Turismo e ristorazione, l’incertezza può fare ancora più danni delle norme. E già ne ha fatti

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Turismo e ristorazione, l’incertezza può fare ancora più danni delle norme. E già ne ha fatti

Turismo e ristorazione, l’incertezza può fare ancora più danni delle norme. E già ne ha fatti

06 Ottobre 2020

La dimensione globale dell’incertezza dinamica è quanto di più connaturato  all’impresa, in modo particolare alla piccola e microimpresa. Lo sforzo di ogni imprenditore si estrinseca nella costruzione di spazi autoprodotti di  parziali certezze, dapprima idealizzate e poi calate nella dimensione del concreto affinchè producano reddito, continuità, ed in ultima analisi, spazi di parziale sicurezza temporale atti ad individuare nuove certezze da ricollocare nella dimensione del concreto. Tutto ciò in un moto perpetuo che presenta tanti più spazi di reale incertezza tanto più l’impresa è piccola e, quindi, senza la potenza di condizionare il mercato di riferimento con certezze idealizzate e percorribili per lunghi periodi.

Ecco, possiamo realmente dire che l’incertezza dinamica è la costante  dialogica tra l’impresa ed il mercato di riferimento, che l’impresa meglio conosce, che per sua stessa natura è attrezzata per affrontare, e da cui trae spunti, idee, ed individua nuove vie. Talvolta di mera sussistenza, talvolta di progresso oggettivo, talvolta involutive. Ebbene, stravolgere questo meccanismo dialogico tra mercato ed impresa mediato dall’incertezza dinamica è sinonimo di sicura involuzione. Ciò ha prodotto il Covid, ma ancor più sta producendo l’attuale politica governativa.

Entrare in campo senza una logica chiara e progettuale, e soprattutto senza metodologia comportamentale coerente, produce incertezza statica e non dinamica. Interi settori quali quello dei pubblici esercizi in tutte le loro varie declinazioni, ristoranti, bar, pub, locali della movida ecc, stanno subendo una crisi che certamente ha avuto la sua genesi dall’effetto Covid e conseguente lockdown, ma che sta rimanendo statica a causa della mancanza di chiarezza normativa e linea progettuale prospettica che governo, spesso regioni, e quasi sempre enti locali stanno producendo.

L’iniziale timidezza nella decisione dei sussidi e, soprattutto, non tanto gli esigui importi quanto la lunghezza burocratica, tuttora in corso nell’erogazione, hanno generato nelle imprese del settore il legittimo sospetto della reale mancanza di volontà di aiutarle e soprattutto di non essere considerate un settore strategico. I segnali contrastanti si sono susseguiti e si susseguono. La forza con cui viene propagandato lo smart working e la volontà di farne un asset strategico presente e futuro, è legittima e può essere accettata, ma deve essere chiara. A tale chiarezza poi dovrebbero seguire interventi per le imprese del settore ristorazione sia per una fase di sussidio sia per una fase di riconversione.

Ma questo non è che un banale esempio. La dialettica di questi ultimi giorni circa un intervento nazionale sugli orari di apertura e chiusura, ha di per sé stessa prodotto danni ben al di là di quelli che avrebbe potuto produrre un intervento normativo concreto. In questi giorni migliaia di contratti a termine non sono stati rinnovati, le assunzioni sono state cancellate, gli acquisti sono stati bloccati, i progetti di intrattenimento congelati, e nulla di tutto ciò riprenderà senza la certezza di poter svolgere il lavoro d’impresa. Magari in condizioni difficili, magari con mercato avverso, magari con maggiori costi ma, semplicemente, con la certezza di poter svolgere il lavoro oggetto dell’impresa. Certamente ancor più forte è il sospetto degli imprenditori che il settore non venga considerato economia, quanto piuttosto come semplice sottoprodotto di risulta dell’economia reale, alla quale esso ha il diritto di prendere parte “a determinate condizioni”. Condizioni sicuramente non ideali per proseguire un’attività d’impresa.

Dinamiche simili si ripropongono per i locali della movida che, invece di essere sollecitati a migliorare ed essere considerati come l’unico elemento di possibile e concreta mediazione comportamentale e controllo tra i giovani e la necessità di attenzione alle misure anticovid, vengono relegati in un limbo di attesa statica e peggiorativa della situazione. Siamo chiari: chiudere i locali alle 23:00, in assenza di obbligo rincasare, significherebbe semplicemente riversare masse di giovani per le strade e nei centri urbani. Senza limitare in alcun modo l’utilizzo di alcool (può essere preventivamente acquistato anche nei supermercati) e senza possibilità alcuna di controllo comportamentale su distanziamenti e utilizzo di dispositivi anticovid.

Di fatto è semplicemente giunta l’ora della chiarezza degli obiettivi governativi. Le norme si attuano coerentemente e non si annunciano per poi rimangiarsele dopo aver provocato danni. E, se le norme si applicano, quali esse siano, queste devono essere chiare quanto gli obiettivi da raggiungere ed i mezzi di sostegno alle imprese che si intendono attuare. Se non sarà attuato questo comportamento, se le imprese del settore HO.RE.CA. non saranno rassicurate, se le PMI del turismo e del suo indotto non avranno prospettive certe circa la volontà concreta del governo di sostenerle nei loro sforzi,  l’intero sistema collasserà. E non è un sistema sostituibile con APP ed Ecommerce: contrariamente a quanto si possa pensare, la tassazione degli enti locali e gran parte di quella nazionale deriva proprio dalle PMI del commercio, turismo e pubblici esercizi.