Una catastrofe dopo l’altra e l’Indonesia resta ko
29 Ottobre 2010
Un paese che a stento stava cercando di rimettersi in piedi dopo la catastrofe del 2004, si è ritrovato di nuovo in ginocchio nel giro di 24 ore per l’abbattersi all’unisono di un terremoto, di uno tsunami e di un’eruzione. L’Indonesia finisce così, ancora una volta, sotterrata dalle macerie e fa il conto delle vittime dell’ennesima catastrofe naturale.
L’ultimo bollettino del disastro parla di 408 morti e di oltre 300 dispersi, ma continuano le ricerche dei soccorritori che sperano di trovare altri sopravvissuti. Il sisma di magnitudo 7,7 che ha prodotto l’onda anomala si è verificato lunedì al largo della costa ovest di Sumatra, facendo innalzare un muro d’acqua alto tre metri che ha distrutto case e collegamenti, spazzando via interi villaggi nelle isole Mentawai; contemporaneamente una colata di lava e cenere ha devastato alcuni villaggi alle pendici del vulcano Merapi, a Giava, la cui attività desta ancora preoccupazione e dove erano stati evacuati 18 mila residenti nei pressi della montagna sacra, alta 3 mila metri, e che ora sono stati suddivisi in 12 campi a dieci chilometri di distanza dalla zona a rischio. Tra le vittime dell’eruzione c’è anche Mbah Mariyan, 83 anni, considerato il guardiano spirituale del vulcano. L’uomo non si è voluto allontanare da casa anche se l’eruzione era imminente e i soccorritori lo hanno ritrovato morto nella posizione della preghiera. Accanto a lui è deceduto anche un reporter del portale Vivanews. Nel suo ultimo sms mandato alla redazione c’era scritto: "Voglio lasciar pregare Mariyan fino all’ultimo e poi convincerlo ad andare al rifugio".
Sembra proprio che la natura abbia concentrato tutta la sua forza distruttrice su questa lingua di terra. Il più importante vulcanologo indonesiano, Surono, ha detto che il Merapi è per il momento "abbastanza calmo": "Non ci sono segnali di un’altra imminente eruzione ma non posso garantire nulla e non sappiamo se si tratti solo di una pausa temporanea". "Ho consigliato alle autorità di proseguire le evacuazioni. C’è ancora il livello di massima allerta", ha detto lo scienziato.
La portata della catastrofe ha subito fatto mettere in moto la macchina della solidarietà: la Caritas italiana e tante Ong si stanno attivando per aiutare le popolazioni colpite e degli elicotteri carichi di aiuti di urgenza sono già riusciti a raggiungere le zone sinistrate. La Commissione europea ha stanziato 1,5 milioni di euro in assistenza umanitaria. L’Unicef, da parte sua, sta mandando taniche per l’acqua e kit igienici e per soddisfare le esigenze di 4.500 famiglie sfollate dalle proprie case a causa del vulcano; nell’area occidentale di Sumatra, sta, invece, inviando 6.000 zanzariere per proteggere le famiglie dalla malaria. Si spera che questa corsa per gli aiuti non rallenti e che non si verifichi quanto avvenuto nel caso del Pakistan: una tragedia di enorme portata che ha paradossalmente subito un declassamento mediatico rispetto alle precedenti catastrofi e una sorta di "scaricabarile" in fatto di aiuti.
Quella avvenuta qualche giorno fa è solo l’ultima di una lunga e impressionante sequenza di catastrofi naturali che hanno colpito il Sud-Est asiatico nel corso dei secoli: 1797, 1833, 1843, 1861 e 1883, queste le date degli tsunami scatenati da sismi o da eruzioni vulcaniche, l’ultima delle quali, quella della Krakatoa, si risentì con ondate anomale fino a Calais sulla Manica. Non dimentichiamoci, poi, dello tsunami del 2004, che ha acceso i riflettori sulla realtà di una delle regioni più attive della Terra, e che, da quella data in poi, è stata teatro, con un ritmo sconcertante, di tante altre emergenze: terremoti nel 2005 e nel 2007, alluvioni nel 2008, fino al terremoto che a Padang, nel settembre 2009, ha provocato circa 200 morti.
Verrebbe da chiedere cosa succeda in questa parte del mondo che sembra essere dimenticata da Dio, e che non fa altro che patire da sempre l’ira funesta di Madre Natura. La verità è che non ci sono cause contingenti particolari per spiegare questi fenomeni: la quotidiana attività della Terra prevede scenari di questo tipo, anzi, questa è la normalità per un pianeta ancora giovane e attivo. Ciò che accade in Indonesia – dove le placche, che formano il gigantesco mosaico che regola l’attività della Terra, finiscono l’una sotto l’altra provocando questi eventi – è la regola per il nostro globo, anche dal punto vista degli uomini, che si vivono nelle regioni più attive e non in quelle interne più tranquille.