Una grande riforma per i corpi intermedi
03 Aprile 2014
di redazione
Si è svolto giovedì pomeriggio il seminario “Una grande riforma per i corpi intermedi”, promosso dalle fondazioni Magna Carta, De Gasperi e Riformismo e Libertà in collaborazione con i gruppi parlamentari di Camera e Senato. Hanno partecipato i vertici e numerosi esponenti di Ncd, esperti costituzionalisti e rappresentanti delle principali forze sociali del Paese: sindacati, associazioni, organizzazioni di categoria.
Se da un lato si è convenuto che sui grandi temi (riforma del bicameralismo, superamento del policentrismo anarchico generato dall’attuale Titolo V della Costituzione) affrontati dal progetto governativo di riforma costituzionale è imprescindibile andare avanti, senza arroccarsi in uno stantio conservatorismo costituzionale, nello stesso tempo, sul piano dei contenuti, sono apparse, in modo altrettanto imprescindibile, necessarie alcune correzioni.
Il nostro sistema istituzionale deve recuperare una seria funzionalità e questo non è possibile senza che il nuovo patto costituzionale si ispiri ai principi di responsabilità e sussidiarietà. Un neo centralismo in chiave municipalista non è in grado di determinare quel cambiamento che è necessario. Per questo occorrono alcune correzioni sulla composizione del Senato, dove Regioni molto diverse quanto ad ampiezza e popolosità, non possono avere pari rappresentanza.
Inoltre si fa fatica a pensare che i sindaci possano adeguatamente fare contemporaneamente i sindaci, i presidenti delle città metropolitane e i senatori. Sul piano dei contenuti manca una chiara valorizzazione di chi si dimostra virtuoso attraverso i meccanismi della geometria variabile. Il rischio di rovinare i sistemi efficienti è alto. Soprattutto quello che manca nel testo governativo è la vera lotta agli sprechi attuali. Si enfatizza molto il risparmio sulle indennità dei senatori (circa 100 milioni), ma si non razionalizza per nulla la spesa decentrata.
Di costituzionalizzazione dei costi standard non si parla e si ignorano pure i fabbisogni standard dei Comuni (oltre 30 miliardi). Non si pone nessun freno alle migliaia di società partecipate (circa 22 miliardi), che, spesso come colossali poltronifici, infestano i sistemi comunali. Qui è necessario inserire una clausola di sussidiarietà rinforzata che permetta una impresa pubblica solo quando alle stesse condizioni il privato non garantirebbe lo stesso risultato. Bisogna poi agire su tutta la miriade di enti intermedi (Ato, Bim, ecc.) inutili che generano costi per circa 5 miliardi.
Il rimedio efficace a tutte queste degenerazioni si colloca solo a livello costituzionale. E’ urgente quindi recuperare una nuova dignità alla riforma, che non può che avere il suo filo conduttore nel rafforzamento dei principi di sussidiarietà orizzontale e di responsabilità. Solo questo potrà permettere una migliore democrazia.