Ultimo avviso a Fini (e non solo) sulle correnti prima della resa dei conti

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Ultimo avviso a Fini (e non solo) sulle correnti prima della resa dei conti

07 Luglio 2010

Ultima chiamata per Gianfranco Fini (e non solo), prima dello show down. Dopo aver chiuso il caso Brancher e blindato la manovra col voto di fiducia, il Cav. cala il suo asso su due tavoli: Pdl e intercettazioni. La terza mossa in tre giorni, prima di riunire lo stato maggiore del partito (oggi) e tracciare la linea definitiva.

La nota che il premier fa uscire dopo la riunione alla quale chiama solo i forzisti (assenti Gasparri e La Russa che smentiscono l’idea di una mancata convocazione) , dice chiaro che il timing è scattato e indietro non si torna, ma dà anche la sensazione che il premier non voglia farsi condizionare dai veti incrociati degli aennini ormai in guerra tra loro da più di un anno. Il monito di Berlusconi vale per Fini ma anche per chi, tra i suoi, pensa di "correntizzare" il Pdl.

Nero su bianco il messaggio suona così: il partito è nato come movimento popolare, espressione diretta degli elettori, con l’obiettivo di tenere insieme e amalgamare tutte le tradizioni politiche del centrodestra, archiviando una volta per tutte la partitocrazia e la vecchia logica delle correnti, da qualunque parte provengano.

Un richiamo che Berlusconi usa parlando a nuora (Fi) perché suocera intenda (Fini) quando conferma l’intenzione di mettere al bando tutte quelle fondazioni spuntate come funghi e che possono diventare uno strumento di lotta di potere: dall’ultima nata per iniziativa di Frattini e Gelmini (la dichiarazione congiunta nella quale si afferma che Berlusconi ha dato il suo ok alla nascita di "Liberamente" appare in realtà una excusatio non petita) a quelle che ruotano attorno alla corrente finiana (Farefuturo e Generazione Italia).

Il concetto è sempre lo stesso: il confronto di idee si fa dentro il recinto del partito e negli organismi previsti dallo statuto; chi pensa di usare associazioni o raggruppamenti per intraprendere percorsi paralleli o scalate alla leadership, si mette automaticamente fuori dal partito. Più ultimatum di così, nel giorno in cui i finiani mantengono alto il livello di tensione interna ribadendo che di lasciare il Pdl non hanno alcuna intenzione e il presidente della Camera rilancia l’ennesimo distinguo sul ddl intercettazioni sostenendo che la libertà di stampa non è mai sufficiente.

Per alcuni dirigenti Pdl si tratta di un "elogio a prescindere" che non serve e anzi, complica le cose nella fase più delicata del provvedimento, dopo i segnali di apertura verso il Quirinale sulle modifiche al testo. Ma c’è anche chi lo legge come uno schierarsi "per partito preso" nella logica della contrapposizione quotidiana e permanente che i fedelissimi dell’inquilino di Montecitorio ormai hanno scelto come mission.

Lo si comprende anche dalle due immagini a tema che raccontano la giornata politica di ieri: da un lato Fini a dire giù le mani alla libertà di stampa perché "un grande Paese democratico ha bisogno di un’informazione forte, libera e autorevole e in un grande Paese democratico la libertà di stampa non è mai sufficiente”.

Un monito che alla vigilia della giornata di silenzio dell’informazione (9 luglio) ai piani alti del Pdl è sembrato un nuovo affondo contro il Cav.,  come pure la stoccata sulla manovra quando il presidente della Camera partecipando alla presentazione annuale della relazione dell’Agcom dichiara che "non abbiamo bisogno di politiche di tagli drastici all’editoria, ma semmai di un accorto lavoro che selezioni gli strumenti più appropriati di sostegno pubblico e bandisca ogni forma di intervento clientelare”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dell’Authority  Calabrò che considera la libertà d’informazione "forse superiore ad altre costituzionalmente protette, e come tale va difesa da ogni tentativo di compressione".

Dall’altro lato, il convegno dell’associazione "Viene prima l’articolo 15" alla quale partecipano Quagliariello, Gasparri, Cicchitto e Brunetta nel quale si ribadisce che il punto centrale è "la dignità della persona rispetto alle esigenze dello Stato" e che l’obiettivo della legge è trovare il punto di equilibrio migliore tra questo principio "inviolabile", l’attività investigativa dei magistrati e quella di informazione dei giornalisti.

Concetto ripreso dal vicepresidente dei senatori Pdl quando ricorda che "al Senato, rispetto al testo della Camera, è stato spostato il cursore del ddl sulle intercettazioni verso il diritto alle indagini più che verso il diritto alla riservatezza, e non capisco perché un testo che era stato benedetto alla Camera anche dai suoi vertici prima delle modifiche, sia considerato ora un testo indigesto. Chi ritiene che il garantismo sia in contrasto con la legalità, si prende una grave responsabilità, perché garantismo e legalità non sono in contrasto ma sono complementari”.

Messaggio neanche troppo indiretto a Fini al quale segue quello di Cicchitto che gli ricorda che "il Pdl è il partito garantista per eccellenza e chi non conosce questa opzione, non conosce la natura stessa del Pdl. Chi non condivide questo, non capisco su che basi abbia aderito al Pdl". Scintille a distanza.

Ma nella nota di Berlusconi c’è il succo del discorso: il Pdl è nato per unire e non per dividere, lo sappiano gli ex azzurri ma anche l’inquilino di Montecitorio. Oggi si saprà se tra i due co-fondatori del Pdl si andrà a un accordo blindato di legislatura oppure alla resa dei conti. Definitiva.