
Una donna sola al comando: il suo nome è Giorgia Meloni

18 Ottobre 2022
Il dato strutturale dell’affermazione della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni è racchiuso nel sintagma delle “primavoltità”: prima volta di una donna leader di un partito costituente l’attrattore della coalizione, prima volta di una donna, in pectore, designata alla Presidenza del Consiglio da parte della coalizione vittoriosa nelle elezioni.
Prima volta che si differenzia da quella di Giuseppe Conte o “Giuseppi” la cui esperienza risultava anch’essa sussumibile nel perimetro delle “primavoltità”: prima volta di un semisconosciuto professore di diritto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri senza alcuna esperienza, anche minima, di politica. Prima volta di un leader espressione di un movimento, i 5 Stelle, anch’essi per la prima volta alla prova di governo.
Entrambe le esperienze risultano accomunate nel concetto, risalente alla filosofia greca di “tyche” (traducibile in italiano con il termine evento, ciò che accade). Il concetto di tyche (come riportato da Giorgio Pasquali) appare più volte già in Platone a volte come una potenza irrazionale, ostile e malefica ma talora anche come una potenza divina e benefica, come la “theia moira”che fa sì che i filosofi pervengano al governo delle città.
Pasquali parla a questo proposito di un “dualismo demonologico” nel pensiero di Platone secondo il quale le vicende umane appaiono come una battaglia in cui l’uomo è soccorso o osteggiato da enti sovrannaturali. Il mito di tyche fa emergere un problema particolarmente arduo per il mondo occidentale: il problema della contingenza, del puro e, in ultima analisi, inesplicabile venire alla presenza di qualcosa: contigit – cioè, appunto, “avviene”.
Mentre l’esperienza di governo di Giuseppi e del pezzentismo pentastellato potrebbe essere ricondotta nel perimetro di una tyche irrazionale, per ragioni eminentemente politiche, al contrario l’affermazione della Presidente Meloni sembra rappresentare la parte dell’accadere, dell’evento potenzialmente apportatrice di benefici sotto il profilo della strutturazione politica in funzione di azione di governo. Nell’epica occidentale che si articola intorno ai tre grandi temi greco-romani dell’Iliale, dell’Odissea e dell’Eneide le donne di potere sono o figlie o mogli (spesso contese) di re.
Nell’Eneide appare, per la prima volta, una regina (senza marito) dotata di “imperium” e di visione politica: la regina Didone. Il riferimento a Didone non è solo di natura culturale ed estetica bensì di analisi tra l’imperium ed il femminile. Le parole che Didone rivolge ad Enea per definire la sua azione di governo risultano lapidarie: “Res dura et regni novitas me talia cogunt”.
L’uso della parola “res” in Virgilio non è casuale. Come magistralmente chiarito da Giorgio Agamben (L’irrealizzabile. Per una politica dell’ontologia) che richiama anche Lucrezio (De rerum natura) la parola res, infatti, prima ancora di significare un oggetto o un bene posseduto indica l’affare degli uomini, ciò che li concerne o è in questione per essi o tra di essi (e cioè il politico). Da ciò l’utilizzo della parola avverbialmente in senso causale in unione sintagmatica con degli aggettivi: res publica, res divina, res adversae o secundae.
Nell’imperium al femminile quindi nei rari casi in cui accade sembra unirsi una tyche favorevole unita, in senso strutturale, alla consapevolezza della difficoltà della gestione dell’agire in senso politico. La parola res dura pronunciata da Didone nomina ciò che concerne l’uomo e non solo gli oggetti “il bene della vita” come in seguito attraverso la filosofia medioevale e la scienza giuridica.
Ed in effetti all’attualità la Presidente Meloni ha di fronte a sè come politica di governo una “res dura” costituita dalla necessità di dare risposte immediate alla contingente crisi energetica strutturalmente causa di crisi sociale e di crisi industriale all’interno di un non sempre “amichevole” quadro di riferimento politico economico e finanziario europeo e, con la guerra in Ucraina, anche di posizionamento internazionale.
Res dura costituita anche dalla necessità di una squadra di governo che tenga conto, ma senza cedimenti, delle esigenze degli alleati facendo prevalere il superiore interesse di una composizione competente, performante, efficace anche a costo di sacrificare i reciproci perimetri di appartenenza politica, le miserie delle ripicche e vendette personali, le ambizioni, talvolta vanagloriose, personali.
Come per la regina Didone la difesa dei confini (e cioè la guerra difensiva) rappresentava il nocciolo della “res dura” di governo, così per la Presidente Meloni la composizione della squadra di governo, le nomine di sottogoverno delle partecipate e delle commissioni rappresentano il presupposto tecnico indefettibile per affrontare la “res dura” della situazione economico sociale del Paese.
In bocca al lupo.