Ultima chiamata per il PD che si avvia al capolinea

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Ultima chiamata per il PD che si avvia al capolinea

25 Ottobre 2011

di M.A.

In un partito lacerato ed ancora tramortito dall’esito delle scorse elezioni amministrative, un gruppo di giovani volenterosi, capitanati da due veterani come Umberto Ranieri ed Alfredo Mazzei, si sono dati appuntamento all’Hotel Oriente per presentare le loro proposte di cambiamento e rilancio del partito. O si cambia o si muore. Questa la conclusione a cui si è giunti al termine della presentazione del “Manifesto per il PD che vogliamo”, animato dai giovani di "Prossima fermata Italia", il gruppo che fa riferimento a livello nazionale a Pippo Civati e guidato localmente dall’ex consigliere comunale Francesco Nicodemo.

Reduci dalla manifestazione di Bologna, i rottamatori napoletani hanno elencato, in una serie di interventi fortemente autocritici e duri nei confronti dei vertici nazionali del partito, le loro idee per dare nuova linfa ad un partito morente, travolto da scandali e dalla cattiva amministrazione che ne hanno contraddistinto la recente storia. Un’iniziativa volta «a chiudere definitivamente i conti con il passato, superare  la vergogna delle primarie e andare oltre una lunga esperienza di governo giudicata negativamente dal corpo elettorale e di cui ci assumiamo la responsabilità», come si può leggere nel documentato redatto.

Nel giro di pochi anni, il centrosinistra campano è passato dalla guida della Regione Campania, del Comune di Napoli e di quattro Province su cinque all’opposizione. Le uniche isole felici restano la Provincia di Benevento e la città di Salerno, dove il sindaco De Luca ha deciso di ricandidarsi alla scorsa tornata amministrativa con un raggruppamento di liste civiche, rinunciando al simbolo del suo partito.

Una situazione che, paradossalmente, riguarda l’intero Meridione. Dal Lazio alla Sicilia, con l’eccezione della Basilicata, il PD non governa in nessuna Regione o grande città. L’unica che regge è Bari, dove il protagonismo del sindaco Emiliano, dopo la bruciante sconfitta per il rinnovo dei vertici dell’Anci, crea più di qualche turbamento a Bersani e compagnia.

Nicodemo è stato netto, ricordando come «il buco della sanità in Puglia, i rifiuti in Campania, i forestali in Calabria sono tutti disastri del centrosinistra. Non di Berlusconi», dimostrando una onestà intellettuale assente nelle analisi auto-assolutorie finora prodotte. Il lungo ventennio di governo in Campania si è concluso amaramente con la clamorosa sconfitta per l’elezione del sindaco di Napoli, una ferita ancora aperta i cui strascichi restano ancora vivi.

Il manifesto di presentazione della convention recitava “Sobrietà. Trasparenza. Rigore. Democrazia”, parole chiave che rimandano alla triste pagina delle primarie dello scorso gennaio. Di fronte alle indagini della Dda sulle infiltrazioni della camorra volte ad orientare l’esito della consultazione popolare, un colpo di spugna al fine di archiviare quella indegna vicenda rappresenterebbe un errore strategico da parte di coloro che vogliono ricostruire l’esperienza democratica su nuove basi.

L’atteggiamento pilatesco della dirigenza nazionale, a sua volta, non aiuta a chiarire il quadro. Alla luce dell’esito elettorale, trapelava ieri in sala un sincero malessere soprattutto nei confronti di Bersani, colpevole di non aver esercitato la propria leadership in occasione delle primarie, invitando Cozzolino, protagonista indiscusso della stagione bassoliniana ed al quale era stato già dato il salvacondotto dell’Europarlamento, a desistere dal presentare la propria candidatura in favore del Responsabile per il Mezzogiorno del PD, ossia il padrone di casa Umberto Ranieri. Con un partito non delegittimato ed una leadership seria come quella del nuovo presidente del think tank Mezzogiorno-Europa,la partita con Lettieri poteva avere un esito differente.

La storia è nota. Ed oggi, quel De Magistris, paradossalmente un prodotto dell’imperizia del segretario nazionale, sta speculando cinicamente su quella situazione. In modo scientifico, punta all’annientamento ed al fagocitamento dei democratici campani, ridotti ormai all’osso. Il suo movimentismo e le scelte recenti appaiono indirizzate a fare tabula rasa di quel che resta del PD ed insediare, in vista della costituzione del suo nuovo movimento, quelle sacche di elettorato che restano fedeli al progetto democratico.

Di fronte ad un’insidia che viene da sinistra, dal lato destro, invece, appare forte l’attrazione che un partito come l’Udc sembra esercitare sulla componente moderata dei democratici. Il rinnovato protagonismo di un ex esponente del PD, ossia l’assessore Pasquale Sommese, sta orientando molti esponenti locali a volgere lo sguardo verso il partito di Casini. E’ notizia recente che ben due consiglieri provinciali di Napoli sono passati dal Pd all’Udc, e numerosi altri esponenti locali di un certo rilievo, ossia sindaci quotati ed eletti con plebisciti, stiano per fare lo stesso passaggio.

Come uscirne? La soluzione non appare facile. Il volenteroso contributo fornito da queste giovani leve lancia un sasso nello stagno, a patto che il loro grido di allarme non resti inascoltato. Tuttavia, considerata la strutturazione del partito a livello provinciale, appare quasi certo che i dieci punti da loro presentati resteranno lettera morta. Il primo banco di prova è rappresentato dalle scelte per le prossime amministrative, dove sono chiamati al voto alcuni comuni di media importanza, nonché l’elezione del nuovo coordinatore provinciale. Vedremo allora se il PD sarà stato in grado di liberarsi di numerose scorie ed aver messo in campo un progetto riformista credibile, volto ad arginare il populismo dilagante che potrebbe travolgerlo definitivamente.