Un piccolo motivo egoista per tifare ancora McCain
04 Novembre 2008
Questa notte gli americani sceglieranno il loro presidente. E’ la fine di una fantastica campagna elettorale che ci ha catturati per due interi anni. Poco meno per quanto riguarda il nostro giornale: era il 20 marzo del 2007 quando l’Occidentale apparve per la prima volta on-line e la prima rubrica a vedere la luce fu Pennsylvania Avenue, curata da Alessandro Gisotti e dedicata proprio alla corsa verso la Casa Bianca.
Di questa campagna elettorale è stato detto ormai quasi tutto e anche noi abbiamo fatto la nostra parte: provate ad esplorare il tag “usa2008” e vedrete scorrere sul vostro schermo centinaia di articoli, analisi, commenti, nostri e del meglio del giornalismo americano che abbiamo selezionato e tradotto.
Questo giornale non ha fatto un suo endorsement per questo o quel candidato, abbiamo sufficiente senso dell’ironia per non cadere nella trappola dell’emulazione. Ma questo è anche un giornale dichiaratamente partigiano e a leggere la maggior parte dei nostri articoli si può facilmente intuire dove sarebbero andati i nostri voti se fossimo nati sull’altra sponda dell’Atlantico.
Ma sono gli americani a scegliere, non gli italiani o gli europei, altrimenti Barack Obama sarebbe già presidente per acclamazione. Su queste pagine però non abbiamo mai usato toni preoccupati o catastrofisti: l’ormai più che probabile elezione del senatore dell’Illinois non ci spaventa e non ci getta nella depressione più nera, come si capisce potrebbe accadere nel campo opposto se fosse McCain a prevalere.
L’America è un grande paese ed è capace di trasformare in grandi presidenti anche uomini meno dotati di Obama. Siamo sicuri che non scenderà a patti con i nemici dell’America e dell’Occidente, non trasformerà il suo paese in un campione del buonismo onusuiano, non rinuncerà allo status e al ruolo planetario di grande potenza e saprà contrastare qualunque tentativo in questa direzione. Lo ha ampiamente spiegato anche il principe dei neocon Robert Kagan: Obama non sarà il presidente del “declino americano” come tanti, soprattutto in Europa, sperano.
Abbiamo forse qualche preoccupazione in più sul fronte dell’economia visto l’immenso potere che il governo di Washington ha accumulato come ricaduta dei piani di salvataggio dalla crisi degli ultimi mesi. Quando si hanno in mano leve così potenti nelle banche, nella finanza e anche nell’economia reale, la tentazione di usarle in modo partigiano o ideologico può essere molto forte. Ma confidiamo che il sistema di checks and balances, proprio del sistema americano sappia reggere l’urto di questa nuova situazione.
Insomma, davvero ci sentiamo di dire soltanto: vinca il migliore. Solo un piccolo prurito egoistico e tutto italiano ci porta ancora a sperare in una sorpresa nelle urne. Vedere John McCain e Sarah Palin trionfanti contro ogni previsione è un gusto che vorremmo prenderci, più che per i destini del mondo per quelli del nostro piccoli bestiario politico.
Ci affatica l’idea di avere Furio Colombo e Vittorio Zucconi come i nuovi vati della “vera America”, quella risorta dopo le tenebre bushiane e finalmente ricondotta ad essere faro di civiltà. Rabbrividiamo al pensiero di vederli nuovamente in sella dettare l’esegesi corretta del pensiero obamiano, quando tra la loro idea di Obama e l’originale c’è più differenza che tra Obama e McCain stesso.
Vorremmo risparmiarci le manifestazioni di giubilo del Pd: sentirci spiegare da Veltroni e giù giù fino alla Melandri, che “il vento è cambiato”, che finalmente il mondo gira dalla parte giusta e da quella parte ci stanno loro. Che Berlusconi deve farsi da parte e magari intanto ritirare il decreto Gelmini. Vorremmo risparmiare al paese l’immagine umiliante della delegazione del Pd che sventola bandierine obamiane il 20 gennaio, il giorno dell’insediamento.
E infine ci piacerebbe molto vedere McCain vincitore per il gusto di assistere al rapido dietrofront di tutti gli obamiani del Pdl: quelli che hanno alzato il dito al vento dei sondaggi e si sono scoperti improvvisamente liberal; quelli che hanno seguito un malinteso spirito del tempo per ritrovarsi sulla sponda più glamour del momento; quelli che credono che i salotti buoni siano sempre dall’altra parte e friggono per un invito sullo strapuntino.
La verità è che l’America sa badare a se stessa, siamo noi che abbiamo bisogno di McCain.