Un paradosso di nome Olanda: così piccola, così potente

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Un paradosso di nome Olanda: così piccola, così potente

Un paradosso di nome Olanda: così piccola, così potente

07 Aprile 2020

Oggi pomeriggio la riunione dei ministri delle finanze dell’UE potrebbe segnare un punto di ritorno nella storia dell’Unione. Come sappiamo, la posizione dell’Italia (e condivisa da altri Stati) è quella di dar vita ai cosiddetti “Coronabond”, titoli di debito condivisi da tutti i Paesi dell’area Euro appositamente piazzati sul mercato per reperire centinaia di miliardi di euro da iniettare nell’economia reale, messa in ginocchio da una quasi totale paralisi delle attività produttive in giro per l’Europa. Su questo punto sembra essersi creata una profonda spaccatura tra Paesi del Sud e Paesi del Nord Europa, con i primi profondamente convinti della necessità di dar vita a nuovi strumenti per fronteggiare la crisi in atto e i secondi assolutamente contrari e che spingono per un ricorso al MES, vale a dire quel contestato meccanismo di salvataggio che comporterebbe il commissariamento economico di quegli Stati che ne farebbero ricorso.

Tra i più intransigenti su questo punto è apparso il Premier olandese Mark Rutte, membro del Partito Popolare Europeo e da sempre esponente del gruppo dei “falchi”, i quali si mostrano più intransigenti verso le richieste di alleggerimento dell’austerità sui conti pubblici e che, anche in questa delicata fase, non sembrano aver cambiato idea. In molti però si sono chiesti come mai la voce del capo di governo di un paese così piccolo possa essere così influente e risultare addirittura maggiormente decisiva rispetto anche a quella della Francia. In poche parole: perché l’Olanda conta così tanto in seno all’UE?

In realtà, sembrano esserci due risposte di cui una di ordine politico e una di ordine economico: la prima è che l’Olanda è un tassello fondamentale dell’Europa a trazione “renana” – imperniata fortemente su Germania, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo, divisi tra loro dal corso del fiume Reno -, vale a dire il motore decisionale che la cancelliera tedesca Merkel ha costruito negli ultimi dieci anni e che ha trovato la sua definitiva consacrazione con il varo della Commissione Europea presieduta da Ursula Von Der Leyen (non a caso il presidente del Consiglio Europeo è il belga Michel e la governatrice della BCE è la francese Lagarde). Sul fronte economico invece, l’Olanda può farsi forte del fatto che migliaia di multinazionali europee abbiano la loro sede legale o fiscale proprio nel Paese dei tulipani; questo perché le condizioni offerte dalle leggi olandesi sono molto favorevoli e consentono tanto di mantenere ai proprietari facilmente il controllo delle loro aziende quanto di pagare poche tasse (a scapito di altri Stati Ue come l’Italia, che vedono così andare in fumo decine di miliardi di Euro di entrate fiscali). Se a tutto questo aggiungiamo uno spirito di matrice calvinista che rifugge un certo tipo di assistenzialismo, ecco che si ottiene tanto la forza politico/economica conquistata in questi anni quanto la posizione che il governo Orange sta portando avanti in queste turbolente settimane.

Dunque, i vertici dei prossimi giorni orienteranno in maniera decisiva il futuro dell’Unione Europea e vedremo se, una volta per tutte, la piccola Olanda riuscirà a ritagliarsi il ruolo di gigante indiscusso.