non violenza, nel dialogo politico e nello stato di diritto. Nel nostro ultimo incontro, alla fine di settembre, aveva paura che sarebbe stato il prossimo della fila ad essere arrestato”. Secondo Schulz, “gli arresti di oggi inviano un segnale agghiacciante sullo stato del pluralismo nella politica turca. Selahattin Demirtas, Figen Yuksekdag e i deputati del Partito democratico dei popoli (Hdp) sono i legittimi, democratici rappresentanti della società turca. L’Hdp – aggiunge Schulz – è il terzo raggruppamento della Grande assemblea nazionale turca”.
Per Schulz, con il giro di arresti della scorsa notte “le autorità turche non solo allontanano la Turchia dalla democrazia, ma voltano anche le spalle ai valori, ai principi, alle norme e alle regole alla base delle relazioni tra Ue e Turchia“. Schulz ha precisato di essere in contatto con l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, con il Commissario Ue per l’Allargamento, Johannes Hahn, e con i leader dei gruppi politici in Parlamento per quanto riguarda gli ultimi sviluppi in Turchia . “Questi avvenimenti – osserva Schulz – devono essere affrontati come questione di urgenza”.
L’ufficio delle Nazioni unite per i diritti umani, per bocca della sua portavoce Ravina Shamdasani, fa sapere che l’arresto e la sospensione di oltre 110mila funzionari dopo il fallito golpe dello scorso 15 luglio in Turchia, nonché l’arresto di deputati filocurdi dell’Hdp nelle scorse ore potrebbero andare “oltre ciò che è ammissibile”.
La Svezia, attraverso il ministro degli Esteri Margot Wallstrom, ha definito gli arresti “molto preoccupanti” gli eventi in Turchia, sottolineando che arrivano al termine di “un lungo periodo di misure contro i rappresentanti dell’Hdp”.
Germania e Danimarca hanno convocato gli ambasciatori turchi accreditati nei loro Paesi dopo l’arresto. Il ministro degli Esteri danese Kristian Jensen ha detto di aver convocato il rappresentante di Ankara per esprimere i suoi “grandi timori” per l’operazione di polizia della scorsa notte, mentre il ministero degli Esteri tedesco ha detto all’ambasciatore turco che gli arresti rappresentano “un ulteriore drammatico aggravamento della situazione” nel Paese, dove dal fallito golpe del 15 luglio scorso sono già state arrestate circa 35mila persone.
Non si è fatta attendere la dura reazione di Ankara alla convocazione del suo ambasciatore a Berlino da parte del governo tedesco. Il ministro turco della Giustizia, Bekir Bozdag, ha affermato che la Germania “non può dare lezioni” alla Turchia, accusando Berlino di negare alcuni diritti alla numerosa comunità turca che vive nel paese.”La democrazia costituzionale e le libertà – ha detto Bozdag – vengono date solo ai tedeschi”. “Devono capire – ha proseguito – che la giustizia turca è neutrale e indipendente tanto quanto quella tedesca”. Il ministro ha infine assicurato che l’arresto degli 11 deputati è avvenuto nel pieno rispetto della legge.
L’arresto dei deputati arriva in un momento di forti tensioni tra Turchia e Germania, dopo che ieri il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accusato il governo della cancelliera Angela Merkel di aver protetto in passato il terrorismo curdo e di fare la stessa cosa ora con i seguaci di Fethullah Gülen, considerato mente del fallito golpe dello scorso luglio. Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha respinto le accuse e ha avvertito che la Germania non starà in silenzio davanti agli attacchi contro la libertà di stampa e opinione.
Nel frattempo centinaia di curdi sono scesi in piazza in varie città della Germania per manifestare contro gli arresti. Le proteste sono avvenute in simultanea a Colonia, Essen, Dortmund, Bielefeld, Brema, Münster, Amburgo e Berlino, con gruppi di 100-200 persone. Contro gli arresti hanno alzato la voce anche il leader dei Verdi tedesco e rappresentante della comunità turco-tedesca Cem Özdemir, che ha chiesto alle altre formazioni politiche tedesche di “agire”. “Tutti i partiti rappresentanti al Bundestag – ha detto – devono agire insieme”.
In una nota emessa dalla comunità curda in Germania, il capo della comunità curda tedesca Ali Ertan Toprak “chiede un aumento della pressione politica da parte dell’Unione europea e della Nato, la fine dell’accordo sui rifugiati tra Turchia e Ue, un immediato stop agli aiuti finanziari europei e la sospensione dei colloqui sull’ingresso della Turchia in Ue”.
In Italia, sono state numerose e trasversali le reazioni contro la nuova stretta alle libertà politiche in Turchia. Il premier Matteo Renzi sta seguendo con grande preoccupazione gli eventi delle ultime ore in Turchia. Lo si apprende da fonti di palazzo Chigi, le quali ritengono inaccettabile il possibile uso politico della nuova legislazione sull’immunità parlamentare che ha consentito l’arresto del leader dell’opposizione. “Preoccupato” per gli arresti di stanotte anche ministro degli Esteri Paolo Gentiloni:“Italia chiede rispetto diritti opposizione parlamentare”, ha scritto in un tweet.