Turismo, Airbnb dilaga con 222mila strutture in Italia. Federalberghi: abusivismo cresce senza sosta

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Turismo, Airbnb dilaga con 222mila strutture in Italia. Federalberghi: abusivismo cresce senza sosta

13 Ottobre 2016

Quello dell’economia sommersa del turismo e degli affitti brevi legati alla sharing econonomy, è un mondo che dilaga sempre più. E per questa ragione la Federalberghi ha voluto monitorare il fenomeno scoprendo che da gennaio ad agosto 2016 gli alloggi non autorizzati sarebbero aumentati del 22% per un totale di 222.786 strutture irregolari. 

I dati del dossier, presentato questa mattina presso Rimini Fiera, in apertura al più importante marketplace del turismo italiano e punto di riferimento per l’Europa, riflettono le due facce parallele e coesistenti del sistema turistico italiano: da un lato le cifre ufficiali (fino a dicembre 2015) dell’offerta ricettiva italiana, fornite dall’Istat, dall’altro quelle delle inserzioni (nei primi quattro giorni di agosto) di alloggi sul portale Airbnb.   “La situazione ha raggiunto livelli talmente di guardia da generare una minor sicurezza sociale ed il dilagare indiscriminato dell’evasione fiscale e del lavoro nero”, ha affermato il presidente di Federalberghi.

 “Il Piano strategico del turismo – aggiunge – afferma a chiare lettere la necessità di definire un quadro normativo e regolamentare che contrasti efficacemente il fenomeno dell’abusivismo. Confidiamo che si passi presto dalle parole ai fatti”.

Secondo Federalberghi:
1) “Non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà (57,7%) degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Bettina che gestisce 366 alloggi, Daniel (293) e Simona (260)”.
2) “Non è vero che si tratta di attività occasionali. La maggior parte (il 79,3%) degli annunci si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno”.
3) “Non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. la maggior parte degli annunci (70,2%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti in cui non abita nessuno”.
4) “Non è vero che le nuove formule tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali”.

C’è da capire se non si tratti, soltanto, di un mero attacco alla sharing economy e alla capacità di quest’ultima, di incentivare la concorrenza.