Una bussola per le riforme
18 Giugno 2014
Ta i temi che la Fondazione Magna Carta ha più a cuore, sin dalla sua nascita, c’è sicuramente quello delle riforme necessarie al nostro Stato per essere più efficiente e al passo con i tempi. Nel gennaio del 2003, Magna Carta ha inaugurato la sua attività proprio con un seminario a porte chiuse per discutere della revisione costituzionale sulla forma di governo, a partire dai disegni di legge che erano stati presentati dal centrodestra e dal centrosinistra. Già allora, era forte e condivisa la consapevolezza della necessità, anzi, dell’urgenza, di mettere mano all’architettura dello Stato.
Sin da subito, è emersa anche la complessità del tema, che si rifrange in una miriade di sfaccettature, di filoni, di conseguenze. Riformare lo Stato, in effetti, significa comprendere le ragioni storiche alla base dell’attuale assetto e i punti su cui intervenire per modificarlo; significa, dunque, ripensare le sue istituzioni – politiche, sociali ed economiche – nel nuovo contesto locale e globale; ristabilire l’equilibro tra i diversi poteri laddove esso risulta essere sbilanciato; interrogarsi sul rapporto con l’Europa e ridefinire le linee strategiche della nostra azione nel panorama internazionale; capire cosa non funziona nel meccanismo statale e porvi rimedio; e ancora, individuare la spesa improduttiva per ridistribuire in maniera più oculata le risorse sempre più scarse.
Ecco perché, nei suoi oltre dieci anni di attività, più che di riforma al singolare, la Fondazione Magna Carta, con i suoi esperti, si è chiesta come portare a termine una serie di riforme al plurale. Le numerose iniziative – studi, seminari, convegni – organizzate per sensibilizzare l’opinione pubblica e influenzare i decision makers, sono state sempre animate dalla convinzione che la ricerca, l’approfondimento, la conoscenza delle complesse questioni che riguardano il funzionamento dello Stato siano condizione necessaria e sufficiente per una politica in grado di assolvere al meglio i propri compiti.
Questo rapporto, sulla scia delle altre iniziative promosse dalla Fondazione e nel solco delle attività svolte nell’ambito dell’Osservatorio politico sulla crisi di sistema, punta a fare una sintesi dei principali filoni di intervento e a dare un quadro complessivo della grande opera di riforme necessaria per rimettere l’Italia in carreggiata. In continuità con il metodo di lavoro adottato per il primo rapporto presentato nel 2012 – articolato sui diversi aspetti della crisi di sovranità che ha colpito il nostro Paese, senza peraltro tradursi in una maggiore efficienza in termini di potere decisionale delle istituzioni europee – il lavoro che presentiamo quest’anno raccoglie una serie di analisi e proposte politiche commissionate ad autorevoli esperti ed accademici.
Il motivo che ci ha spinto a lavorare ancora sul tema delle riforme è duplice: da una parte, la consapevolezza che ancora oggi, nonostante i numerosi tentativi messi in campo negli ultimi trent’anni, la politica fatica a portare avanti la missione riformatrice, non riuscendo a tradurre le intenzioni in operazioni concrete. Dall’altra, la convinzione – dicevamo – che alla politica serva, nell’espletamento di questo difficile compito, una conoscenza sempre più approfondita delle questioni trattate e un supporto “tecnico” nell’elaborazione di proposte in grado di invertire realmente la tendenza.
Il nostro auspicio è che nel mare magnum di iniziative, dibattiti e proposte all’interno del quale si sono finora “disperse” le riforme, questo contributo possa essere uno strumento concreto – una bussola – per orientare l’azione secondo alcune direttrici precise, che emergono prima di tutto dall’indagine approfondita dei problemi e delle loro origini storiche. Non soltanto spunti teorici, dunque, ma analisi che fanno da apripista a proposte specifiche, applicabili alla realtà concreta per imprimerle
rapidamente un cambiamento.
Oggi più che mai, “cambiamento” e “rapidità” sono parole d’ordine quando si discute di riforme dello Stato. In effetti, agire in fretta per modificare i meccanismi che bloccano la crescita del nostro Paese è senza dubbio un imperativo. Allo stesso modo, tuttavia, crediamo sia necessario salvaguardare un certo livello qualitativo d’intervento, che può essere garantito soltanto tenendo conto della delicatezza e della complessità dei meccanismi che si intende riformare.
(Introduzione al volume “Riforme: ultima chiamata. Analisi e proposte per la modernizzazione dello Stato”)
* Coordinatrice del Centro Studi della Fondazione Magna Carta