Un uomo di parte (destra) a Montecitorio

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Un uomo di parte (destra) a Montecitorio

Un uomo di parte (destra) a Montecitorio

30 Aprile 2008

“Due ricorrenze di alto valore ideale e politico, il 25 aprile ed il primo maggio” che non mi fanno dimenticare di essere “uomo
di parte, convinto dei miei valori”. Si è presentato così Gianfranco Fini
all’Aula di Montecitorio che qualche decina di minuti prima lo aveva votato
come nuovo presidente. Con 335 voti il leader di An è salito sullo scranno che
prima era stato di Fausto Bertinotti e prima ancora di Pierferdinando Casini.
Un’elezione da giorni annunciata e che è giunta al quarto scrutinio, dopo che le
tre votazioni di ieri, che imponevano una maggioranza speciale di due terzi,
sono andate a vuoto. Visibilmente emozionato, fasciato in un vestito grigio e
cravatta rosa, il tredicesimo presidente di Montecitorio ha tenuto un discorso durato
in tutto diciassette minuti e molto apprezzato dall’Aula, che in più occasioni
ha interrotto il nuovo presidente per tributargli applausi bipartisan. Ma gli apprezzamenti sono provenuti da più parti, lo stesso
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha definito “non di parte il
discorso di insediamento del presidente della Camera” ha gradito soprattutto “il riferimento al tema del lavoro e della sicurezza sul lavoro”.

Tornando a Fini la vera novità è stata soprattutto che per la prima volta un
esponente politico di destra siederà sullo scranno più alto di Montecitorio. Appartenenza
che lo stesso Fini non ha voluto dimenticare e nascondere, precisando proprio
all’inizio del suo discorso di insediamento che “come i miei predecessori  Bertinotti, Casini e Violante sono anch’io un
uomo di parte, convinto dei miei valori”. Un passaggio, doveroso quanto atteso,
ai valori di riferimento, alla sua storia politica, che non ha impedito il
riconoscimento del suo nuovo ruolo: “Mi è ben chiaro che la funzione di  presidente della Camera impone il rigoroso
rispetto della parità dei diritti dei parlamentari a espletare le loro
prerogative previste dalla Costituzione”. Fini si è detto pronto
a svolgere con equilibrio il suo compito di presidente ma anche a rappresentare
uno sprone per l’azione politica della stessa Camera. Da qui l’invito affinché “la
XVI sia davvero una  legislatura
Costituente” perché sarebbe “sbagliato dire che nulla è stato fatto”. Un appello
a tutte le forze politiche per trovare un’intesa ampia sulle riforme
costituzionali che per il neo presidente nasce anche dalla considerazione che “le
sfide del nostro tempo esigono di dare risposte ai cittadini per arrivare a
istituzioni più efficienti e moderne”. Così il riconoscimento che “avere
istituzioni più moderne e più vicine ai cittadini” deve essere considerato “interesse
di tutti”, “un autentico interesse nazionale”.

Non è mancato nel discorso dell’ormai
ex leader di An anche il riferimento al rapporto politica-cittadini che proprio
in questi ultimi mesi ha vissuto, e sta vivendo, i momenti più critici. Nessun cenno
esplicito all’antipolitica ma Fini ha chiarito che “abbiamo la forte
consapevolezza di dovere ancora dimostrare che i deputati non sono una  casta privilegiata”. Così il richiamo a tutti
i deputati “affinché la Camera dia il buon esempio in materia di trasparenza
interna, di riduzione delle spese, nella valorizzazione dei meriti”. Ma il
passaggio più importante Fini lo ha riservato alle due date simbolo del 25
aprile e del primo maggio. Un passaggio che era stato annunciato e che le
cronache dicono sia stato molto apprezzato da  Napolitano.
Due ricorrenze che da sempre per il mondo della destra hanno rappresentato un occasione
di divisione e di forte contrapposizione, rendendo di fatto impossibile
qualsiasi pacificazione interna al Paese. Sono le divisioni che Fini spera non si
ripropongano più, ammonendo che “celebrare la ritrovata libertà del nostro
popolo e la centralità del lavoro nell’economia è un dovere a cui nessuno si
può sottrarre. Specie se vogliamo vivere il 25 aprile ed il primo maggio come
giornate in cui si onorano valori autenticamente condivisi e avvertiti come
vivi e vitali da tutti gli italiani e in particolare dai più giovani”.

Parole
importanti quelle pronunciate da Fini che però non vogliono sottolineare come “negli
ultimi anni molti passi avanti nella giusta direzione sono stati compiuti, e
dalla quasi totalità delle forze politiche. Coloro che si ostinano a erigere steccati
di odio o a negare le infamie dei totalitarismi sono pochi, quanto isolati
nella coscienza civile degli italiani”. Passaggi chiave e densi di significato
che puntano a quella tanto agognata “ricostruzione di una memoria condivisa” ma
che riconoscono anche che “una sincera pacificazione nazionale, nel rispetto della
verità storica, tra vincitori e vinti di ieri sono traguardi ormai raggiunti,
anche per il nobile e coraggioso impegno di due Presidenti della Repubblica:
Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi”. Ma accanto al riconoscimento del 25
aprile e del primo maggio Fini trova anche l’occasione per lanciare un allarme verso
quella che lui avverte come “un’insidia alla nostra libertà e alla democrazia”.
Un’insidia che “non viene dalle ideologie antidemocratiche del secolo scorso
ormai superate, ma dal diffuso e crescente relativismo culturale”. Relativismo
che risponderebbe alla convinzione secondo cui “la libertà è assoluta pienezza
di diritti e totale assenza di regole. La Libertà è minacciata quando in suo
nome si teorizza l’impossibilità di definire ciò che è giusto e ciò che è
sbagliato”. Minaccia alla quale “è responsabilità della politica e delle
istituzioni rispondere”, puntando “sull’educazione dei giovani e sulla
diffusione del sapere”. Dal relativismo culturale al riconoscimento del diritto
al lavoro ed alla sicurezza sul posto di lavoro. E così nel discorso di Fini trovano
spazio le recenti morti bianche. Un riferimento che per il leader di An è occasione per
richiamare tutti i deputati all’“imperativo morale del massimo impegno per
garantire che il diritto al lavoro possa essere esercitato in condizioni di sicurezza.
La perdurante tragedia delle cosiddette morti bianche offende la coscienza di
ognuno, non può e non deve essere considerata come ineluttabile, deve generare
uno sforzo comune a tutte le istituzioni perchè ad essa si ponga rapidamente
fine”. Un monito che si unisce a quelli recentemente espressi dal Capo dello
Stato. Un ultimo passaggio, infine, alla “bandiera tricolore simbolo della
nazione”, in cui ha detto il leader di An “il nostro popolo si riconosce” ed
alla quale lo stesso Fini rende il suo omaggio. Quindi Patria, riconciliazione
nazionale e tutela dei valori della libertà e del lavoro. Per Fini l’avventura
alla presidenza della Camera è appena iniziata.