Ucraina, Mogherini congela le sanzioni troppo in fretta
06 Marzo 2014
Il ministro degli esteri Federica Mogherini è convinta che nella vicenda Ucraina strumenti come le sanzioni ai danni della Russia al momento "non sono necessari". L’Europa secondo Mogherini deve dare un "messaggio univoco" sulla crisi in Crimea. In realtà, la Crimea è persa e il messaggio forte e chiaro l’ha fatto arrivare Putin alla Ue.
Putin è un politico che prima di pensare agisce e solo dopo si preoccupa delle eventuali conseguenze. Ha esercitato pressioni di ogni tipo sulla Ucraina, valutando cosa funzionava e cosa no, ha mandato le truppe in Crimea chiedendo al parlamento russo di autorizzarlo, dialoga via Lavrov con la Germania ma intanto ieri abbiamo appreso di forze russe che occupano basi militari ucraine e delle minacce all’inviato Onu.
Ci sono tutta una serie di strumenti di pressione politici e diplomatici che potrebbero dissuaderlo, considerando che la Russia non è più l’Unione Sovietica di una volta ma un Paese con una opinione pubblica in grado di capire ed eventualmente condannare l’avventurismo del suo presidente. Scartare a priori l’ipotesi delle sanzioni, come sembra fare l’Italia e la Ue più in generale, nasce proprio dal fatto che i Paesi europei parlano e dialogano singolarmente con Putin mentre dovrebbero farlo con voce unica (insieme alla Nato) per avvertirlo delle conseguenze di una invasione su più larga scala.
Le conseguenze dovrebbero essere mettere seriamente in discussione la presenza della Russia al G8, minacciare gli interessi e agli asset finanziari di Mosca fuori dalla Russia, porre delle limitazioni ai visti e agli spostamenti dei membri della elite russa in Europa e America. E’ vero che la Russia ha Gazprom e il gas, ma l’Occidente ha ancora una superiorità tecnologica che se mancasse del tutto potrebbe avere delle conseguenze sulla economia russa.
L’obiettivo non dovrebbe essere, insomma, far passare l’idea che la Crimea è persa, ma piuttosto che la comunità internazionale è pronta a impegnarsi per far rispettare i diritti dei russi in Crimea, magari con un continente di caschi blu che protegga tutti gli abitanti della penisola, ritornando allo status speciale precedente: una Crimea con la Sebastopoli fortezza navale russa ma che appartiene a Kiev. Forse misure del genere non basterebbero a fermare Putin ma potrebbero indurlo a ragionare sui costi di lungo periodo di una operazione del genere e sul progressivo isolamento di Mosca.