Un Cav. che non ti aspetti: silenzioso e prudente

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Un Cav. che non ti aspetti: silenzioso e prudente

14 Luglio 2011

Che fine ha fatto Berlusconi? Perché non si fa vedere? Perché non parla come e quanto ha sempre fatto? Perché affida le uniche parole in questi giorni così tribolati solo all’ufficialità di una nota di Palazzo Chigi? E ancora: perché continua a disdire appuntamenti pubblici, conferenze stampa, vertici bilaterali (come quello di oggi a Belgrado) rinunciando perfino alla cerimonia funebre del militare ucciso in Afghanistan? E’ il tormentone del momento, l’interrogativo che più di altri o forse come tanti altri, rimbalza nei corridoi di Camera e Senato.

E’ un Berlusconi che sceglie il low profile, al quale di sicuro in tutti questi anni non ci aveva abituato. Niente contatti coi giornalisti, lui che invece si è sempre concesso a taccuini e microfoni, lui che non ha mai lesinato dichiarazioni, battute, barzellette. Unica variazione sul tema – quello del silenzio – la nota di martedì con la quale invoca unità e coesione e rassicura sulla solidità del nostro sistema bancario. Per questo il livello di attenzione sul suo non dire pubblico sale e fa salire il borsino delle congetture, delle ipotesi. Anche ieri il Cav. è rimasto a Palazzo Grazioli, centellinando visite e conversazioni coi suoi.

C’è chi nella maggioranza legge tutto ciò come una strategia improntata alla prudenza e al senso di responsabilità in una fase tanto delicata, con la manovra che dopo l’ok del Senato oggi è attesa alla prova d’Aula di Montecitorio (voto di fiducia), con gli occhi dell’Europa e gli interessi degli speculatori puntati sull’Italia. Prudenza sì, ma anche amarezza. La sentenza sul Lodo Mondadori, anzitutto, ha pesato sulla scelta di non commentare anche se questo non significa incassare il colpo passivamente. Del resto, qualsiasi commento, qualsiasi parola avesse pronunciato sarebbe stata letta in ogni modo fuorchè, forse, in quello autentico. E da questo punto di vista il ricorso alla nota ufficiale di Palazzo Chigi (prassi non certo consueta per uno come Berlusconi) è sembrata una scelta di responsabilità. C’è poi il capitolo manovra sul quale probabilmente il Cav. sul piano comunicativo ha pagato il fio di cedere il passo e la ribalta mediatica a Napolitano (che pure ieri da Zagabria ha definito un miracolo che la manovra dopo il sì di Palazzo Madama sia già a Montecitorio, e vaticinato che ci saranno altri momenti da qui in poi in cui ci sarà bisogno di coesione nazionale).

Ma lo stare dietro le quinte non vuol dire disinteresse o chissà quale altra dietrologia. “Il premier ha seguito passo passo l’intera vicenda, restando in collegamento costante coi capigruppo in Parlamento e dietro la strategia sulla manovra c’è sempre stato lui” spiega un autorevole esponente del Pdl vicino al Cav., che non a caso si sofferma su un aspetto:  è normale che un uomo di Stato comunichi con le parole ma anche con i silenzi, soprattutto in determinati momenti in cui il Paese è esposto all’assalto di speculatori internazionali ed è incredibile che chi lo ha sempre accusato di parlare troppo e a sproposito – è il ragionamento – oggi si stupisca del suo silenzio, non rendendosi conto che per un attimo a essere messa in gioco c’era l’Italia. Come a dire: questo silenzio non è assenza.

Oggi Berlusconi sarà alla Camera per il voto sulla manovra, ragion per cui ha annullato il viaggio a Belgrado ed è probabile che dopo il varo del provvedimento si riprenda la scena, mediatica e politica. Ma per quanto atteso, non è scontato, né automatico. Sull’umore del premier pesa anche tutto il baillame che si è creato – in buona parte grazie alla grancassa di Bersani & C. – su ipotesi di governi alternativi o tecnici, idea che Berlusconi respinge al mittente inviando messaggi in codice che suonano un unico spartito: non ho alcuna intenzione di farmi da parte. E in quest’ottica alcuni berlusconiani doc ieri in Transatlantico sostenevano un’interpretazione: Berlusconi sta lavorando già alla prossima settimana quando ci sarà da vedere la reazione delle Borse e dei mercati al varo della manovra e quando ci sarà da ragionare sulle caselle del governo – e relativa tempistica – da rimettere a posto dopo la partenza di Alfano da via Arenula.

C’è chi ritiene che il Guardasigilli, come annunciato, la prossima settimana formalizzi le dimissioni per dedicarsi interamente al partito, mentre altri parlamentari non escludono che se ne possa riparlare tra settembre e ottobre. E proprio sul ministero di Grazia e Giustizia impazza il toto-nomine: dopo i nomi di Maurizio Lupi, Fabrizio Cicchitto (entrambi avrebbero declinato l’invito) e del magistrato Carlo Nordio (idem), in pole position ora balza quello di Renato Brunetta, pronto a passare il testimone della Funzione Pubblica alla deputata Anna Maria Bernini. Voci, per ora. Che si rincorrono e si autoalimentano nel ‘vuoto’ che il Cav. da una settimana ha creato nel dibattito politico.

Al netto delle strategie, è ora che Berlusconi torni a parlare con le parole e non solo coi silenzi, per dire ciò che è successo in questa settimana: che il Paese ha rischiato grosso, che il governo ha messo in sicurezza i conti dello Stato, consolidato la sua credibilità sulla scena internazionale con una manovra che nel 2014 porterà al pareggio di bilancio, che nel decreto non c’è solo rigore ma anche crescita, che ora tutto è sotto controllo. E soprattutto che la sintesi politica e parlamentare di questi giorni è lui.