Un classico: prima stagionale al mare senza protezione

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Un classico: prima stagionale al mare senza protezione

10 Agosto 2008

Apro gli occhi di soprassalto pensando di essere in guerra, e mi rendo conto, dopo un istante che mi trovo nel letto della villa in Sardegna, e che fuori dalla finestra c’è il mare.

Subito un sorriso mi si apre sulla faccia.

Accanto a me Giovanni sta russando con la stessa intensità di un trattore da fieno, e questo forse spiega la sensazione guerrafondaia.

Devo cercare un internet point, è urgente.

Mi cambio, mi lavo, e scendo. Non si è ancora svegliato nessuno, sono costretto a uscire a piedi.

Il sole già scotta, e il paese è molto più lontano di quanto non sembrasse in macchina. Comincio a sudare come se avessi aperto al massimo il rubinetto dei pori, e quando arrivo nella parte abitata sto ormai grondando.

Mi faccio indicare un internet point, ce n’è uno poco distante.

Finalmente arrivo. Quando entro però l’aria condizionata è così forte che sento il sudore gelarmisi addosso, e ho come l’impressione che si stiano formando delle piccole stalattiti in alcuni punti.

Mi faccio dire la tariffa dal ragazzo alla cassa, che è altina, e comincio a cercare notizie.

Le olimpiadi la fanno ancora da padrone su tutti i siti: continuano polemiche politiche, minacce terroristiche e tutto il resto, non c’è pace. L’Italia però ha vinto tre a zero contro l’Honduras! Ovviamente ha segnato Giovinco… Cavolo ma non se lo poteva prendere la Roma!

Cerco qualcosa per il trafiletto.

No! Ancora Del Turco! Ora lo scarcerano! Non ci credo… Cavolo mi ci sto appassionando a questa soap opera: richiesta di arresti domiciliari al posto di quelli in carcere, per lui e per tutti quelli arrestati nell’ambito della inchiesta della procura di Pescara sulle presunte tangenti nella sanità abruzzese. Adesso sono diventate presunte!

Controllo il cellulare e mi rendo conto di essermi assentato già da due ore, e ancora non mi ha telefonato nessuno.

Speravo che qualcuno mi chiamasse e mi venisse a prendere, ma niente. Mi incammino verso casa, questa volta in salita e col sole di mezzogiorno.

Dopo cento metri sento che non ce la posso fare, e che mi stanno per venire le allucinazioni.

Più vado avanti più sono convinto che svenirò da un momento all’altro.

Quando arrivo su e sono ormai un uomo finito, senza futuro e senza possibilità di sopravvivenza nell’avvenire, mi squilla il cellulare. È Giovanni.

“Pronto?”. “Oi Mario ma dove sei?”.

“Sulla salita di casa”.

“Ma sei a piedi?”. “Sì”. “Ma che ti ha dato di volta il cervello? Dove sei che ti vengo a prendere”. Poco dopo ho suonato il citofono.

Quando sono rientrato mi hanno guardato tutti allibiti: “Mariuccio ti senti bene?”.

Effettivamente tanto bene non mi sentivo, me le meritavo un po’ di coccole.

Andiamo al mare, in una cala sulla quale si era informato Gigi, e appena arriviamo rimaniamo senza fiato: l’acqua era limpidissima, e lo scenario iper suggestivo. Ci facciamo il bagno con lo stesso entusiasmo con cui i bambini andrebbero sulle montagne russe, poi mi faccio prestare la maschera e il tubo da Gigi, e comincio a setacciare tutta la cala.

Guardare sott’acqua è stupendo, completamente un’altra dimensione. Ci sono granchi sugli scogli, ricci, e tantissime piante che si muovono al ritmo reggae del mare.

Mentre nuoto estasiato da ciò che vedo mi giro di scatto per seguire con gli occhi un pesce lontano, e me ne trovo uno enorme davanti agli occhi.

Mi prende uno spavento e grido. Solo che sono sott’acqua e ovviamente bevo. Anche il tubo si riempie d’acqua, e quando mi ci riattacco per respirare continuo a bere strozzandomi ulteriormente.

Metto di fretta la testa fuori dal mare e respiro aria a pieni polmoni, con la sensazione che con un secondo in meno non ce l’avrei fatta. Mi aggrappo a uno scoglio e ci salgo sopra.

Mi sono allontanato parecchio dalla riva, e per fortuna i miei amici non hanno visto questa scena pietosa.

Quando mi sento meglio ricomincio il tour con la maschera.

Resto in acqua quasi tutto il pomeriggio.

Quando esco sento la schiena che mi brucia come se avessi un forno aperto a due centimetri dalle spalle. “Mario ma non ti sei messo neanche un po’ di protezione?” mi chiede Roberta.

“Mamma mia quanto sei rosso! Ma sei matto! Non li vedi i telegiornali!" dice Marta.

Quando mi asciugo completamente e la freschezza dell’acqua non allevia più la sensazione di bruciore sento che sto letteralmente andando a fuoco.

Decidiamo di tornare a casa, soprattutto per salvaguardare la mia salute, e quando è il mio turno in doccia non riesco a lavarmi: anche l’acqua fredda quando mi passa sulla schiena sembra una colata di lava.

Più passa il tempo e più sono paralizzato: mi danno fastidio anche le braccia sui fianchi, e cerco di tenerle il più aperte possibile. Gli altri quando mi guardano non possono fare a meno di ridere.

“Vieni Mariuccio, ti metto una crema doposole miracolosa” mi dice Marta.

Mi sdraio sul letto e sento le sue mani bellissime carezzarmi con una sensualità incredibile, accompagnate da una sensazione di fresco che si propaga istantaneamente per tutto il corpo.

“Grazie Marta” le dico.

“Scemo! Domani compriamo la protezione totale!”.

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