Ue, Renzi non cede su Mogherini. Alfano: “Non c’è un veto per Italia”
16 Luglio 2014
Il presidente del consiglio Renzi vuol dare battaglia a Bruxelles sulla nomina del nostro attuale ministro degli esteri, Mogherini, alla poltrona degli Affari Esteri. Ma il nuovo presidente della Commissione europea, Juncker, non sembra altrettanto convinto. Sarebbero infatti una decina i Paesi che remano contro il ministro italiano, in particolare il blocco della Europa Orientale.
Nelle ultime ore, Renzi ha parlato con la cancelliera tedesca Angela Merkel, con il presidente francese Francoise Hollande e con il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy. In lizza, oltre al candidato italiano, che secondo Sandro Gozi gode dell’appoggio dei socialisti europei, ci sono il polacco Sikorski e la bulgara Kristalina Georgieva, tutti e due del Ppe. Non è chiaro se la poltrona della politica estera della Ue sia un motivo di orgoglio o di rassegnazione per chi vi siede, considerando quanto questo tema sia ancora saldamente in mano alle cancellerie dei diversi Paesi europei, ma non si può che tifare per un italiano alla guida del "dicastero" di Bruxelles se ragioniamo in termini di interesse nazionale.
E però va interpretata la reazione delle ultime ore da parte delle cancellerie della Europa Orientale rispetto alla ipotesi di un commissario italiano. Preoccupata per il revancismo di Putin, L’Europa che va dal Gruppo di Visegrad al Corridoio di Itamar ha sempre messo in guardia l’Europa da una riappacificazione della Ue con la Russia. L’Italia ha voluto e continua a dare credito a Putin nella speranza che la Russia rimanga nel concerto delle potenze internazionali e non declini verso un nostalgico quanto pericoloso neo espansionismo, che la isolerebbe come si e’ già visto negli ultimi mesi.
Nei giorni scorsi il presidente Napolitano ha pronunciato parole chiare su questo punto: non bisogna lasciare nulla di intentato per riportare Mosca verso l’Occidente. Ma i partner dell’Europa orientale hanno un peso determinante nella Ue allargata: la maledizione della politica estera europea, la babele che impedisce di parlare con una sola voce coerente, sembra insomma destinata a riproporsi.