Un Berlusconi diplomatico rassicura il Colle e media con Bossi

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Un Berlusconi diplomatico rassicura il Colle e media con Bossi

18 Luglio 2011

Mercati di nuovo giù. Milano fanalino di coda delle Borse europee, chiude con una perdita del 3 per cento. Nuovo spread tra bund tedeschi e Btp. La manovra varata a tempo di record e la reazione positiva delle banche di casa nostra agli stress test non sono bastati per riportare il sereno nell’area euro. Istantanea di un’altra giornata col fiato corto, sul tavolo del Quirinale nel faccia a faccia tra Napolitano e Berlusconi. Crisi finanziaria e rimpasto di governo i temi in agenda. Poi cena ad Arcore con Bossi a menù fisso: mediazione sul caso Papa. Tutto nel giorno in cui dal ministero del Tesoro esce Manuela Bravi, portavoce di Tremonti e compagna di Milanese, ex collaboratore del ministro e deputato Pdl coinvolto nell’inchiesta sulla P4. Clima rovente.   

E’ un Berlusconi diplomatico quello che sale al Colle insieme a Gianni Letta. Un’ora con Napolitano per analizzare la reazione dei mercati al varo della manovra di correzione sui conti pubblici divenuta legge in 48 ore, così come chiedeva l’Europa, per arginare il pressing degli speculatori internazionali concentrati sull’intero sistema economico-finanziario del Vecchio Continente. Il messaggio che il Cav. consegna al capo dello Stato è all’insegna dell’ottimismo nonostante la consapevolezza del momento delicato a livello internazionale e il ‘mirino’ delle ‘locuste’ ancora puntato sull’Italia. Nelle file della maggioranza non si esclude la possibilità di potenziare le misure economiche appena varate e tuttavia, Berlusconi rassicura Napolitano sul fatto che il governo è saldo, la maggioranza compatta e l’alleanza con Bossi tiene.

Insomma, ci sono tutte le condizioni per andare avanti e portare la legislatura a scadenza naturale. Quello che, secondo le letture di alcuni parlamentari pidiellini, da oggi in poi cambierà è il metodo. O almeno è l’auspicio. Nel senso che il premier sa che in un quadro economico così complesso, è importante conservare quello spirito di coesione nazionale che maggioranza e opposizione hanno dimostrato in Parlamento. Ed è su questa strada che il Cav. ha intenzione di impostare il lavoro, come peraltro sollecitato dallo stesso Napolitano.

Alle buone intenzioni, però, non sembrano corrispondere i fatti perché anche oggi dall’opposizione è stata tutta una ricorsa a chi chiedeva per primo le dimissioni del premier. Della serie: se approvare in tempi rapidi la finanziaria serviva a mandare un segnale forte e chiaro all’Europa, l’opposizione non pare orientata a fare da portare di acqua al mulino del governo. In pole position Casini che non ritiene il premier più credibile sulla scena estera e torna a invocarne un passo indietro per far posto a un governo che oggi ribattezza “di unità nazionale” (dopo averlo chiamato di responsabilità nazionale, istituzionale, di transizione).

Il centrodestra rispedisce l’invito al mittente, forte anche dei numeri che ha in Parlamento. Ma serve comunque un segnale al Paese. E il segnale di oggi riguarda uno dei tempi più spinosi di questi giorni che ha suscitato polemiche di fuoco dopo il varo della manovra, specie nell’opinione pubblica (basta farsi un giro sui blog e i siti, pure tra gli elettori del centrodestra): i costi della politica. Un’accelerazione sull’iter della riforma costituzionale già nell’agenda di governo e il tema domani sarà sul tavolo del vertice che precede il Consiglio dei ministri. Il ‘pacchetto’ firmato Calderoli-Bossi prevede il dimezzamento del numero dei parlamentari (con la proposta di pagarli in base alle presenze in Aula, l’abbassamento dell’età per entrare in Parlamento, lo stop al voto all’estero solo per citare alcuni aspetti), il rafforzamento dei poteri del premier e l’istituzione del Senato federale.

Eppure tra Pdl e Lega resta un nodo da sciogliere e anche qui Berlusconi dovrà usare il metro della mediazione e della diplomazia: il caso Papa. Dopo aver cambiato idea tre volte in tre giorni, il Senatur è tornato ad annunciare il voto favorevole all’arresto del deputato Pdl. Per Berlusconi quel ‘sì’ non va formalizzato perché si creerebbe un ‘effetto a catena’ con le procure incoraggiate a inviare dossier a Montecitorio, prevaricando così le prerogative parlamentari. In sostanza, il Cav. teme (e ha già denunciato) un nuovo clima da Tangentopoli.

Non è una questione da poco, perché dopo Papa, la Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio dovrà occuparsi del caso Milanese. Bossi ha dalla sua il problema di evitare che il partito già diviso tra ‘garantisti’ (i deputati filo-berlusconiani che fanno riferimento al capogruppo Reguzzoni, fedelissimo esponente del ‘cerchio magico’) e ‘oltranzisti (i maroniani, oltretutto in maggioranza nel gruppo parlamentare) dopodomani arrivi in Aula e si frantumi sul voto. E’ possibile che la formula dello scrutinio segreto, ancora da decidere, alla fine possa salvare capra e cavoli (leghisti), ma non è certo scontato né automatico.

Se l’orientamento del Carroccio su Papa è per il ‘sì’ alle manette, non è altrettanto per Milanese sul quale il Senatur si mantiene molto più vago: “Una cosa alla volta, valuteremo”. Il motivo è evidente: Milanese era l’uomo di Tremonti, ministro che “non si tocca”, ha tuonato l’altroieri il Senatur  facendo intendere che il filo tra i due si sia in qualche modo riannodato. Un fatto del quale il premier non può non tenere conto. Come? Secondo alcuni deputati del centrodestra, sterlizzando il braccio di ferro col titolare di via XX Settembre. Vedremo in Aula cosa succederà. Eppoi c’è da affrontare la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione nei confronti del ministro Romano, rinviato a giudizio. Intanto il Pdl serra i ranghi e Cicchitto con una raffica di sms raccomanda per mercoledì la ‘presenza obbligatoria’ ai suoi deputati.

C’è infine un altro tema che il Cav. avrebbe affrontato nel faccia a faccia con Napolitano: l’ipotesi di mettere mano alla compagine di governo per riempire la casella del Guardasigilli dopo l’elezione di Alfano a segretario del Pdl e le dimissioni già annunciate (domani farà il suo ingresso a via dell’Umiltà, mercoledì vedrà i coordinatori regionali a Palazzo Grazioli insieme al presidente del partito). Un’idea alla quale il Cav. sta lavorando da giorni e che in base ai rumors di Palazzo sarebbe circoscritta al dicastero di via Arenula o al massimo potrebbe riguardare anche la poltrona di Ronchi (politiche comunitarie) ormai vacante da mesi. Ma niente di più.

Nella ridda di nomi sul toto-ministro, sembrerebbe complicarsi quella che fino a qualche giorno fa sembrava la soluzione più a portata di mano: il trasferimento di Brunetta dalla Funzione Pubblica alla Giustizia. Complessa nel senso che comporterebbe inevitabilmente un giro di poltrone che in questo momento nelle file della maggioranza non viene considerata cosa opportuna, sia per il delicato momento internazionale sia perché come sempre accade, potrebbe essere foriera di fibrillazioni all’interno della compagine di governo. Considerazioni tra Berlusconi e Napolitano che al Cav. avrebbe chiesto ed ottenuto garanzie sulla stabilità dell’esecutivo. A questo punto, è possibile che la situazione resti com’è ancora per qualche settimana.

Scenario interno e internazionale con in mezzo l’appuntamento strategico di giovedì: il vertice dei leader europei. Timing serrato per il Cav. che deve trovare più di una ‘quadra’.