Un giudice con la “g” minuscola
16 Ottobre 2020
Parafrasando la nota frase di Vujadin Boskov secondo la quale “rigore è quando arbitro fischia”, verrebbe probabilmente da dire che “3 a 0 è quando giudice scrive”.
Per chi ama lo sport, ogni momento impegnato a contestare la decisione di un arbitro o la valutazione di un giudice è certamente tempo perso, destinato ad affievolire inutilmente la passione e l’interesse per il gioco.
Il presupposto fondamentale, perché si possa giocare, è che ci sia un arbitro (e se necessario un giudice), e poco importa alla fine se tutte le decisioni non saranno state effettivamente corrette.
Ma l’Arbitro, o il Giudice, deve poter essere sempre scritto con la lettera maiuscola, deve cioè apparire intento a svolgere il suo ruolo liberamente, sulla base delle impressioni e delle convinzioni del momento, oltre che della professionalità e dell’esperienza di cui è portatore.
Ovviamente, in un paese in cui persino il Consiglio Superiore della Magistratura si è rivelato teatro delle vicende che conosciamo, non si possono poi avere eccessive aspettative nei confronti di un semplice “giudice sportivo”, chiamato abitualmente a gestire – a dispetto del suo importante curriculum – delle questioni di scarsa rilevanza pubblica.
Ma nel leggere i pur variegati commenti sulla sentenza emessa dal dott. Mastrandrea, colpisce tuttavia l’unanime valutazione secondo la quale il giudice sportivo non aveva in questo caso il compito di valutare serenamente i fatti in scienza e coscienza, cercando appunto di applicare le “regole”, quanto piuttosto quello di stigmatizzare in qualsiasi modo la mancata partecipazione del Napoli alla partita fissata dalla Lega, ed ha eseguito questa missione nel modo migliore possibile, affidando esplicitamente alla Procura Federale eventuali ritorsioni ulteriori per presunte violazioni del Protocollo.
Questo preciso compito era reso in questo caso ancor più difficile dall’ovvia impossibilità di contestare direttamente l’operato delle ASL competenti e dalla conseguente esigenza di attribuire al Napoli una qualche responsabilità che prescindesse dal divieto di trasferta ad esso impartito.
Per fare ciò, sono stati pertanto necessari diversi giorni di riflessione, e si è dovuto infine giungere alla stravagante affermazione secondo la quale le indicazioni della ASL sarebbero giunte al Napoli solo durante il pranzo della domenica, ignorando in tal modo il significato oggettivo delle note del giorno precedente sul necessario isolamento dei calciatori a vantaggio di una propria interpretazione delle stesse (la cui fondatezza è stata poi oggettivamente smentita dai chiarimenti successivi!).
Eppure, è sufficiente esaminare le notizie assolutamente univoche che erano già state diffuse dalle agenzie di stampa già nella giornata di sabato proprio sulla base di “fonti ASL”, che davano appunto atto del divieto di trasferta, per capire che l’arzigogolata motivazione avanzata dal dott. Mastrandrea si pone in contrasto con la stringente logica dei fatti.
Tutto questo accade inoltre dopo che la Lega di Serie B ha opportunamente provveduto ad integrare il proprio protocollo evidenziando che in caso di contagio ancora in corso di diffusione nel giorno precedente alla gara, si rendono specificamente necessarie ulteriori precauzioni con possibile rinvio della gara stessa.
Insomma, le valutazioni delle ASL di Napoli che il giudice sportivo sottolinea più volte di non voler valutare (con la più classica excusatio non petita) apparivano oggettivamente legittime non soltanto nella forma, ma anche nella sostanza.
E se così è, il problema non è tanto quello di valutare se la decisione sia o meno condivisibile (perché anche a tavolino le partite si vincono e si perdono, come recentemente capitato alla Roma), quanto piuttosto di verificare quale credibilità possa avere il mondo del calcio se ha deciso di instaurare una giustizia che ha il solo compito di dare esecuzione alle decisioni del momento e non quello di applicare le norme.
Come si può ancora pensare, in questo contesto, che giocatori ed appassionati guarderanno domani alle decisioni dell’arbitro di turno confidando nella sua imparzialità, invece di adombrare le stesse logiche di potere e di interesse di cui sentiamo ormai parlare quotidianamente?