Tutti pazzi per Nick Clegg, il “terzo uomo” che fa tremare Tory e Labour

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Tutti pazzi per Nick Clegg, il “terzo uomo” che fa tremare Tory e Labour

20 Aprile 2010

In Gran Bretagna i liberaldemocratici di Nick Clegg vanno alla ribalta nei sondaggi. A meno di 20 giorni alle elezioni, sono il primo partito britannico, scalzando addirittura i Tories di David Cameron. Secondo un sondaggio di YouGov pubblicato dal tabloid The Sun, la formazione di Nick Clegg è al 33%, i Conservatori al 32% e i Laburisti al 26%. Dati che, con una proiezione sul sistema uninominale secco, darebbero ai conservatori, oggi all’opposizione, una risicata maggioranza relativa con 244 seggi, ai laburisti 243 seggi, mentre i Lib-Dem raddoppierebbero gli attuali seggi arrivando a 134 su 650 e sarebbero quindi essenziali per qualsiasi coalizione di governo, a quel punto necessaria. La formazione di Clegg diventa, così, l’ago della bilancia e potrebbe scegliere con chi allearsi per formare il governo.

L’exploit Lib-Dem da molti è attribuito proprio al carisma del leader del partito, Nick Clegg. Sono tutti pazzi per lui, i sondaggi non mentono: il gradimento personale nei confronti del leader liberaldemocratico è arrivato al 72 % contro il 19% del Tory Cameron e il 18% di Brown. In fatto di popolarità si avanzano addirittura analogie con l’80% dei favori ottenuto da Churchill nel 1945.

A dare un’impennata agli indici di gradimento a suo favore è stato il primo confronto politico "all’americana" made in UK  – un’ora e mezza di show televisivo – di giovedì scorso, durante il quale il quarantatreenne di Chalfont St. Giles ha incantato gli inglesi, stregato le telecamere, adombrando gli avversari e proprio grazie alla sua brillante performance è stato già ribattezzato "Mr. Popularity". 

In una realtà politica in cui di nuovo non c’è molto, né da una parte né dall’altra, e gli aggiustamenti programmatici confondono invece di chiarire, la figura di Clegg ha trovato la giusta luce per risplendere. L’apparizione televisiva gli ha garantito un (mini) effetto Obama, che si sta rivelando potenzialmente rivoluzionario. È riuscito a scippare a David Cameron l’aura di modernità e ha indossato l’abito dell’innovatore, un outsider che dice cose largamente condivise senza etichette già viste o slogan abusati. Durante la prima di tre puntate del Great Debates, incentrata sui temi di politica interna, il Lib-Dem ha tuonato "Voglio diventare primo ministro", criticando i suoi avversari e dando l’impressione di non preoccuparsi troppo con quale dei due potrebbe eventualmente allearsi dopo il voto. "Avete bocciato per anni le proposte del mio partito e adesso mi corteggiate, mi scappa da ridere", è sbottato a un certo punto.

Tim Bale, docente di studi politici all’università del Sussex ha spiegato: "Clegg è riuscito a sfruttare lo scontro tra Brown e Cameron e far passare il messaggio populista che i due principali partiti promettono tanto ma non mantengono niente" spiega. Non che fosse un compito impossibile: "Era piuttosto facile, il leader Tory aveva tutto da perdere dal dibattito e il premier ci arrivava zavorrato dai pregiudizi. Ma Clegg è stato fresco, fluido, ha indovinato il body language (si è mostrato sicuro di sé, ma nello stesso tempo ha giocato in relax, con una scioltezza nei movimenti e un tono di voce rassicurante che lo hanno fatto apparire più vicino all’elettorato) e lo ha fatto meglio di quanto si potesse prevedere". Nel loro manifesto i Lib-Dem hanno promesso il rinnovamento del Paese in quattro mosse: un sistema fiscale più equo, un sistema scolastico più giusto, un’economia più verde e più sostenibile e la riforma del sistema politico. "Se avete sempre guardato ai Liberal Democratici con interesse, pensando ‘hanno le idee giuste’ e domandandovi allo stesso tempo ‘sapranno metterle in pratica?’, la risposta è questo programma. Ne siamo in grado e lo faremo".

Gli ultimi sondaggi aumentano l’ipotesi del cosiddetto hung Parliament, cioè un Parlamento dove nessun partito ha la maggioranza assoluta, fenomeno che in Gran Bretagna non si verifica dal 1974 – e che si risolverebbe in "un gruppo di politici che contrattano tra loro e non decidono", a detta di Cameron, che durante il weekend non ha perso occasione di giocare su questi timori. L’eventuale possibilità ha avuto pesanti ripercussioni sulla sterlina che si è indebolita a causa dei timori che un governo di minoranza possa avere difficoltà a gestire il deficit del Paese che si avvicina al 12% del prodotto interno lordo. 

Ad ogni modo, la partita per Westminster è straordinariamente (ri)aperta. Il prossimo 6 maggio può succedere di tutto, anche una incredibile vittoria della terza forza del Regno. Del resto tutti dicono che il destino di queste elezioni sia nelle mani della televisione e, se il buongiorno si vede dal mattino, l’impossibile potrebbe divenire realtà. Uno scenario che i laburisti tendono a riconoscere mentre i conservatori, presi in contropiede dal boom di popolarità raggiunto da Nick Clegg, negano. Nonostante la performance di giovedì scorso, David Cameron insiste nel dire che la partita "è una corsa a due". Nel frattempo staremo a vedere se Mr. Clegg riuscirà a replicare il successo del primo dibattito anche nei due successivi, incentrati su politica estera ed economia, anche se si mormora che per lui sarà più difficile mantenere un trend positivo soprattutto per le sue posizioni pro-europeiste che fanno storcere il naso a una bella fetta del Paese.