Un futuro di speranza e di opportunità: il discorso sullo Stato di Unione

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Un futuro di speranza e di opportunità: il discorso sullo Stato di Unione

24 Gennaio 2007

In un discorso della durata di circa cinquanta minuti, di fronte ad un audience che, per la prima volta da quando è in carica, presenta degli oppositori persino all’interno del suo partito, il presidente Bush tira dritto per la sua strada, facendo il punto sullo “State of the Union” che potremmo tradurre con l’espressione stato di compattezza, o di unione (del paese).  Si tratta anche della prima volta in cui il capo del governo viene introdotto da un Presidente della Camera dei Rappresentanti di sesso femminile: Nancy D’Alessandro Pelosi. 

Il discorso, come di consueto, era mirato a fornire una panoramica della situazione economica, politica e sociale in cui si trova l’America attualmente e, per quanto riguarda George W. Bush, si tratta della sesta volta sul pulpito.  Si può dire che i punti focali siano stati almeno cinque: ovviamente per quanto riguarda l’Iraq, si è parlato della nuova strategia, che secondo il relatore ha le “migliori chance di successo”.  Forse però a voler guardare le radici del problema, si dovrebbe citare la necessità che gli Usa hanno di tagliare il costo del carburante, facendo affidamento su energie alternative e in questo senso Bush ha proposto di ridurre il consumo di carburante del 20% nella prossima decade, perché, “questa dipendenza ci rende più vulnerabili nei confronti dei regimi ostili e dei terroristi—che potrebbero causare un’immane distruzione e danneggiare gravemente la nostra economia”.  Si è parlato anche di salute, in merito alla quale il Presidente aveva già anticipato la strategia da adottare: si tratta di una riduzione delle tasse per i premi di assicurazione sanitaria che arrivano ai 15.000 dollari ed una tassazione più  forte per quelli che superano tale cifra.  Per la verità questo è il punto sul quale si sono avute le opposizioni forse più nette, in un paese dove ci sono decine di milioni di persone che non hanno ancora un’assicurazione medica, non si è capito come tale manovra possa risolvere qualche problema. Inoltre, vista anche l’intenzione di incrementare il numero delle truppe a disposizione dell’esercito nei prossimi anni, qualcuno ha anche sospettato che Bush voglia stornare dei soldi dalla Sanità per passarli alla Difesa…ma lo stesso Presidente è stato molto chiaro quando ha detto che “non esiste niente di più importante per l’America del successo in Medio Oriente”.

La riforma dell’Immigrazione è stato un altro dei punti per i quali si sono avute delle reazioni critiche, ma questa volta provenienti dai Repubblicani.  Il fatto è che Bush ha colto l’occasione per ribadire la sua volontà di instaurare un programma di impiego temporaneo per gli immigrati che consenta a questi ultimi di essere trattati “senza amnistie e senza animosità”.  Si vorrebbe tentare di stabilire un modo per far entrare i lavoratori stranieri negli Usa dandogli la possibilità di lavorare con contratti a tempo determinato in modo da evitare l’immigrazione clandestina e l’approdo a tipi di lavoro illegali come lo spaccio di droga. Le reazioni dei repubblicani possono essere riassunte nella colorita espressione del rappresentante del Colorado Tom Tancredo che ha commentato così l’idea del suo superiore: “Sono dispiaciuto ma non sorpreso del fatto che il Presidente abbia ancora una volta tentato di servirci la stessa minestra riscaldata semplicemente aggiungendo un po’ di spezie”

Una volta delineati i punti focali dello “State of the Union address”, passiamo ora a descriverlo con maggiore precisione.  L’inizio del discorso è caratterizzato dai complimenti rivolti a Nancy Pelosi per il suo nuovo lavoro come Presidente della Camera dei Rappresentanti e le congratulazioni indirizzate ai Democratici per l’ottenimento della maggioranza alla camera.  Il tono dell’arringa assume poi caratteristiche by-partisan quando Bush sottolinea il fatto che, le persone lì riunite, devono sentirsi parte di un tutto specialmente in tempi difficili.  Nel momento in cui si è chiamati al raggiungimento di scopi comuni che consistono nel perseguimento di una maggiore prosperità per la nazione, nello spendere i soldi della gente con oculatezza, nel risolvere i problemi invece di lasciarli in eredità alle future generazioni, nel proteggere l’America dal “male” e nell’avere fiducia nei riguardi di coloro i quali sono stati inviati a combattere.   Ricordando a tutti che un futuro di speranza dipende in larga misura da un economia in crescita, il Presidente passa in rassegna quelli che sono considerati i traguardi della sua legislatura in tal senso, sottolineando il fatto che l’America si trova nel suo quarantunesimo mese di crescita degli impieghi, che questo ha comportato la creazione di 7.2 milioni di nuovi posti di lavoro, che l’inflazione e la disoccupazione sono su livelli bassi e che di contro i salari sono in crescita, in una parola: “questa economia è in movimento”.

Sempre restando in tema finanziario, Bush ha descritto quali sono gli obbiettivi del suo governo nel breve periodo.  Per prima cosa si è occupato del bilancio federale avvertendo che questo “…deve essere bilanciato. E possiamo farlo senza alzare le tasse.” Alcuni economisti avevano già sottolineato in tempi non sospetti come la macchina governativa fosse oberata dalle spese di Washington, e come questo rappresentasse uno dei maggiori impedimenti verso la crescita economica, il Presidente ribadisce il concetto affermando che tali spese devono essere contenute il più possibile.  D’altronde gli obbiettivi di tagliare il deficit della metà prima del 2009 sono già stati raggiunti. La questione successiva riguarda il problema dei finanziamenti che il governo statunitense è tenuto a stanziare per diverse proposte e progetti.  L’intenzione di Bush è quella di “esporre ogni finanziamento alla luce del giorno e al voto del Congresso…e di tagliare il numero ed il costo di ogni finanziamento almeno della metà per la fine della presente seduta esecutiva.”  Il punto in questo caso sta nel fatto che molti di questi famigerati finanziamenti, a causa di certe storture burocratiche,  finiscono per essere trattati come effettivamente stanziati anche se non sono ancora passati sulla scrivania presidenziale e non sono ancora stati votati.

 L’ultimo argomento in materia economica è rappresentato dal tema dei diritti, quello all’assistenza sanitaria e sociale che in America sono considerati una “questione di coscienza” ma che, se non opportunamente trattati rischiano di diventare un problema per le generazioni future. In questo senso il Congresso è stato rassicurato con le seguenti parole: “Con il buon senso e le buone intenzioni, possiamo risolvere insieme il problema dell’assistenza e l’aiuto sanitario—oltre che salvare i fondi per il sociale.”

Passando al problema dell’educazione scolastica, il Presidente ha voluto sottolineare come il “No Child left behind act” ( legge del Nessun Figlio lasciato indietro) abbia finora funzionato, conferendo alle scuole maggiori poteri in materia educativa e innalzando gli standard scolastici dei ragazzi statunitensi.  L’intento è ora quello di riconfermare tale legge e di spendere più soldi in favore dei ragazzi con problemi di apprendimento, oltre che rafforzare ulteriormente l’educazione scolastica dal punto di vista scientifico e matematico in modo da preparare la nazioni per gli sviluppi economici futuri.

Per quanto riguarda la spesa medica, e qui siamo ad uno dei passaggi più importanti e delicati come già detto in apertura, George W. Bush intende proporre un programma di detassamento che permetta alle famiglie già in possesso di un assicurazione sanitaria di risparmiare denaro e quelle  prive di tale benefit di poterselo permettere.  In termini numerici la proposta presidenziale significherebbe un risparmio di 4.500 dollari per una famiglia di quattro persone con un reddito annuo di 60.000 dollari.  “Cambiare il codice contributivo è un passo necessario e di importanza vitale per mettere il maggior numero possibile di americani nelle condizioni di permettersi  l’assistenza sanitaria.”

La seconda proposta in materia riguarda l’aiuto economico a quegli stati che trovino vie alternative e innovative per mettere a disposizione dei cittadini un’assicurazione sanitaria di base, tali esecutivi secondo Bush, dovrebbero ricevere sussidi governativi.  La frase forse più interessante a riguardo è la seguente: “Dobbiamo tenere a mente il fatto che le migliori decisioni in materia sanitaria non vengono prese dal governo ma dai medici e i dai loro pazienti.”

Un altro tema “scottante” è senza dubbio rappresentato dal problema dell’immigrazione.  In questo senso il Presidente ci tiene a ricordare a tutti i membri del Congresso che, per estendere la speranza e le opportunità al maggior numero di persone possibili, c’è bisogno di un sistema di immigrazione funzionante e non ipocrita, “degno dell’America.”  Nel momento in cui i confini di una nazione sono costantemente violati ed incerti, l’interesse stesso del paese viene messo in pericolo, nonostante gli Stati Uniti abbiano da tempo raddoppiato la presenza di agenti di confine, ciò non sembra sufficiente a garantire sonni tranquilli per gli americani.  Allora ecco l’idea: istituire un programma di immigrazione sicura che garantisca ai nuovi venuti un impiego a tempo determinato.  

La tradizione statunitense in tal senso è comunque liberale e si deve “continuare la politica del melting pot,” la richiesta del Presidente al Congresso consiste quindi nella ratifica di tale riforma dell’immigrazione.

In merito all’utilizzo di energie alternative, il Presidente si augura  un nuovo corso per  la nazione, che è stata troppo a lungo dipendente dal petrolio proveniente dall’estero.  Pannelli solari, carbone pulito, etanolo, elettricità, energia eolica e ricerca sui motori ibridi sono le parole magiche che traghetteranno il paese verso la nuova era energetica.  Come già detto, anche la riduzione del 20% dell’utilizzo della benzina è uno degli obbiettivi del governo, così come l’incremento della produzione di oro nero tra le mura domestiche, Bush ha poi chiesto al Congresso di raddoppiare la capacità delle risorse strategiche di petrolio in modo da salvaguardare il paese in caso di crisi diplomatiche e guerre.

La guerra al terrorismo

“Non esiste responsabilità maggiore del difendere le persone di questo paese dal pericolo.”  Sono passati cinque anni da quando l’America ha sperimentato l’orrore senza precedenti di vedersi attaccata sul proprio suolo.   Il ricordo del “September 11”, deve servire a tenere alta la guardia, perché la guerra nella quale questo paese è stato coinvolto è ancora lontana da una conclusione.  Il nostro successo in questo senso è spesso misurato dalle cose che non sono successe.  Anche se non si può conoscere il vero numero degli attacchi che noi ed i nostri alleati abbiamo sventato, ci sono delle cose che sappiamo al riguardo: Abbiamo fermato un piano di al-Quaida che prevedeva di schiantare un aereo dirottato sul più grande grattacielo della Costa Ovest, annientato una cellula terroristica operativa nel sud-est asiatico che progettava attacchi all’interno degli Usa, smascherato una cellula di al-Quaida che aveva come obbiettivo di usare l’antrace contro il nostro paese.  Giusto lo scorso Agosto, le autorità britanniche hanno sventato il piano di certi terroristi che miravano a far esplodere un aereo di linea sui cieli americani.  I nostri nemici sono molto espliciti nelle loro intenzioni, predicano con le minacce, istruiscono con i proiettili e le bombe…promettono il paradiso agli uccisori di innocenti.  La politica del governo Usa rimane così mirata ad utilizzare tutti gli strumenti in nostro possesso per trovare i nemici e per proteggere i nostri cittadini.  Per vincere questa guerra, dobbiamo rimuovere le condizioni che hanno ispirato quest’odio nei nostri confronti, perché non abbiamo iniziato questa battaglia ma ne siamo coinvolti.  È questo il senso del discorso presidenziale riguardo alla guerra al terrorismo, che viene concluso con questa richiesta: “Signore i signori: quest’oggi, a in questo momento, volgere il destino di questa battaglia a nostro favore è ancora possibile, lasciateci ritrovare la nostra decisione e indirizzare gli eventi verso la vittoria.”

L’Iraq  

Per quanto riguarda l’Iraq, il Presidente Bush ha ribadito quello che era già stato detto nell’ambito della nuova strategia da adottare, meno di due settimane or sono.  Rafforzare l’esercito specialmente a Baghdad e nella provincia di al-Anbar con circa ventimila nuovi arrivi, tra Marines e fanti, cooperare con il governo iracheno affinché questo provveda a porre fine alle violenze settarie e in modo che si capisca che l’America sta combattendo per assicurare al paese la democrazia ma che questa guerra non sarà incondizionata: il premier iracheno al-Maliki ed il suo governo devono capire che ci sarà bisogno del loro aiuto incondizionato, pena la fine degli aiuti della Coalizione internazionale.  Ci sono comunque delle novità nel discorso sull’Iraq,  il Presidente infatti richiede al Congresso l’approvazione di un incremento dei militari effettivi nell’esercito Usa di circa 92.000 uomini nei prossimi cinque anni.  Ci sarebbe poi la costituzione di un Corpo di Riserva Civile che possa coadiuvare l’esercito in tempi difficili e che sia costituito da cittadini in possesso dei requisiti necessari per assolvere a tale compito.  Il Corpo in questione potrà anche essere utilizzato in missioni all’estero qualora le circostanze lo richiedano.  L’applauso più scrosciante arriva però quando il Presidente ricorda a tutti i presenti che le Nazioni Unite stanno lavorando sullo scottante caso del nucleare iraniano e che per nessun motivo al mondo sarà permesso al governo di Teheran di costruire testate nucleari.  Esiste una strategia diplomatica a supporto di queste guerre contro il terrorismo ed esiste una coalizione d’intenti di respiro mondiale.  Un altro applauso molto forte arriva quando Bush menziona la questione di Darfur e il fatto di voler continuare a risvegliare le coscienze degli individui sulle atrocità che sono state commesse in quel luogo.

Gli aiuti umanitari all’Africa e la questione dell’Aids

“La politica estera statunitense non consiste solamente in guerre e diplomazia”.  Vogliamo rispondere insieme alle sfide della povertà, della fame e delle malattie e questo è precisamente ciò che stiamo facendo.  Il Presidente ricorda che si deve continuare a combattere contro il virus dell’Hiv, specialmente in Africa, in pochi anni il numero delle persone che ricevono medicine fondamentali per la loro esistenza è cresciuto da 50.000 a circa 800.000 e si deve continuare su questa strada.  La richiesta al congresso è semplice anche se non modesta: si deve perseverare nella lotta contro la malaria e le altre malattie che infestano il continente nero  e per farlo occorrono almeno 1.2 miliardi di dollari da stanziare in pochi anni.  Bush si dilunga poi nel raccontare alcune storie di persone che hanno coronato il sogno americano: il cestista dell’NBA, Dikembe Mutombo, che dal Congo è arrivato sulla platea più agognata del basket mondiale riuscendo a mantenere la testa a posto e ad aiutare coloro i quali non hanno avuto la sua stessa fortuna nel suo paese, tramite la costruzione di un’ospedale.  Anche la storia di Julie Aigner-Clark, che ha fondato la “Baby Einstein Company”, la quale si occupa d’aiutare i bambini disagiati e che è recentemente stata rilevata dalla Walt Disney per formare un giro d’affari milionario, incarna in pieno lo spirito americano.  Così come quella di Tommy Rieman, medaglia d’argento al valore militare per le sue azioni in Iraq. 

Insomma, il Presidente Bush ha voluto ancora una volta ricordare a tutti i valori fondamentali di un America che si trova ad affrontare un momento particolarmente difficile della sua storia, ma visto che “il nostro stato di unione è forte…la nostra causa nel mondo è giusta…e questa notte quella causa va avanti”, non c’è motivo di cedere al panico e di deve invece “Stay the course”, mantenere la rotta, (anche sé per gli esperti di Capitol Hill, questa è una frase di cui non si può abusare).