Un nuovo fisco per l’America? Arrivano le proposte di Cain, Perry e Gingrich

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Un nuovo fisco per l’America? Arrivano le proposte di Cain, Perry e Gingrich

05 Novembre 2011

Cosa avranno mai in comune Herman Cain, Rick Perry e Newt Gingrich, oltre al fatto d’essere tutti e tre Repubblicani in corsa per la nomination del Gop? Beh, tutti e tre hanno già svelato le proprie carte in materia fiscale.

Fortunatamente, benché lento pede, alle primarie Repubblicane statunitensi si arriva al sodo. E siccome non è affatto un mistero che le economie occidentali siano definitivamente entrate in recessione, il nodo di “come rimettere l’economia sul binario giusto?”, assume molta rilevanza elettorale.  Per questo i tre candidati in questione hanno estratto ‘dalla manica’ i propri ‘fiscal plan’.

La discussione non si è solo concentrata sulla diminuzione della pressione fiscale – col fine ultimo di ridurre la spesa pubblica -, ma anche sulla semplificazione fiscale, vedi flat tax, vendute da alcuni candidati come utili strumenti per uscire dalla crisi e rilanciare investimenti e consumi.

Si tratta di temi presenti da lungo tempo in campo Repubblicano: si ricorderanno le ‘incursioni’ giornalistiche di Forbes negli anni ’90, rinate oggi con le proposte dirompenti di Herman Cain, l’attuale frontrunner nelle primarie del Gop – e già infangato dal solito scandalo sessuale a orologeria – con il suo “999 plan”. In sostanza l’argomento che viene addotto in campo Repubblicano è che il codice fiscale federale sia troppo caro, complesso e, udite udite, iniquo.

Partendo da ciò, ne sono discese una serie di proposte volte a risolvere i nodi esistenti. E’ evidente che una flat tax sia più equa di un sistema fiscale progressivo, a condizione però che vengano eliminate le deduzioni fiscali (l’esempio principe è l’aliquota effettiva sul reddito pagata da Warren Buffet, più bassa di quella della sua segretaria) e che la pressione fiscale venga spostata dai redditi al consumo (negli Stati Uniti non esiste l’Iva).

Mentre sulle premesse tutti i candidati concordano, sulle conclusioni i candidati più mainstream – in particolare Mitt Romney – sono molto cauti, anche sulla base di sondaggi ad hoc che mettono in luce come soluzioni ‘radicali’ non siano ben accette da una certa parte dell’elettorato indipendente, quello che deciderà chi sarà il prossimo inquilino alla Casa Bianca.

Il candidato più loud, chiassoso sull’argomento è Herman Cain, con il seducente messaggio da venditore ”9-9-9”, pronunciato con il suo accento marcatamente georgiano "nai, nai, nai". In sostanza il candidato che piace molto ai sostenitori del movimento Tea Party propone una flat tax sui redditi personali al 9%, un sostanziale ribasso dell’aliquota per le società al 9% (dal 35% attuale), la quale in gettito federale sarebber compensati da una tassa del 10% (arrotondato 9.99% da buon esperto di marketing) sul consumo.

Le sue proposte sono state bollate come ‘irrealistiche’ dall’establishment economico e accademico statunitense, ma hanno avuto il pregio di aver innescato una rincorsa al ‘fiscal plan’ anche da parte degli altri candidati Repubblicani, in particolare di Newt Gingrich e Rick Perry.

Il governatore del Texas ha messo sul tavolo un piano decisamente più semplice rispetto a quello di Cain, incentrato su una flat tax al 20% e nessuna tassa sui consumi. L’ex-speaker della Camera dei Rappresentanti in era Clinton e oggi candidato alla nomination del Gop, Newt Gringich, propone invece una flat tax al 15% sulle persone fisiche e del 12.5% su quelle giuridiche.

Mentre l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale per rilanciare investimenti e consumi va nella giusta direzione, misura che dovrebbe essere supportata anche da una semplificazione normativa volta a evitare eccessi di tax arbitrage, ovvero di elusione fiscale, queste proposte pongono alcuni problemi economici, in particolare sul loro impatto sui consumi interni la cui tassazione risiede attualmente nella mani dei singoli governi federati statunitensi.

C’è poi il nodo della copertura finanziaria di questi tagli – visto che come noto ogni taglio fiscale determina, almeno nel breve periodo, una diminuzione del gettito fiscale. Dal punto di vista politico invece le aliquote non progressive sono un argomento difficile da vendere nelle giornate in cui si acuisce la protesta contro gli high earners e Wall Street. Da parte loro i Democratici spingono per aliquote ancora più progressive.

In conclusione queste proposte, nonostante vadano nella direzione giusta, saranno mitigate per essere tanto sul piano economico che politico efficaci (ad esempio prevedendo esenzioni e soglie per tassare marginalmente di più i soggetti ritenuti high earners).

Le proposte per ora in campo benché d’inizio campagna (certo un po’ roboanti), per essere utili nei vari caucus (le battaglie Repubblicane Stato per Stato), non sono però da prendere alla leggera – magari con lo stesso velato disprezzo di coloro che in pubblico si divertono a definirle il ‘999 plan’ come una boutade da ex-pizzaioli – vista la serietà delle assunzioni a monte. Esse influenzeranno il dibattito statunitense ben oltre le primarie Repubblicane e le presidenziali. E’ l’unica certezza di cui si disponga al momento. Teniamocela stretta.