Turchia, prove di nuova costituzione

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Turchia, prove di nuova costituzione

14 Settembre 2007

Con buona pace degli scettici, la Turchia ‘islamica’ di Gül e Erdoĝan (per la prima volta capo dello Stato e del governo sono entrambi non ‘laici’) continua a far mostra di voler promuovere ogni sforzo per entrare nell’Unione Europea. In una conferenza stampa del 12 settembre, il capo della Commissione Indipendente sulla Turchia (Ict) della Ue, il finlandese Martti Ahtisaari, ha annunciato di aver preso visione della bozza della nuova costituzione elaborata dai sei accademici su incarico dell’Akp, il partito del premier Erdoĝan, che nel mese di luglio ha vinto le elezioni – giova ricordarlo – con circa il 47 per cento dei voti. 

Il progetto di riforma costituzionale è stato sottoposto ad Ahtisaari dal prof. Ergun Özbudun, capo della Commissione incaricata di elaborarlo. Ahtisaari ha naturalmente sottolineato che la Turchia deve compiere numerosi passi sulla via delle riforme (a cominciare dalla modifica dell’art. 301 del codice penale, che punisce il reato di ‘attentato all’identità nazionale turca’), ma la presenza del capo dell’Ict in Turchia è stata salutata dalla stampa turca come un chiaro segnale della volontà di riprendere la strada dei negoziati per l’ingresso della Turchia in Europa. Ahtisaari ha peraltro liquidato la questione del velo della moglie del presidente Gül, di cui tanto s’è discusso, come “una decisione individuale”, di mera pertinenza dell’opinione pubblica turca, purché naturalmente si tratti di una decisione libera.

Che cosa contiene la bozza di riforma costituzionale? Il quotidiano “Radikal” riporta che le novità presenti sono di notevole rilievo. Lo scopo della nuova Costituzione sembra essere quello di abbandonare l’impostazione autoritaria e statalista della Costituzione corrente, accentuando i valori dei diritti umani, della supremazia della legge, della democrazia, assieme al secolarismo e al pluralismo, in linea comunque con il progetto di Atatürk di procedere sulla strada della civiltà moderna.

Non si dimentichi che, come hanno messo in luce gli analisti più attenti, la radice del successo della ‘democrazia conservatrice’ di Erdoĝan e dell’Akp sta proprio nella combinazione (non facile da capire per noi) di tradizionalismo e antistatalismo, ovvero nell’alleanza tra i valori della tradizione turca (quindi dell’Islam) con i dinamici ceti medi della nuova borghesia, che costituiscono la spina dorsale del successo dell’Akp, e del grande sviluppo economico che la Turchia, da quando sono al potere Erdoĝan e il suo partito, sta registrando.

Un altro aspetto significativo della bozza della nuova Costituzione (che, se approvata dal parlamento, dovrebbe essere poi sottoposta ad un referendum) è rappresentato dall’embrionale riconoscimento dei diritti delle minoranze, esplicito nell’abolizione dell’art. 3 della vecchia Costituzione, che proclamava la Repubblica turca, secondo il classico stilema giacobino, “una e indivisibile”, e inoltre dall’implicita ammissione di altre lingue, dato che la lingua turca viene ora indicata, in modo attenuato rispetto alla precedente formulazione, solo come “lingua ufficiale”.

La precedenza dell’individuo rispetto allo Stato, affermata da Özbudun nell’illustrare il progetto, e l’esplicita menzione della separazione dei poteri contribuiscono a confermare l’impressione che l’obiettivo del nuovo progetto sia quello di rafforzare l’identità ‘occidentale’ della democrazia turca. Se tutto questo sarà confermato, è chiaro che un altro, importante passo avanti sulla difficile strada di una piena integrazione della Turchia nella comunità europea sarebbe sul punto di compiersi, e ciò non potrebbe che riflettersi positivamente sulla difficoltosa ripresa dei negoziati. L’obiettivo di fondo – giustamente sostenuto dall’Italia e attivamente promosso dal Commissario Franco Frattini – rimane infatti quello indicato di recente anche dal nuovo ministro degli Esteri inglese, David Miliband, che annunciando la sua visita in Turchia (sul “Daily Telegraph” del 05/09/2007) ha ribadito che l’ingresso della Turchia “as a full and equal member” è vitale per l’Europa. 

Mentre infuria il dibattito sulle condizioni per un proficuo dialogo con il mondo islamico, come si può pensare di respingere proprio quell’Islam che mostra di voler procedere sulla strada dei nostri valori fondanti? Considerando inoltre che l’esperienza turca sta cominciando, sia pur timidamente – si veda il caso del Marocco – ad assumere valore esemplare per il mondo islamico. Difesa di uno Stato ‘laico’, ma aperto ai valori della tradizione e liberato dai vincoli dello statalismo kemalista: se questo è l’indirizzo del governo turco, esso non differisce da quello espresso dai cartelli che innalzavano i giovani nelle manifestazioni di qualche mese fa: no alla sharia, no ai colpi di Stato. E non è questo, al tempo stesso, l’obiettivo dell’Europa?