Tutte le risposte (europee) di Magna Carta ed EIN su pensioni e lavoro

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Tutte le risposte (europee) di Magna Carta ed EIN su pensioni e lavoro

Tutte le risposte (europee) di Magna Carta ed EIN su pensioni e lavoro

06 Marzo 2012

La crisi delle finanze pubbliche di molti paesi europei, connessa alla crisi della governance comunitaria e la risposta rigorista imposta dal governo tedesco al resto dell’Europa, ha generato un coro di ‘più – europeisti’, ovvero coloro i quali, a ogni pie’ sospinto, ritengono che vi sia la necessità di opporre ai rischi disgregativi dell’attuale crisi economica e di governance maggiore politica a livello comunitario europeo. Perché il richiamo a ‘più Europa’ non rimanga sterile slogan – buono forse per qualche lancio d’agenzia – la fondazione Magna Carta, insieme con lo European Ideas Network (EIN), il think tank del gruppo del Partito popolare europeo (PPE) presso il Parlamento europeo, hanno dato vita all’incontro Long-term Growth: Reforming Pension Schemes and Social Security. Molti i nomi celebri al convegno: Ria Oomen-Ruijten, parlamentare europea e membro della commissione ‘Employment and Social Affairs’, ‘occupazione e affari sociali’ al Parlamento di Strasburgo; Maurizio Castro, senatore del Pdl e membro della Commissione Lavoro del Senato; Lothar Funk, professore di economia all’Università di scienze applicate di Dusseldorf; Sven Otto Littorin, ex-ministro del lavoro svedese; Alojz Peterle, parlamentare europeo e membro della commissione ‘Foreign Affairs,’ ‘affari esteri’ al Parlamento europeo. E ancora l’ex-ministro del lavoro e senatore del Pdl, Maurizio Sacconi.

A fare gli onori di casa il presidente onorario della fondazione Magna Carta, Gaetano Quagliariello, Vicepresidente vicario dei senatori del Pdl al Senato. Un convegno, quello di Magna Carta ed EIN, organizzato con l’obiettivo d’offrire delle riflessioni, inquadrate nell’alveo della cultura politica ed economica cristiano–liberale europea, da far confluire nel grande cantiere di proposte che il PPE sta già mettendo in campo per un ritorno a una crescita europea di lungo periodo. Ora, se l’attuale governatore della Bce, Mario Draghi, ha sentito la necessità nei mesi scorsi d’affermare in un’intervista al Wall Street Journal che “il modello d’economia sociale di mercato è già finito quando si guarda al tasso di disoccupazione giovanile di alcuni paesi [europei]”, è ovvio che il PPE è chiamato ad affrontare, con determinazione, le sfide che la crisi del modello continentale di spesa pubblica ha portato alla luce (un modello spesso degenerato in clientele elettorali ‘coccolate’ con denaro dei contribuenti). L’incontro tra Magna Carta ed EIN ha raccolto la sfida politica che ogni crisi porta con sè, ovvero l’offerta di soluzioni, le più organiche possibile, nel rispetto, ça va sans dire, delle criticità (e forze) dei diversi sistemi economici e produttivi dei membri della UE. 

Crescita, crescita, crescita dunque, partendo dalla riforma del mercato del lavoro e da quella delle pensioni, due prospettive – la prima sul piano politico chiama a un’azione statale più regolatoria, sebbene inquinata dal nodo Stato ‘datore di lavoro’ dell’impiego pubblico, l’altro più direttamente gestionale visto che lo Stato resta a oggi nel business economico dell’erogazione pensionistica – difficilmente scindibili e dalla cui riforma dipende effettivamente il rilancio europeo. Ciò accade in una fase politica in cui i governi d’Europa, di ogni colore politico, sono chiamati a operare riforme dal forte impatto sociale fatte di tagli alla spesa pubblica, aumento dell’età di pensionamento, equiparazione delle discipline del lavoro tra impiego nel settore statale e in quello privato, abbassamento dei salari. Sulle tematiche del lavoro, le proposte più interessanti sono arrivate da Sven Otto Litteri, ex-ministro del lavoro svedese tra il 2006 e il 2010. Da ex-politico, lo svedese parte dal problema connesso con qualsiasi riforma impopolare, ovvero il rifiuto elettorale che ne segue. Noto il famoso adagio di Jean-Claude Junker nel 2005: “Tutti noi sappiamo quel che dobbiamo fare; il problema è farsi rieleggere una volta che lo abbiamo fatto”. Littorin ha delineato cinque aree di riforma sulle quali i governi europei devono a tutti costi trovare il coraggio politico di concentrarsi. La prima ha a che fare con il ruolo degli incentivi: incentivare meglio, incentivare bene (Littorin parla apertamente d’incentivi fiscali già operativi in Svezia ai senior che vogliano rimanere nella forza lavoro oltre l’età di pensionamento. Dall’ex ministro sono arrivati inviti a disfarsi della tentazione protezionistica, così come di quella del ‘capitalismo di Stato’; e poi diversificazione delle politiche di reinserimento nella forza lavoro dei sotto-occupati, dei disoccupati e dei non-occupati, con uno sguardo a quel che accade nelle PMI. Infine Littorin ha sottolineato che qualsiasi pacchetto di riforme che voglia veramente raggiungere l’obiettivo di un vero ritorno alla creazione di maggiore crescita – che possa ricomporre il conflitto intergenerazionale attualmente in campo – non può che includere anche una riforma dell’istruzione.

Sul nodo delle pensioni, i vari relatori hanno convenuto sulla necessità d’abbandonare un sistema a capitalizzazione (il pay-as-you-go, questa la formula inglese), a favore di un sistema a capitalizzazione, l’unico ormai in grado di ristabilire un qualche equilibrio inter-generazionale. A questo proposito Maurizio Castro, senatore Pdl ha giustamente fatto notare che “è finito il tempo in cui lo Stato concedeva il prepensionamento ai lavoratori per impedire che le imprese assumessero il costo delle ristrutturazioni aziendali”. Per l’economista del Cerm, Fabio Pamolli, si tratta di fare riforme “che ristabiliscano un nuovo equilibrio intergenerazionale”. Infine il caso limite, ma di successo, raccontato da Andrea Giuricin, dottore in economia e ricercatore dell’Istituto Bruno Leoni: ‘il meraviglioso e strano caso’ del sistema previdenziale cileno, completamente privato e terribilmente efficiente e remunerativo per i suoi pensionati. Durante la conferenza stampa di chiusura l’ex-ministro del lavoro, Maurizio Sacconi ha difeso le riforme delle pensioni portate avanti dai vari governi Berlusconi, ricordando che “oggi l’Italia è la prima della classe in Europa quando si parla di sostenibilità del proprio sistema pensionistico”.