“Una cosa deve essere chiara: senza i numeri si va subito al voto”

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“Una cosa deve essere chiara: senza i numeri si va subito al voto”

31 Luglio 2010

«Abbiamo reagito e scelto l’unica strada possibi­le. Per scongiurare una lenta e inevitabile consunzione. E per­ché era arrivato il momento della chia­rezza e del nuovo inizio. Le incognite? Pesate. Valutate…». Una pausa leggera, poi Gaetano Quagliariello riprende a par­lare da dove si era interrotto: «Berlu­sconi è il primo a essere assolutamente consapevole del rischio che si corre. È il primo a capire che scegliere la chiarezza significa anche mettere a repentaglio se stesso». È quasi sera quando il vicepre­sidente dei senatori del Pdl si prepara a salire ancora una volta a Palazzo Grazio­li e, al telefono, ammette le variabili che si agitano dietro la crisi. A cominciare dal voto anticipato. «Non è quello che au­spico e dico: faremo di tutto per evitarlo e lo eviteremo. Ma almeno a livello teo­rico un rischio sui numeri c’è e allora u­na cosa deve essere assolutamente chia­ra: se non c’è più una maggioranza si va alle elezioni su una base di chiarezza». (Riproponiamo l’intervista rilasciata oggi dal senatore Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl, al quotidiano Avvenire).

Elezioni? E perché non…

Non vada nemmeno avanti. In una de­mocrazia quando un governo regolar­mente eletto non ha i numeri non si fan­no ribaltoni, non si inventano formule astruse. In tempi brevi si torna davanti a quella che è la fonte del potere politico: la sovranità del popolo.

Guardi senatore che molti proveranno a ragionare su percorsi diversi

Queste persone farebbero bene a riflet­tere su quali sono state le sorti politiche di quanti lo hanno fatto prima di loro. Vuole una previsione? Non vedremo que­sto film, andremo avanti con un gover­no e una mag­gioranza che re­stano forti e se ci sarà questo ten­tativo di ribalto­ne lo denunce­remo davanti all’opinione pub­blica con la massima forza. Così ognuno si dovrà assumere le proprie re­sponsabilità po­litiche.

Torniamo alla crisi: perché?

Perché in questi ultimi tre mesi i princi­pi comuni si sono sgretolati. Non c’è più lo stesso concetto di legalità, non si com­prende più che cosa sia il garantismo. Anzi si ritiene che per noi voglia dire impunità.

E così Fini fonda ‘Futuro e libertà’

Anche il nome che ha scelto per il suo nuovo gruppo è una spia di quella che è la nuova matrice culturale. Una matrice genericamente futurista con dei rigurgi­ti di fiumanesimo. Una sorta di destra anarchica che mette insieme principi au­toritari, giacobismo, condendoli con un pizzico di scapigliatezza.

Fini dice: sosterremo il governo se pen­serà all’interesse generale…

O è una colossale banalità o vuol dire es­sere passati a un appoggio esterno. E ap­poggiare un esecutivo dall’esterno man­tenendo però dei ministri è una cosa che non è possibile. Ma vedrà nelle prossime ore qualche ambiguità di troppo del di­scorso di Fini dovrà essere superata: e in pochi giorni si capiranno tante cose che sono ancora vaghe. Sì, andremo in va­canza con il quadro chiaro.

Il senatore Pisanu potrebbe scegliere Fi­ni e garantirgli i numeri per costituire il gruppo anche al Senato?

Ho troppa stima del presidente Pisanu per ritenere che possa entrare in una pic­cola combinazione parlamentare. Co­munque anche a Palazzo Madama ci sarà un gruppo di Fini: oggi sono poco sotto i dieci senatori, ma la mia esperienza mi insegna che in questi casi due o tre par­lamentari in prestito si trovano.

Berlusconi bis con Udc?

È bene che la formula di governo resti quella che è stata sottoposta agli eletto­ri: questa è una conquista alla quale è be­ne non rinunciare se non in situazioni di assoluta eccezionalità.

Fini dice: Silvio illiberale…

La richiesta di lasciare la presidenza del­la Camera deriva da un’incompatibilità sostanziale, perché diventando leader di una minoranza interna, nei fatti e forse anche contro la sua volontà il suo riferimento è diventato non più il regola­mento ma la convenienza politica. Nel­la Prima Repubblica quando si era elet­ti presidenti delle Camere si scioglieva­no le correnti; oggi che la partitocrazia non dovrebbe più esistere non si può di­ventare leader di nuovi partiti.

Tratto da "Avvenire"