Ultimo atto dell’eterna contesa tra Baffino e Veltroni sull’Unità

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Ultimo atto dell’eterna contesa tra Baffino e Veltroni sull’Unità

30 Ottobre 2007

Non ci voleva un profeta per prevedere che l’eterna lotta
D’Alema–Veltroni non finiva  con
l’incoronazione di quest’ultimo da parte del popolo delle primarie. Baffino è
stato un po’ in silenzio, ma, tutto appartato, preparava il colpaccio. Chiedeva
ai suoi vecchi amici Angelucci, i proprietari di “Libero” e del “Riformista”,
di comprargli “L’Unità” scippandola a Veltroni.

Il sindaco di Roma ha sempre spadroneggiato nel quotidiano
fondato da Antonio Gramsci: da quando si insediò nel 1992 come direttore. Lui a
dire che aveva salvato “L’Unità” a botte di figurine “Panini” e D’Alema
costretto nel 1997 a mettere nero su bianco lo stato comatoso del quotidiano:
“Così –annunciò durante la calura estiva – non si va più avanti”. Baffino in
quel caso diceva la verità ed era costretto a dirla con l’acqua alla gola,
mentre il suo compagno – concorrente aveva cantato e fatto cantare le lodi
della sua direzione, fornendo cifre lusinghiere di vendite e di bilancio. Ma le
cose non stavano così.  In realtà nei
quattro anni di veltronismo impazzante le vendite non erano cresciute, mentre
erano lievitati i costi. Nonostante il “profondo rosso” in cui si ritrovava
“L’Unità”,  Walterino era l’idolo della
redazione, dei militanti, dei giornalisti in genere, nel ruolo di salvatore,
mentre D’Alema passava per l’affossatore. Genialità veltronica.

Al povero Baffino non furono risparmiati altri brutti
scherzi. Dopo aver dovuto assistere al trionfo di Walter, gli toccò anche di
pagare i debiti fatti da lui se non voleva che il giornale chiudesse subito i
battenti. Ricorse anche allora ai vecchi amici Angelucci, che misero mano al
portafoglio e tirarono fuori qualche decina di miliardi di vecchie lire. Non
bastarono. Dopo una grama sopravvivenza di tre anni, il quotidiano di via Due
Macelli (allora aveva ancora una sede piuttosto bella, a tre passi da Piazza di
Spagna) arrivò al capolinea. Era il 2000 e segretario dei Ds era Veltroni, ma
chi si trovò in redazione in un clima d’inferno il giorno in cui venne
annunciato a 150 giornalisti che potevano cortesemente accomodarsi a casa
perché il loro giornale cessava le pubblicazioni? Non ci crederete ma c’era Baffino.
L’eroe delle figurine “Panini” era uccel di bosco. Riapparve però otto mesi
dopo quando il quotidiano fondato da Gramsci riaprì i battenti. Direttore era
Furio Colombo, amico, sodale e chi più ne ha più ne metta di Veltroni. D’Alema
masticò ancora una volta amaro. Lui a gestire i momenti difficili e l’altro a
godersi il riscatto.

Ma Massimo D’Alema è uno che se la lega al dito e, appena ha
potuto, viste anche le nuove difficoltà della vecchia e gloriosa “Unità”, ha menato
il fendente: ha chiamato i vecchi amici Angelucci e gli ha chiesto di comprarlo.
L’affare sembra ormai fatto: l’Unità finirà nelle sue mani. La redazione, da
sempre amica di Walterino, protesta. Il direttore sente la poltrona sfuggirgli.
Madame Verdurin, editorialista principe, freme di sdegno.

Una facile profezia: la storia non finisce qui. La partita
continua, anche se questa mano l’ha vinta Baffino. Intanto il vecchio e glorioso
quotidiano langue, e non da ora.