Una guerra per il diritto di esistere

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Una guerra per il diritto di esistere

05 Giugno 2007

Se
mai al mondo c’è stata una guerra giusta
quella fu certamente la cosiddetta “guerra dei sei giorni”. Quando
Israele riuscì per la prima volta nella sua storia a fare capire al nemico pan-arabo nazista, successivamente
trasformatosi in islamo-fascista, che chiunque nel mondo, comprese le le
dittature arabe, avesse voluto fare
un’altra shoà con la complicità dell’Europa imbelle stavolta avrebbe trovato
pane per i loro denti.

La guerra dei sei giorni fu un
conflitto di difesa che rappresentò un bene per
tutta l’umanità. Paragonabile
all’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America contro la Germania di Hitler.

Oggi
ricorrono i quaranta anni dall’inizio di quei combattimenti. E mezzo mondo, in
un’ottica politically correct che piacerà al terrorismo islamico
di oggi, si accoderà ai pianti e ai rimpianti di chi ricorda quella data, 5-11
giugno 1967, solo per l’inizio della cosiddetta occupazione dei territori della
Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme Est.

Oggi
si può dire con il senno di poi, senza tema di smentite, che la “naqsa”, la
perdita, fece del bene prima di tutto ai paesi che la subirono, che da quel
momento smisero di coltivare l’illusione di una superpotenza araba e la
conseguente eliminazione degli ebrei dal Medio Oriente. Tornando con i piedi
per terra a trattare. Sia pure alimentando il terrorismo anti israeliano e anti
occidentale da allora fino a tutt’oggi. Prima sotto specie di terrorismo marxista-
leninista finanziato dall’Unione Sovietica, oggi sotto specie di terrorismo
islamico finanziato dall’Iran, dalla Siria e dalla Arabia Saudita.

Ecco
un po’ di cronologia che da sola spiega il perchè di quella guerra preventiva
che assicurò ad Israele il diritto all’esistenza e al mondo un bastione di
democrazia in seno al Medio Oriente, all’epoca sovietizzato e oggi islamizzato
in maniera estremistica con lo stesso inconfessabile scopo di destabilizzare la
parte democratica del pianeta.

Nel
1960 Nasser, che già all’indomani della guerra per il canale di Suez del 1957,
che loro chiamano “uduan al tulati”, la triplice aggressione, aveva cominciato%0D
la propaganda per una futura guerra contro Israele, inizia ad ammassare truppe
ai confini con lo stato ebraico.

Nel
1966, l’11 novembre alcuni terroristi giordani dell’Olp partiti da Amman
uccidono con una mina tre soldati israeliani. Ci sarà una reazione immediata in
cui verranno uccisi 11 soldati giordani e poi, solo poi, re Hussein prende le
distanze da quel gesto.

Nel
febbraio del 1967 la Siria annuncia al mondo che è ora di muoversi verso
posizioni offensive contro Israele, lasciando la linea difensiva che finora
aveva caratterizzato la sua politica militare. Il 7 aprile iniziano i lanci di
razzi siriani contro i villaggi del confine, pochi giorni dopo ci sarà anche
una battaglia aerea sui cieli israeliani. Come si noterà la tattica che oggi
usano gli Hezbollah dal Libano e Hamas da Gaza ha precedenti illustri. Tra il
12 e il 13 maggio l’Unione sovietica, che come ha scritto ieri sul “Giornale”
Fiamma Nirenstein, era interessata a mettere le mani sulla tecnologia nucleare
israeliana una volta che i paesi arabi avessero vinto, lancia la propria
offensiva di disinformazione all’Onu: in un rapporto che oggi si sa essere
stato falso accusa Israele di ammassare truppe ai confini con Siria e Egitto,
spingendo di fatto i paesi arabi a fare altrettanto. 14-15 maggio 1967: la
Siria chiede all’Egitto di firmare un mutuo patto di difesa contro Israele.

E il feldmaresciallo capo dell’Egitto, Abd al
Hakim Amer mette i suoi uomini pronti per un attacco ventiquattro ore su
ventiquattro. Il 18 e il 19 maggio l’Onu si vede recapitare la richiesta
egiziana di far sloggiare tutti gli osservatori delle Nazioni Unite dal Sinai.
U Thant obbedisce senza neanche riunire il Consiglio di Sicurezza.

Il
20 maggio l’Egitto ammassa 100 mila soldati ai confini di Israele, poi due
giorni dopo viene chiuso lo stretto di Tiran alle navi israeliane, in pratica
l’unico sbocco da cui potevano arrivare aiuti. I giorni 26 e 27 maggio sono i
più drammatici: l’intelligence israeliana viene a sapere di un piano di
annientamento ordito da Nasser che prevede nelle prossime 48 ore il passaggio
di circa 450 mila soldati che avrebbero dovuto tagliare in due il territorio
ricongiungendosi con l’esercito giordano. Il 30 maggio Egitto e Siria siglano
il patto militare di alleanza e l’esercito giordano sarà messo ai comandi del
comandante egiziano Abd Al Hakim Amer.

Si
poteva ancora aspettare? Il 5 giugno nelle prime ore del mattino l’aviazione
israeliana distrusse al suolo quelle di Egitto, Siria e Giordania con 19
attacchi consecutivi durante i quali vennero distrutti il 90% dei velivoli
militari.

Il
7 giugno inizia l’avanzata di terra e in un solo giorno viene presa
Gerusalemme. Il giorno dopo cadono il Sinai e il Golan. Gli eserciti dei tre
paesi aggressori sono distrutti. Israele se volesse potrebbe facilmente
conquistarli, ma si ferma obbedendo all’Onu. Da allora occupa quei famosi
territori che comunque non sono mai stati palestinesi. Li occupa per evitare
che succeda una nuova  aggressione, come
quella tentata e respinta nei giorni di Yom Kippur del 1973.

Nasser appare in tv ed è costretto ad
ammettere la disfatta, lui la chiama “naqsa”. Un popolo che allora come oggi
era ipnotizzato dalla propaganda dell’odio gli chiede incredibilmente di
restare. L’Egitto da quella disfatta economica e militare a tutt’oggi non si è
ancora sollevato. Prima di Nasser era un’isola felice nel panorama arabo
islamico, dopo ha conosciuto solo arretratezza, regimi e la crescita
esponenziale del terrorismo islamico guidato dai Fratelli Musulmani. Tra loro
il medico Ayman al Zawahiri che poi fonderà al Qaeda con Bin Laden dopo avere
organizzato nel 1981 il mortale attentato al presidente Anwar al Sadat (reo di
avere firmato la pace con Israele nel 1979), che succedette a Nasser dopo la
sua morte per infarto nel 1970. Questa la storia e questa la geografia, in
pillole, di quei formidabili giorni. Quella che probabilmente sentirete nelle
prossime ore invece tutta propaganda sovietica fuori tempo massimo.