Un ex giovane si interroga sulla stupidità delle nuove generazioni

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Un ex giovane si interroga sulla stupidità delle nuove generazioni

07 Febbraio 2007

hussein.jpgCorrerò un rischio. Quello di essere etichettato da qualche lettore come una cassandra, come un cupo pessimista ed un pessimo cristiano, che troppo poco si affida alla Grazia risanatrice dello Spirito Santo. Chiederò perdono (…sperando nell’assenza di microspie in confessionale!…) di questa mia paura. Ma ammetto che è un sentimento che provo molto forte, e che viaggia unito ad un altrettanto forte senso di responsabilità .

Non ho nemmeno quarant’anni, e mio figlio il prossimo venerdì festeggerà il suo primo anno da ospite di questa terra (…auguri Giovanni!).

Dagli organi di informazione frequentati negli ultimi giorni leggo:
su quindici persone arrestate come possibili colpevoli dell’omicidio dell’ispettore capo Raciti a Catania, nove sono minorenni. Erano tutti allo stadio per una partita di calcio, la più attesa della stagione: il derby col Palermo.
Nelle Marche, due minorenni si sono fatti filmare nella loro aula scolastica da un terzo compagno con un videofonino mentre erano impegnati in un atto di sesso orale. Alla domanda rivolta alla ragazza “perchè l’hai fatto?” non è stata trovata una risposta migliore di “me lo hanno chiesto“.
A Riccione, un trentenne accoltella a morte la vicina di casa perchè i suoi due cani fanno troppo rumore abbaiando.
A Perugia un ventitreenne dopo una serata in un locale ruba un auto, forza un posto di blocco cercando di investire due carabinieri e poi viene ucciso da un colpo sparato dalle forze dell’ordine.
A Cremona uno spacciatore trentenne è in fin di vita dopo che è stato colpito da tre colpi di pistola sparatigli da un giovane il quale gli imputava di avergli venduto droga non di primaria qualità .

Mi fermo, ma potrei continuare ancora.
Non appartengo ad una generazione talmente slegata dal presente da non potermi mettere nei panni dei protagonisti delle vicende qui sopra descritte!
Allo stadio ci sono andato per quindici anni, frequentando la “curva” interista (non proprio delle beghine) ma senza mai eccedere oltre i limiti della legge, del buon senso, e del mio istinto di sopravvivenza.
Ho tentato innumerevoli volte di avere dalle mie coetanee del sesso “take-away” tramite una semplice richiesta orale (…guardacaso), ma nel migliore dei casi venivo reindirizzato a mia sorella, per l’espletamento dell’incombenza.

Ebbi per un paio d’anni un vicino di cortile con un cane molesto, ma il mio unico oltraggio fu nei confronti del buon Dio, per la valanga di bestemmie che scagliai contro quel dannato quadrupede. Ho terminato molte serate in preda ai fumi dell’alcool, ma senza mai cercare di rubare automobili o investire carabinieri.
E se avessi dovuto sparare ad ogni “pusher” che mi ha venduto erba scadente, ora Pol Pot sarebbe ricordato come un angioletto, ai miei confronti.

Ripeto, non sono passati dei decenni da quando io ero giovane e stupido. Ma i giovani di oggi sono molto più stupidi ed incoscienti di quanto lo fossi io soltanto qualche anno fa. Cosa è cambiato così radicalmente in pochi anni da far perdere ai giovani ogni tipo di senso della misura, ogni traccia di senso civico, di valore della vita, di rispetto per gli altri? E come posso perciò non avere paura per mio figlio, che tra una decina d’anni sarà nel pieno della sua adolescenza?

“Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo”.
Queste sono le parole di Gesù, tratte dal Vangelo di San Luca, cap. 6, e credo che debbano farci riflettere molto. Specialmente credo che servano a tutti quelli come me che hanno bimbi piccoli o che hanno in testa lo splendido progetto di metterne al mondo di nuovi.

Tragicamente egoista e falsa è infatti l’affermazione spesso sulla bocca di molti “Che schifo di mondo…meglio non fare figli, non assumersi la responsabilità di farli vivere in un mondo così…tra omicidi, violenze, ingiustizie…”. Nemmeno la nostra vita non è nelle nostre mani, figurarsi quella dei nostri figli. Certo ad ogni genitore sta il compito di guidare al meglio un bimbo ad entrare progressivamente nel mondo degli adulti. E’ una gran fatica, ma non è con una frase meschinamente egoista che si può nascondere la poca voglia di fare questa fatica e magari concentrarsi su un bel viaggio alle Maldive “all inlcusive” col proprio partner.

La mia generazione ha attraversato il più delicato momento di crescita, quello dove si è alla massima potenza sensibili e ricettivi agli stimoli esterni, nel corso degli anni ottanta, quelli dell’esasperato edonismo, dei “paninari” e degli “yuppies”. Qui a Milano poi, era in voga la famosa “Milano da bere”: una affermazione senza senso, mutuata dallo spot di un amaro, e che stava sulla bocca di tutti. Insomma, siamo anche noi un bel sottoprodotto di una società che si sorreggeva sul nulla o quasi. Ma avevamo una cosa che ci ha salvati: i nostri genitori erano i figli del “piano Marshall” e del “boom economico”. Gente che è nata poco prima della grande guerra, che ha vissuto quel buio periodo ed è diventata grande in mezzo ai guai, alla ricostruzione, alla fatica, attorno a dei solidi valori, attorno agli stessi ideali. Magari ci si “scontrava” fra terroni e polentoni, ma nessuno metteva in discussione la patria Italia, o l’unicità della famiglia uomo-donna fondata sul matrimonio. Agli occhi di mio nipote ventenne, il nonno (mio padre) è un vecchio fascista e la nonna (mia madre) una vecchia bigotta. Ai miei occhi, ma solo ora che vedo le cose da un’ottica completamente nuova, sono la mia salvezza, anche se “vecchi” lo sono veramente, purtroppo.

Gli adolescenti di oggi non sono colpevoli di essere loro stessi di una nuova generazione, ma del fatto di essere i figli della generazione successiva a quella dei miei genitori.
Sono i figli dei figli del ’68.
Ed allora non c’è più “papà ” e “mamma”, ma si devono chiamano i genitori per nome; genitori che non hanno più necessariamente quel ruolo “formale” ma sono semplicemente “amici”. Non c’è più “la prima macchina, la prima vacanza da solo, le prime libertà ” dopo i diciotto anni o dopo una dimostrata maturità , ma c’è il “tutto subito” in nome di quel bagaglio culturale esperienziale che avrebbe dovuto renderli più ricchi ed invece li ha solo rincoglioniti, poveri ragazzi, perchè messo sulle loro spalle troppo precocemente; ed anche troppo velocemente senza possedere nemmeno le reali capacità di discernimento tra ciò che è bene e giusto e ciò che è male ed iniquo. In nome di un presunto sviluppo autonomo della loro personalità senza dover inibire o frustrare, si è preferito puntare sul “fà quel che ti piace“. Sono perciò i figli del buonismo all’amatriciana, dei gruppi scout, degli incontri sulla pace e l’amore universale, del “so’ ragazzi, che vuoi…lascia fare…”. Figli di genitori cresciuti post Concilio Vaticano II in chiesa con le chitarre ed i tamburelli, di genitori che esibivano il libretto rosso ed imprecavano contro il Commissario Calabresi e che ora occupano posti di potere, magari anche a destra. Così a furia di voler costruire il “mondo nuovo”, senza peraltro riuscirci se non in una brutta copia laicista ed ideologicamente razzista, ci si è persi per strada anche il “vecchio” mondo: quello dove abbiamo vissuto e dove viviamo, con le sue tradizioni ed il suo enorme bagaglio storico culturale.

Invece di insegnare a questi ragazzi il vanto di essere Italiani, eredi della più grande civiltà antica di cui sfruttiamo ancora oggi le intuizioni, il vanto di essere nati su una terra che grazie anche alla Chiesa ed alle sue committenze ha concentrato nelle città una innumerevole quantità di artisti e di opere passate alla storia e conosciute nel mondo, tranne che dai nostri ragazzi; si è preferito insegnare loro la libertà , le culture alternative, la new-age, la ricerca interiore della felicità , i diritti prima dei doveri.

E così siamo a questo punto: ragazzini che cercano di comportarsi da adulti (della peggior specie) e che una volta adulti si comporteranno da ragazzini (della peggior specie). Basta andare all’uscita di una scuola elementare, classe quarta/quinta: mamme e papà quarantenni agghindati e parlanti da diciottenni, e bambini vestiti firmati da capo a piedi e già in possesso dei peggiori vizi verbali degli adulti. Poi la cultura del branco e la relativa emarginazione fanno il resto, sopprimendo anche i pochi che vorrebbero o avrebbero i numeri per distinguersi dalla massa.

Nessuno può avere la pretesa di possedere la ricetta del “genitore-ideale”, ed anzi molto spesso da pessimi genitori vengono ottimi figli e viceversa, ma di certo molti cinquantenni di oggi credo abbiano qualche domanda in più da farsi.
Ma stiamo tranquilli, c’è sempre stato un rimedio per tutti: ai tempi di mia madre e mio padre forse un bel paio di scapaccioni ben assestati mi mettevano la voglia di mettermi a ragionare seriamente. Oggi invece ci pensa il meno efficace (ma costoso…tanto paga “papi”) lettino di uno psicologo, meglio se dei Parioli.
A riportare tutti coi piedi a terra ci penserà la vita stessa, che da sempre non ha pietà di nessuno ed a tutti prima o poi presenta il proprio conto.