Tutti i giochi aperti

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Tutti i giochi aperti

Tutti i giochi aperti

07 Novembre 2006

Si inaugura con oggi una nuova rubrica dedicata alle elezioni
presidenziali in Francia previste per l’aprile del 2007. Le autrici,
Lucia Bonfreschi e Christine Vodovar, ci offriranno di puntata in
puntata, uno sguardo approfondito e informato sulla complessa partita
destinata a eleggere il prossimo inquilino dell’Eliseo.

Quando
parlano della politica italiana, i Francesi ricordano sempre la
confusione che vi regna o, più eufemisticamente, le sue “sottigliezze”.
La situazione sembra oggi rovesciata. All’inizio dell’anno, i
“pretendenti” alla poltrona di Presidente della Repubblica, individuati
dal giornalista Alain Duhamel (Les prétendants 2007, Plon,
2006), erano ben quindici. A distanza di dieci mesi ci si accorge che
alla foto di gruppo mancano i volti della principale candidata al
secondo turno per la sinistra, Segolène Royal, ed altri ancora. È
ancora molto presto per dire che “i giochi sono fatti”: a pochi mesi
delle elezioni, persistono numerose incognite sulla scelta dei
candidati, nonché sulle strategie per la campagna elettorale,
soprattutto per ciò che riguarda le principali formazioni.

Nel centro-destra, Nicolas Sarkozy è per il momento l’unico ad aver esplicitato la propria candidatura all’interno dell’Union pour le Mouvement Populaire (UMP).
Sulle modalità della sua investitura pesano, tuttavia, due
interrogativi, che rimandano alla storia della V Repubblica. Il
principale interrogativo riguarda la coesione dell’UMP, sulla quale
influiranno le mosse del Presidente della Repubblica uscente e dei suoi
seguaci. Chirac, infatti, non ha escluso una sua ricandidatura e ha
rinviato la decisione in merito al gennaio prossimo. Una sua uscita di
scena non escluderebbe, comunque, probabili manovre fratricide degli
chirachiani, sull’esempio di quanto Chirac stesso ha fatto, almeno a
due riprese, in passato: nel 1974, quando al primo turno, il candidato
dell’UDF Giscard eliminò il suo avversario gollista Jacques
Chaban-Delmas, grazie all’appoggio di parlamentari gollisti dissidenti,
da Chirac organizzati; nel 1981, quando, non essendo passato al secondo
turno, egli non indicò ufficialmente nessuna preferenza per Giscard,
consigliando ufficiosamente l’astensione se non, addirittura, il voto
per Mitterrand.

Il secondo
interrogativo riguarda invece ciò che sembra essere diventata una
“legge ferrea” della politica francese: nessun Primo Ministro uscente è
mai riuscito a vincere la corsa all’Eliseo (né Chirac nel 1988, né
Balladur nel 1995, né Jospin nel 2002). Benché “Sarko” non sia il Primo
Ministro, egli occupa nondimeno, in quanto Ministro dell’Interno, un
posto molto esposto.

In queste settimane, tuttavia, l’attenzione dell’opinione pubblica è concentrata sul partito socialista (PS),
impegnato nella designazione del proprio candidato. Le difficoltà del
PS ad esprimere una leadership, in seguito alla clamorosa sconfitta del
2002 e al frettoloso ritiro di Lionel Jospin, hanno indotto i
socialisti ad impegnarsi nell’organizzazione di primarie, sulle quali
torneremo nei prossimi articoli. Il rilievo dato all’evento dai media
e, soprattutto, l’esito aperto (o presunto tale) della competizione
relegano in secondo piano sia le vicende delle altre formazioni della
sinistra, delle quali nessuna ha rinunciato a presentare il proprio
candidato, sia quelle della destra.

La
storia della V Repubblica insegna che queste incognite non sono affatto
secondarie. Nel sistema istituzionale francese, l’elezione del
Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto, con la
possibilità per i soli due primi candidati di passare al secondo turno
in caso di ballottaggio, oltre che fornire una forte legittimità al
neo-eletto, contribuisce anche a bipolarizzare fortemente il sistema
politico. In altri termini, mentre al primo turno si tende ad esprimere
una preferenza, al secondo si vota per il candidato “meno peggiore”.
Con l’eccezione del 1969 e del 2002, quando nessun candidato di
sinistra, a causa delle proprie divisioni, riuscì a superarlo, il primo
turno ha sempre svolto il ruolo di primaria all’interno dei due
schieramenti opposti di destra e di sinistra (nel 1974, Chaban fu
eliminato da Giscard; nel 1981, Marchais da Mitterrand e Chirac da
Giscard; nel 1988, Barre da Chirac; nel 1995, Balladur e Le Pen da
Chirac).

Proprio il 2002, però, ha
ricordato che il sistema istituzionale non consente troppe divisioni al
primo turno. Furono queste che, a sinistra, insieme all’insoddisfazione
dell’elettorato socialista nei confronti di Jospin, regalarono la
vittoria a Chirac. Mentre a sinistra, dunque, l’interrogativo
principale riguarda la capacità del Partito socialista di mobilitare i
delusi dell’attuale maggioranza, a destra, è la strategia interna al
partito maggioritario che rappresenta finora la principale incertezza.
Anche perché, sia nel 1981 sia nel 1988, quando la sinistra vinse
l’elezione, furono le divisioni della destra a decidere l’esito della
consultazione a favore di Mitterrand.

Sul rimescolamento delle carte potrebbe influire anche la parziale perdita di rilevanza del clivage
destra-sinistra, in particolare per quanto riguarda le questioni
istituzionale e di politica estera: su questi temi le scelte assunte
negli ultimi anni dai principali partiti del sistema politico francese,
in particolare dall’UMP e dal PS, hanno messo in luce una convergenza
di posizioni quasi “bipartisan”. La riforma del quinquennato e la
guerra in Iraq (più generalmente la posizione nei confronti degli Stati
Uniti) sono stati momenti di vasto consenso, a volte anche di
disinteresse dell’opinione pubblica. Viceversa, lo spartiacque
rappresentato dal referendum sulla Costituzione europea è passato
all’interno di ogni coalizione e ha visto il PS (almeno ufficialmente)
sostenere il “si” accanto a UMP e UDF, contro una parte della sinistra
ed una parte della destra.

Le
problematiche di politica estera, nondimeno, rimangono un ambito poco
rilevante nella raccolta dei consensi elettorali. I dibattiti e
l’attualità del clivage destra/sinistra tendono a
concentrarsi sui problemi economico-sociali e sulle questioni della
cittadinanza. Tematiche come la disoccupazione, i costi alti della
politica previdenziale, la sicurezza, l’integrazione non sono certo
nuove, ma, a causa della loro accresciuta interdipendenza e
dell’intersecarsi con i problemi post-11 settembre 2001, investono più
in profondità l’identità nazionale ed il modello di società stessa. Per
di più ciò accade in un paese che, per tradizione, dibatte
pubblicamente sul tipo di società che intende forgiare.