Una pagina per i Mondiali. “Sudafrica 2010” nel racconto dell’Occidentale
01 Agosto 2010
Il Mondiale è già storia e il Sudafrica pensa già ai Giochi Olimpici del 2020 (contro Roma). Ora che sul campo la Spagna ha smesso di essere la leggendaria perdente, e che fuori dal campo il Sudafrica non è stato quell’apocalisse disordinata che si temeva, a palla ferma e coppa alzata si può fare un bilancio di Sudafrica 2010: come dobbiamo giudicare il primo Mondiale africano della storia? Ecco i voti a Sudafrica 2010 secondo undici parametri rigorosamente non sportivi.
ORGANIZZAZIONE – Cosa ne potranno mai sapere in Africa – meglio, in Sudafrica – di tutto quello che c’è da fare per realizzare l’evento più grosso al mondo? Eppure, con pazienza e con preparazione ci sono riusciti. Non crediate che la paura fosse solo degli osservatori. Vi riporto le parole di un altissimo dirigente FIFA, di cui ovviamente proteggo l’anonimato, molto ma molto vicino alla presidenza, pronunciate in uno dei pochi momenti di relax della manifestazione – circa dieci giorni prima della finale: "Se i prossimi dieci giorni si svolgeranno più o meno in linea come le tre settimane appena concluse, il presidente Blatter potrà finalmente tirare un sospiro di sollievo ed essere felice". Perché certezze al mondo non ce ne sono, e men che meno nessuno era certo che questa scommessa sarebbe stata vinta (sul perché questa scommessa sia stata fatta, vi rimando alla fine dell’articolo). Qualcuno potrà obiettare che quasi tutti i posti di comando erano occupati da stranieri e non da locali, ma bisogna anche ricordarsi che la FIFA è uno stato a parte. Ciò che conta, è che sia stata una manifestazione organizzata ‘normalmente’ bene: un po’ perché il know how delle istituzioni internazionali coinvolte ha saputo preparare bene il paese; e un po’ perché il Sudafrica ha saputo rispondere con più che sufficiente personalità. Voto: 7 e 1/2.
SICUREZZA – La preoccupazione più grande era per la sicurezza, degli addetti ai lavori e dei tifosi. Nessuna delle paure della vigilia si è realizzata: niente assalti di bande armate, nessun omicidio, ma perfino pochi casi isolati di furti, e quei pochi probabilmente enfatizzati solo per la psicosi dei media. Il Sudafrica sapeva di giocarsi ogni reputazione in questo ambito, per questo il monitoraggio della polizia è stato costante, completo, ma mai fastidioso. Del resto, passando 40 giorni in Sudafrica si cambia totalmente l’immagine che si ha del poliziotto: un altissimo numero di donne, ma soprattutto ragazzi giovanissimi e normalissimi. Si lavora in polizia (quasi) come se si lavorasse per McDonald. Per il Mondiale la copertura delle pattuglie a Johannesburg è stata talmente alta che si è dovuto dragare un alto contingente di unità da tutte le altre regioni. Ovvio, dopo il Mondiale non ci potrà essere lo stesso controllo. Ma l’essere umano, per natura, dopo aver conosciuto una condizione migliore, tende a ricercarla: è possibile dunque che gli abitanti delle zone malfamate di Johannesburg pretendano di più in questi termini, e che davvero la città venga influenzata in positivo. Più volte, andando in giro durante il Mondiale per i negozi della City (la zona più pericolosa) erano gli stessi commessi – non richiesti – a darci dei consigli su come tenere gli occhi aperti per le strade. Vedere che la situazione può veramente essere migliore, è forse il miglior lascito del Mondiale al Sudafrica. Voto: 8 e 1/2.
INFRASTRUTTURE – Mondiali e Olimpiadi cambiano la viabilità e la struttura di una città, ma meglio non farsi illusioni. Molte volte le infrastrutture non arrivano in tempo (vedi Italia 90); molte altre ti costano una crisi letale (vedi Atene 2004). In Sudafrica hanno avuto quantomeno il merito di non puntare all’utopia, e di realizzare quanto fosse possibile e integrabile con le spese e con ciò che c’era. Ottimo per il bilancio e per la fruibilità immediata; il rischio in alcuni casi è stato realizzare impianti e strutture utilizzabili praticamente solo per i Campionati. Niente male i servizi offerti. Voto: 6 e 1/2.
MEZZI PUBBLICI – Dunque, niente metropolitane ambiziose e costose, come quella per le Olimpiadi greche. Per i Mondiali il governo sudafricano ha realizzato un dettagliato servizio di autobus, una sorta di metropolitana su strada, con corsia preferenziale attraverso tutta la città e fermate simili a stazioni della metro. Il servizio ha funzionato perfettamente, con un colpo d’occhio unico: nel giorno della partita, in città si poteva ammirare sin dalla mattina una chilometrica carovana di autobus, che avrebbero implacabilmente collegato la città allo stadio per tutto il giorno senza alcun ostacolo. Limitato ma efficiente. Voto: 6.
VIABILITA’ – Il nervo scoperto dei Mondiali. Semplicemente, non hanno saputo dove mettere le mani. Per facilitare l’accesso agli impianti, e creare un ampio cuscino di sicurezza, l’area attorno agli stadi è stata chiusa e filtrata al traffico fino a 3 km di distanza dai cancelli. Ma fuori da quell’area, disordine puro. Per essere sicuri di arrivare in tempo per una partita, bisognava muoversi almeno quattro ore prima. Molte delle città ospitanti erano a circa un paio d’ore di macchina da Johannesburg. Bene: nelle notti dopo le partite, sono stati leggendari gli incolonnamenti in autostrada per rientrare in città (dopo Inghilterra-USA a Rustemburg, circa 6 ore di viaggio per coprire un tratto che ne richiede 1 ora e mezza). L’apice è stato a Durban, per la semifinale Germania-Spagna: 1 ora di coda per coprire il chilometro che separa la spiaggia dallo stadio. In generale, la situazione è stata peggiorata dalla polizia preposta al filtraggio: impreparata e arruffona sulle indicazioni importanti, e inutilmente zelante nel mostrarsi presente. Voto: 2.
RICEZIONE ALBERGHIERA – Non si possono criticare i sudafricani per aver voluto approfittare del Mondiale: quando gli ricapita… Quello che però è mancato è stata una ricezione turistica adatta a tutte le tasche, con almeno tre fasce di prezzo che corrispondessero a tre fasce di servizio diverso. Difficile invece trovare sistemazioni a prezzi ragionevoli, e molti alberghi di livello medio hanno invece preteso di chiedere prezzi da quattro stelle senza fornirne il servizio (anche perché negli alberghi a 4 stelle, il portiere non ti chiede di pagare la telefonata per il taxi…). Per carità, è un problema fisiologico delle grandi manifestazioni. Però, non ci si deve stupire se poi molti tifosi non sono venuti in Sudafrica. Voto: 5.
I SUDAFRICANI – La cosa più bella di questo Mondiale – se non sei spagnolo. Gente accogliente, entusiasta, vogliosa di andare oltre i propri limiti, o oltre i limiti del proprio paese. Hanno utilizzato l’occasione della Coppa del Mondo al meglio: sapevano di essere sotto gli occhi del mondo, per la prima volta, da pari a pari. Sono stati pure sfortunati al Mondiale: probabilmente la prima squadra ospitante penalizzata dagli arbitri; sicuramente la prima nella storia a uscire al primo turno. Ma i sudafricani sanno che il mondiale importante da giocarsi era un altro: per quello che potevano fare, lì hanno vinto. Dal punto di vista sportivo, forse tendono facilmente a deprimersi. Dal punto di vista sociale, forse sono un po’ troppo attaccati ai soldi. Ma il popolo sudafricano rimane il ricordo, anzi, il regalo, più bello per chi ha vissuto questa avventura. Voto: 8 e 1/2.
GLI STRANIERI – Non cambiano di evento in evento, né da nazione a nazione: dovunque i tifosi in arrivo sono un popolo che vuole divertirsi per qualche settimana, e basta. Magari questa volta avrebbero dovuto provare un po’ di più a integrarsi con la società attorno, non foss’altro perché non è roba di tutti i giorni finire dall’altra parte del pianeta. Voto: 6. Ma forse questo era più compito dei giornalisti, che invece per Sudafrica 2010 si sono limitati al lavoro di copia e incolla: un po’ di Mandela, un po’ di orgoglio del paese in via di sviluppo, un po’ di bianchi di qua e neri di là, e adesso siamo liberi per andare al ristorante. Semplicemente, non gliene fregava più di tanto raccontare la realtà oltre le apparenze. Voto: 4.
RISTORAZIONE – La cucina sudafricana sarebbe anche interessante e variegata, ma per i Mondiali si è voluta appiattire l’offerta sul modello inglese, magari per venire incontro alla maggioranza anglo-sassone dei media. La cosa preoccupante è che anche le nuove generazioni sudafricane sembrano preferire di più i fast food ai loro ristoranti. Ma mai chiedere agli inglesi un parere su come cucinare o come vincere la Coppa del Mondo. Voto: 4.
STADI – Dieci impianti utilizzati, cinque nuovi di zecca. Tutti adatti, ottimo lavoro, senza inutili sparate che includessero centri commerciali o chissà cosa, ma abbastanza moderni per non essere buttati via a Mondiale finito. Grande attenzione in ogni stadio agli sky box per gli sponsor. Spesso, i posti inutilizzati allo stadio, erano quelli delle corporazioni, che probabilmente non sono riusciti a piazzare i pacchetti con successo. Costi: si va dai 12 milioni di euro per ammodernare il Loftus Versfeld di Pretoria, ai 364 milioni per tirare su il Moses Mabhida di Durban. Ma che stadio… : 70mila posti, incluso in un ampio plesso sportivo, nei posti in alto c’è la vista mare, e l’arco che lo sovrasta ricalca il disegno stilizzato della bandiera sudafricana. Con un cablecar l’arco può essere perfino percorso. Il Moses Mabhida è senza dubbio uno degli stadi più belli al mondo. Impressionante anche il colpo d’occhio del Soccer City, lo stadio della finale: all’esterno, la copertura ricalca la terracotta tipica da cui si beve la birra, e i colori vengono accentuati dalla spianata attorno fatta da miniere e terra rossa. All’interno, un salotto per 94mila spettatori, con una vista impeccabile da ogni settore. Voto: 9.
BENEFICENZA – L’aspetto più ipocrita del Mondiale. Montagne di soldi spese in iniziative fatte più per le pubbliche relazioni, che per il bene comune. Bambini e comunità trattati come figuranti, per pulirsi la coscienza e dimostrare di non essere insensibili. L’iniziativa più discutibile è quella dell’associazione no-profit finanziata dalla Fifa, per ottenere educazione scolastica per tutti: milioni di euro in pubblicità, un imponente arruolamento di personaggi famosi e un circo di ex calciatori, e tutto per chiedere firme su una petizione che sensibilizzi i potenti della terra a garantire istruzione per tutti. Wow, questo sì che è pratico. Non sarebbe stato meglio meno riflettori e qualche cosa di più utile subito? L’iniziativa più surreale rimane però quella dell’azienda di bibite più famose al mondo: un evento iperpubblicizzato, la presenza di Bebeto a fare da risonanza con i giornalisti. Per cosa? La donazione di una pompa per l’acqua a un villaggio. Roba che la paghi con l’incasso di una serata di un bar di un qualsiasi Media Center, in una serata a caso. Voto: 1.
VOTO GENERALE: 8. L’Africa ha dimostrato di poter competere con il mondo, se gliene si dà la possibilità. Certo, un Mondiale non può cambiare tutto, e da fare c’è un mare di cose, così come l’apartheid è tutt’altro che risolto, con la società divisa in elite dirigenziali di bianchi e masse lavoratrici di neri. Ma da qualche parte bisogna cominciare, come l’esempio di Mandela ha insegnato, e il Sudafrica ha tracciato la via per il continente. E bisogna ricordarsi anche che il resto dell’Africa è ben lontano dai livelli del Sudafrica. Ma almeno adesso sappiamo che è possibile. Basta non schiacciare i progressi con inutili paragoni: il Mondiale 2006 in Germania è stato il Mondiale organizzativamente perfetto, nessuno può competere. Ma il Sudafrica si è comportato dignitosamente, dimostrando di poter sfidare il mondo senza vergognarsi. Ora vedremo cosa ci sarà per il futuro. Le Olimpiadi del 2020 a Durban? Blatter ha detto in chiusura: "La Fifa non è un circo. Non siamo venuti in Sudafrica a montare lo spettacolo, a divertirci, e poi tanti saluti. No, la Fifa non si comporta così. Non dimenticheremo il Sudafrica." Ce lo dimostrerà.
*inviato per la CNN in Sudafrica.
Foto di Tancredi Palmeri.