Una nomination per Santoro
24 Settembre 2009
di redazione
La grande dote di Michele Santoro è quella propria del più carismatico direttore d’orchestra.
Sguardo audace e autoritario, idee al megafono e un pizzico di arroganza: raduna attorno a sé l’attenzione di tutti i media e orienta il dibattito pubblico. Gli organi di stampa, come archi disciplinati, anelanti il ritmo della sua bacchetta, colorano la discussione pubblica a colpi di proclami vaneggianti, il pubblico, nei blog e nelle trasmissioni radiofoniche, ricama questa melodia impetuosa con assoli dodecafonici.
La grande capacità di Michele Santoro è stata quella di convincerci di essere un giornalista. Pertanto lui non può essere messo in discussione, né tanto meno oscurato, perché un attentato alla sua libertà di espressione, si traduce in un attentato alla libertà di stampa, pietra filosofale dei sistemi democratici.
Tuttavia il conduttore di Annozero non è un giornalista, non lo è mai stato. Se vogliamo, ha scelto di non esserlo. E’ semmai un produttore-conduttore di un programma televisivo. Non un programma di informazione politica, come tenta di farci credere, ma di una trasmissione televisiva di fattura circense che ha tutti i crismi del reality show.
Metodicamente orientata verso un solo obbiettivo di natura edonistica e spesso egoistica, comporta l’alienazione acritica del pubblico che subisce il soliloquio eccessivo dei suoi attori. Sostituisce allo spirito critico e alla bellezza del confronto plurale sui temi dirimenti , l’ironia grossolana tipica del gossip sensazionalista. Propone un cast di attori, scrittori, sceneggiatori, domatori di leoni e leoni che compartecipano alla sinfonia , della quale mai una nota si discosta dalla partitura studiata dal Grande Fratello. Perpetra l’idolatrismo individualistico, e la personalizzazione delle opinioni, creando ruoli a puntate, sostituendo così la curiosità intellettuale con la morbosità superficiale. Nessun contradditorio, nessuno spunto di crescita nei dibattiti e ranghi serrati. E, come nei reality, il risultato è una ribalta piatta, a due dimensioni, che tenta invano di interpretare una realtà che esiste solo tra le mura “della casa” e che niente ha a che vedere con il mondo che pulsa e che pensa.
Il risultato è pessimo. L’opinione pubblica perde uno spazio importante di sviluppo, i media nazionali scomodano retoriche da regime dittatoriale confondendo l’informazione con lo spettacolo, e il mondo politico dedica tempo e risorse a rimettere in sesto equilibri istituzionali legati alla televisione di Stato che già di per sé sono instabili.
E’ un vero peccato che Santoro si sia scordato di mutuare un altro archibugio tipico dei reality e che li rende ancor più divertenti: la nomination.
(m.s.)