Una inconfessabile voglia di vedere Berlusconi cambiare idea

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Una inconfessabile voglia di vedere Berlusconi cambiare idea

Una inconfessabile voglia di vedere Berlusconi cambiare idea

13 Novembre 2011

Ieri sera a un certo punto, in mezzo agli strepiti e alle monetine di piazza del Quirinale, veniva voglia di una sorpresa. Veniva voglia di vedere Berlusconi scendere dalla macchina che lo portava da Napolitano nel mezzo della folla, salire sul predellino e gridare a tutti: "ho cambiato idea, non mi dimetto!". Dire al suo autista di fare una rapida conversione e tornare a palazzo Chigi, al suo posto di capo del Governo.

Sarebbe stato un bello spettacolo vedere le facce di Napolitano, Monti, Franceschini, Bersani, e poi di Sarkozy, della Merkel e tutti gli altri che già festeggiavano.

Veniva questa voglia perché invece lo spettacolo messo in piedi dal circuito medicatico-politico-finanziario era osceno. Altro che la scena tanto tristemente rivenduta del Caimano di Moretti, con il leader che si allontana soddisfatto mentre il paese va a ferro e fuoco.

L’uscita di scena di Berlusconi è stata tutt’altro: a ferro e fuoco sono state messe regole, democrazia e decenza. Con un nuovo presidente del Consigilio di fatto già insediato prima delle dimissioni del precedente, prima delle consultazioni, prima dell’incarico. Con Napolitano che passava più tempo al telefono con Merkozy e Obama che con i leader dei partiti italiani. Con la folla impazzita come in un’arena gladatoria ma in una prospettiva di circenses sine pane.

Veniva questa voglia e insieme sapevamo che ormai era una voglia che non potevamo permetterci: Mr. Market e Mr.Spread hanno già preso il controllo della situazione e siamo nelle loro mani e in quelle di chi dice di rappresentarli. E non c’è niente da festeggiare per nessuno.

La politica può però ancora limitare i danni, porre delle regole e delle condizioni. Alcune sembrano già state accolte.

Il governo Monti dovrebbe essere un governo dal profilo esclusivamente tecnico, confermato dal patto di non partecipazione alle elezioni di tutti i componenti di quel governo, dal premier all’ultimo dei ministri. Se è vero che questo governo serve a salvare l’Italia e in nome di questo pretende il sacrificio della politica, allora a emergenza finita spetterà ai tecnici fare il loro sacrificio per la Patria e uscire di scena. Sarebbe altrimenti evidente che sotto il mantello da tecnocrati si nascondono ambizioni personali a cui la crisi ha solo dato la grande occasione.

Il governo Monti deve avere un mandato circoscritto alla sola implementazione degli impegni europei necessari a assicurare i mercati. Niente riforma elettorale e niente "controriforme" su temi che non siano strettamente economici.

Il governo Monti deve avere anche un mandato temporale circoscritto: 3-6 mesi al massimo. Se al termine di questo periodo alcune delle misure previste non saranno state approvate, il governo deve presentarsi in Parlamento a spiegarne i motivi e chiedere un’estensione del suo mandato.

I soci fondatori di questo governo, Pdl, Pd, Udc dovrebbero concordare sin d’ora, e rendere pubblico, un percorso condiviso per l’uscita dalla fase dell’emergenza, la fine del governo Monti e l’approdo elettorale. Serve che quel passaggio non sia lasciato al caso o alle convenienze del momento, con il rischio di tornare a esporre il paese alla condanna dei mercati. Serve invece che si da oggi, i cittadini in primo luogo, ma anche Mr. Market e Mr. Spread, sappiano cosa accadrà al termine di questa fase eccezionale: i modi e i tempi in cui la politica riprenderà la guida del Paese.

Resta da chiedersi: si poteva evitare tutto questo?

Ieri Dario Franceschini in aula ha fatto un intervento indegno e truculento nel quale ha detto tra l’altro che tutto questo si poteva evitare se Berlusconi si fosse dimesso il 14 dicembre. Non è così. Forse, e dico forse, tutto questo si poteva evitare se Berlusconi, in quanto presidente del Consiglio, avesse avuto il potere di scioglimento della Camere con la diretta conseguenza di andare al voto. E se, in quanto presidente del Consiglio, avesse avuto il potere di sfiduciare i suoi ministri.

Prendere nota per quando si tornerà a parlare di politica.