Una lettera dalla comunità armena con molte ragioni ma non tutte

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Una lettera dalla comunità armena con molte ragioni ma non tutte

18 Ottobre 2007

Pubblico volentieri in questo blog la lettera pacata e piena di buone ragioni che la comunità armena di Roma ci ha inviato per contestare un articolo di Daniele Biello dedicato alla crisi tra Usa e Turchia.

Chi scrive ha dalla sua parte le ragioni della memoria e della sofferenza, ma il nostro Biello è lungi dal metterle in dubbio. Solo avanza – mi pare – la preoccupazione che sulle vicende storiche i Parlamenti e le leggi dovrebbero tenersi distanti. La memoria storica di un popolo o di un evento non può essere stabilita da un voto a maggioranza e quando questo accade produce frutti avvelenati. Il fatto poi che questo voto rischia di innescare una crisi internazionale di dimensioni inusitate potrà anche essere marginale e giudicato colpevolemente “realista”, ma non smette di preoccuparci.


Spettabile
redazione, abbiamo letto l’articolo a firma di Daniele Biello, pubblicato in
data 17 ottobre e non possiamo che rimanere perplessi sulle  affermazioni
ivi contenute.

Quello
che accomuna l’articolo ai (pochi) altri scritti dello stesso tenore è la
convinzione da parte degli autori che  la
definizione “Genocidio” per descrivere  l’uccisione di
massa di un milione e mezzo di armeni da parte dei turchi nel 1915
sia  sostanzialmente  corretta,   anche se l’estensore usa
espressioni come “sterminio” od “eccidio” in un
ridicolo ed al tempo stesso tragico tentativo di non posizionarsi sulla stessa
linea criticata dai turchi.

 Lo
stesso presidente americano, nel rivolgersi al Congresso, non ha
contestato 
 peraltro la
sostanza della risoluzione H 106 votata dalla Commissione Affari Esteri, ma
semplicemente l’opportunità della votazione  su di un argomento tanto
delicato.

Sia
lui che i commentatori come Biello prendono atto di quanto accaduto ed ormai
acclarato dagli storici di tutto il mondo. E tuttavia ritengono che, attesa la
situazione politica internazionale, in particolare nell’area del Medio Oriente,
sia politicamente scorretto irritare l’alleato turco.

Sulla
cui affidabilità e livello di democrazia, invero, pesa  più di un dubbio
dopo  la scomposta, irritata ed irritante reazione al provvedimento votato
negli Stati Uniti .

Dunque,
in poche parole, la ragion di stato deve prevalere sulla morale e sul principio
del diritto. Poco importa che per novanta anni i governi turchi, con la loro
politica negazionista, sia siano trasformati in complici morali dei carnefici
del 1915; poco importa se ancora oggi si viene processati e condannati ai sensi
del famigerato art. 301 del codice penale per la sola menzione del termine
“genocidio”; poco importa se con una decisione unica nell’attuale  scenario  mondiale, un paese come la Turchia
chiude la frontiera con un vicino , l’Armenia, con il quale formalmente non è
in guerra.

Quale
esempio possiamo dare alle giovani generazioni se tolleriamo la negazione di un
genocidio (che detto per inciso non è un fatto politico di poco conto, ma un
crimine contro l’umanità) solo per far salve talune convenienze diplomatiche?

Con
quale spirito è possibile discutere del Darfur, piuttosto che del Ruanda o
della Cambogia di Pol Pot se poi si tollera di avere come alleato militare e
politico un governo che nega  un Genocidio e minaccia ritorsioni “dieci
volte maggiori “ (riecheggiano taluni proclami delle SS …) in caso venga
sconfessato pubblicamente ?

In
realtà, la stabilità politica della regione mediorientale nasce in primo luogo
dall’affidabilità dei soggetti in causa: la crescita democratica e civile della
Turchia passa innanzitutto attraverso l’esame del proprio passato, anche delle
pagine più orrende della propria storia; non sarà tacendo, o voltandosi da
un’altra parte (come fecero i militari olandesi a Sebrenica …)  che si
costruirà un futuro di pace e sicurezza.  Ma piuttosto aiutando la Turchia
a prendere consapevolezza del ruolo politico e diplomatico che potrà recitare
nel contesto attuale e futuro: non saranno i ricatti, o le ritorsioni a
sconfiggere i nemici della pace e dello sviluppo. 

L’opportunismo
e l’ipocrisia della politica cancellano il passato e annichiliscono il futuro.

I
cristiani Armeni sterminati nel 1915  hanno un sacrosanto diritto alla
Memoria: non rispettarlo significa ucciderli una seconda volta:  non
crediamo siano questi i  “valori occidentali”  nei quali
credere. 

Consiglio
per la comunità armena di Roma