Turchia, la lunga strada verso l’Europa

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Turchia, la lunga strada verso l’Europa

18 Aprile 2007

Prima di incontrare Angela Merkel a Hannover il fine settimana scorso, il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, si era lamentato per lo scarso sostegno da parte del governo tedesco di fronte alla domanda turca di entrare nell’UE. In un’intervista per il settimanale Der Spiegel aveva criticato la cancelliera tedesca per non aver invitato la Turchia alla festa del cinquantesimo anniversario dell’Unione Europea a Berlino per il fatto che l’Unione non presenta un’agenda chiara e realistica per un eventuale membership della Turchia. Comunque dopo il colloquio personale con la Merkel, Erdogan ha ridimensionato le sue critiche ed ha espresso la sua fiducia affinché il processo delle trattative si svolga in modo costruttivo.

L’ambivalenza nelle relazioni di questi due governi è abbastanza tipica. E’ dovuto sia al fatto che la Turchia ha finora compiuto scarsi progressi nel suo sforzo di realizzare le richieste dell’Unione Europea sia al fatto che i democristiani tedeschi non sono convinti che la Turchia dovrebbe far parte dell’Unione. Infatti, durante la campagna elettorale del 2005, la Cdu e la Csu hanno cercato di fare di questa tematica uno dei temi principale di propaganda politica. I democristiani si sono proclamati contrari al pieno riconoscimento della membership della Turchia, preferendo una “collaborazione privilegiata” mirante all’integrazione dal punto di vista commerciale e alla stipula di intese su temi importanti come l’ambiente, la sicurezza e la cultura. I democristiani, da un lato, ritengono che l’Unione Europea non è istituzionalmente capace di assumere altri stati membri dopo l’allargamento ad Est. D’altro lato, nella Cdu e soprattutto nella Csu, nutrono grossi sulla compatibilità della Turchia con la cultura europea e cristiana. I democristiani hanno poi agito nella consapevolezza che la maggior parte della popolazione avrebbe condiviso queste preoccupazioni. Secondo uno degli ultimi sondaggi, il 54 per cento dei tedeschi è contro l’adesione della Turchia all’Ue, mentre il 38 per cento si dichiara favorevole.

Ciononostante, i democristiani sono ormai costretti a giocare un ruolo costruttivo nelle trattative con la Turchia. Già nel 2004, quando c’era al governo ancora la coalizione rosso-verde, l’Unione Europea decise di aprire le trattative per l’ingresso della Turchia a partire dall’ottobre 2005. Dunque, quando la Merkel è divenuta cancelliera nel novembre 2005, non ha avuti più modo d’influenzare la scelta di aprire la porta alla Turchia. La questione dipende ormai da esigenze specifiche e tecniche e non da considerazioni politiche. Perciò, quando la Merkel ha incontrato Erdogan per la prima volta, pochi giorni dopo la sua elezione, ha sottolineato che il suo nuovo governo avrebbe sostenuto la posizione ufficiale dell’Ue e che le trattative sarebbero procedute come previsto.

A dispetto di tale obbligo formale, i democristiani non hanno cambiato le loro riserve fondamentali. Continuano a ostacolare il processo di adesione quando ne vedono l’opportunità. Nel novembre 2006, l’Ue ha pubblicato un rapporto decisamente negativo sui progressi della Turchia verso gli standard europei.  Il rapporto critica innanzitutto il deficit di libertà di espressione e di rispetto dei diritti di alcune minoranze religiose e delle donne. Alcuni politici democristiani hanno preso la balla al balzo per esprimere il loro scetticismo sulle reali capacità della Turchia di accelerare il cammino delle riforme che dovrebbe condurla nell’Unione Europea. In un’intervista al giornale Die Welt, il leader della Csu, Edmund Stoiber, ha proprio escluso che la Turchia possa ottenere la membership in futuro prossimo. La situazione è aggravata dalla crisi diplomatica tra il governo di Ankara e Cipro a causa del rifiuto della Turchia di aprire a Cipro i suoi porti ed aeroporti . A questo proposito, la cancelliera tedesca ha proposto (senza successo) di lanciare un ultimatum alla Turchia, con la minaccia di bloccare le trattative per l’adesione in caso di non adempienza da parte di Ankara.

Quindi, se la Turchia farà ancora altri errori nel lungo processo di adesione all’UE, il centro-destra tedesco è pronto a tornare alla carica nell’opporsi alla membership turca nell’Uee. Ed è probabile che questi errori non mancheranno. Le trattative sono ancora nella fase iniziale, ferme ai 35 capitoli di cui l’Ue richiede il pieno adempimento. Alcuni di questi capitoli, e non solo quelli sui diritti umani, sono molto spinosi. Ora, è difficile immaginare come la Turchia riesca, ad esempio, a soddisfare diversi standard ambientali e a riformare profondamente il suo settore agricolo. Ad oggi, le trattative si incentrano sulla riforma della politica industriale, che è uno dei capitoli meno difficili. Però, già quando si parlerà della deregolamentazione del settore dei servizi, è molto probabile che si verificheranno grandi ritardi e scontri. Infine, c’è da risolvere anche la questione della libertà di movimento all’interno dell’UE, che in Germania, dove già vivono quasi tre milioni di persone di origine turca, è un tema delicatissimo.

Il nervosismo dimostrato talvolta da parte di Erdogan è anche comprensibile se si considera che tra poco, non avrà solamente a che fare con una cancelliera tedesca molto scettica, ma anche con un presidente francese assai diffidente. Sia Sarkozy che Bayrou hanno espresso, infatti, le loro riserve sul sogno turco di far parte dall’Ue.