Tutti i provvedimenti con cui il governo avrebbe lasciato sole le imprese
18 Aprile 2011
Una frase di Emma Marcegaglia nel video di presentazione dell’assise confindustriale del 7 maggio ha creato un problema in più ad un Governo che di problemi ne ha già tanti. Ma è proprio vero che le imprese non sono mai state sole come adesso? Il momento resta sicuramente difficile, la situazione economica non si è ancora stabilizzata, le incertezze non sono superate, la crescita è tuttora stentata, gracile e modesta. In tale poco entusiasmante contesto l’esecutivo ha perso sicuramente smalto, trovandosi a dover assorbire tutte le influenze di un quadro politico deteriorato. Ma le critiche della presidente della Confindustria sono ingenerose perché il Governo non è stato e non è sordo alle esigenze delle imprese, le quali non possono limitarsi a sollecitare – alla stregua della Cgil e del Pd – una maggiore crescita come se si trattasse di evocare la pioggia, con una danza rituale, dopo un periodo di siccità.
In questi tre anni di legislatura il Governo e la maggioranza hanno adottato politiche importanti nell’interesse della stabilità, dell’occupazione e dell’economia. E quindi anche a favore delle imprese. A fare un elenco dei provvedimenti se ne dimentica sicuramente qualcuno. Cominciamo dalle politiche di bilancio. Lucio Cordero di Montezemolo non esita, in questi giorni di riflessione sul suo futuro, a polemizzare con Giulio Tremonti, ma non può non riconoscere che la <messa in sicurezza> dei conti pubblici, la salvaguardia del sistema bancario, il conseguimento di una valutazione positiva da parte degli organismi internazionali, degli osservatori e dei mercati internazionali hanno consentito alle imprese di superare la fase più acuta della crisi, quando il venir meno di uno solo di questi elementi di carattere strutturale avrebbe potuto determinare effetti ancor più negativi sull’apparato produttivo.
Su questo insostituibile impianto di fondo il Governo ha varato una serie importante di misure a favore delle imprese. A cominciare, nel 2008 poche settimane dopo l’insediamento, dal pacchetto di provvedimenti per la semplificazione e la sburocratizzazione degli adempimenti a cui sono tenute le imprese. Si disse a suo tempo che quelle misure, in un congruo arco temporale, avrebbero prodotto minori costi per il sistema delle imprese per 4,3 miliardi e avrebbero facilitato la vita amministrativa delle aziende, soprattutto se piccole e medie.
In quelle stesse settimane, proprio quando veniva anticipata la manovra di bilancio, furono varati i quattro <collegati>, tra cui quello del lavoro e quello energetico. E fu avviata la pratica della detassazione (con aliquota del 10%) per le voci retributive legate alla produttività, che poi fu rifinanziata anche negli anni successivi. Ma l’esplosione repentina, profonda della crisi costrinse il Governo ad affrontare l’emergenza, senza poter abbassare la guardia a proposito degli equilibri di bilancio. Oltre ad alcune misure di sostegno dei settori produttivi (mediante le rottamazioni) il Governo si mise ben presto in grado di garantire alle aziende – trovatesi all’improvviso prive di ordini e di linee di credito – gli strumenti per mantenere collegati i loro dipendenti, assicurando il flusso degli ammortizzatori sociali anche in quei settori che ne erano sprovvisti.
Alcuni dati sono in grado di dare un’idea precisa dello sforzo compiuto dal Governo in un tempo ristretto. Nella sua prima lettura, conclusasi a fine ottobre 2008, alla Camera, il <collegato lavoro> aveva rifinanziato gli ammortizzatori in deroga con 400 milioni. Al Senato, la cifra era arrivata a 620 milioni. Il 17 febbraio dell’anno successivo il Governo raggiunse con le Regioni l’accordo che stanziava 8 miliardi a quel titolo (5,5 miliardi a carico dello Stato e 2,5 miliardi a carico delle Regioni). Poche settimane prima il Governo era stato il mallevadore dell’accordo del 22 gennaio che, con l’adesione di tutte le parti sociali e la sola autoesclusione della Cgil, aveva riformato la struttura della contrattazione, dopo anni trascorsi inutilmente ad inseguire Guglielmo Epifani che si alzava dal tavolo del negoziato. A seguito di questo accordo sono stati stipulati più di 60 rinnovi di contratti nazionali in un clima unitario e senza conflitto (con la sola anomalia della Fiom). Sempre nel 2009 il Governo si è avvalso del potere correttivo previsto dalla legge delega per rivedere il Testo Unico sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e renderlo più condivisibile dal mondo delle imprese, promuovendo la prevenzione, la collaborazione e la formazione. La legge Brunetta ha avviato una profonda revisione degli ordinamenti del pubblico impiego nel tentativo di recuperare la pubblica amministrazione ad una logica di efficienza e di produttività.
E che dire delle pensioni? Il Governo ha assunto, in un clima di relativa pace sociale, alcune misure di carattere strutturale che hanno ulteriormente stabilizzato il sistema. A tal proposito è bene ricordare che proprio in questi giorni è arrivata in porto, dopo vent’anni, una normativa a tutela dei lavoratori addetti a mansioni usuranti. Il <collegato lavoro> è poi una miniera di iniziative, tra cui ricordiamo, oltre alla già citata nuova disciplina per i lavori usuranti, l’introduzione di un modello di conciliazione e di arbitrato nelle controversie di lavoro, il potenziamento delle certificazioni, l’uniformazione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti, l’obbligo per i giudici di tener conto, nei giudizi in tema di risoluzione del rapporto di lavoro, delle c.d. tipizzazioni, nei contratti, delle cause di giustificato motivo e di giusta causa. Sergio Marchionne potrebbe, dal canto suo, immaginare che cosa sarebbe successo, nelle vertenze del gruppo, se in Italia vi fossero un esecutivo e una maggioranza di centro sinistra. Sono stati promosse iniziative a favore di diversi settori del made in Italy. E soprattutto la Camera ha approvato la legge denominata <Statuto delle imprese>. Si tratta di una proposta largamente bipartisan, ma è la prima volta che un Governo si preoccupa dei diritti dell’impresa. Con buona pace della Confindustria e della sua presidente. E della sua solitudine.