Una politica di sicurezza per Baghdad

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Una politica di sicurezza per Baghdad

16 Luglio 2007

Nella conferenza stampa che si è
svolta giovedì 12 luglio alla Casa Bianca, il Presidente George W. Bush ha
ribadito con fermezza che la missione degli Stati Uniti in Iraq non terminerà
con un ritiro delle truppe, ma con la vittoria. Conseguire un buon risultato in
Iraq si rivela quindi, nelle parole del Presidente, la tappa fondamentale per proseguire
con successo nella guerra contro il terrore e garantire la sicurezza nazionale
degli USA nel terzo millennio.

L’annuncio di George W. Bush
giunge nel momento in cui dal fronte iracheno sembrano pervenire finalmente segnali
positivi. I progressi dell’operazione Phantom Thunder, ed in generale gli
obiettivi conseguiti negli ultimi due mesi dall’esercito americano, non sono tuttavia
unicamente il frutto di mirate scelte politiche dell’Amministrazione e dei suggerimenti
di quella parte del fronte Repubblicano che ha sempre appoggiato l’intervento. L’impostazione
della politica estera statunitense, come d’altronde era già accaduto dopo l’11
settembre, si dimostra ancora una volta legata al progetto neoconservatore per
la rinascita americana, esemplificato in particolare dal lavoro dell’American
Enterprise Institute: uno tra i più autorevoli think tanks statunitensi, favorevole ad una politica estera decisa
e convinto della necessità di intervenire preventivamente contro i regimi
totalitari e le organizzazioni terroristiche prima che questi possano colpire gli
USA.

L’efficace sinergia tra gli studi
promossi dall’AEI e le strategie politiche adottate a Baghdad dall’Amministrazione
di George W. Bush era peraltro già evidente agli inizi del 2007. Il Partito
Repubblicano, valutando le sempre più fosche possibilità di riuscita di una
missione statunitense in Iraq schiacciata tra faide tribali ed un misto di odio
e indifferenza verso gli americani, si rivolse informalmente all’American
Enterprise Institute per un’analisi della situazione e per suggerimenti
nell’elaborazione di nuove linee d’azione. Dai lavori dell’AEI scaturì la
relazione dello scienziato politico Frederick W. Kagan (fratello del più noto
Robert, e figlio dello storico Donald) “Choosing Victory: A Plan for Success in Iraq” del 5 gennaio 2007. Questo scritto,
presentato all’AEI insieme ad interventi di alto profilo dell’ex capo delle
forze armate Jack Keane, dello stesso Kagan e degli studiosi Michael Rubin e
Reuel Marc Gerecht, richiedeva al Partito Repubblicano maggiori investimenti e
l’invio di nuovi contingenti in Iraq al fine di conseguire una netta vittoria
statunitense in Medio Oriente; le dettagliate proposte di Kagan vennero poi riprese
interamente nell’Iraq Strategy Review della Casa Bianca del 10 gennaio 2007 ed
infine approvate come risoluzione al Congresso il 25 maggio 2007.

Da allora, la situazione in Iraq è
cambiata. L’invio di nuove truppe, affiancato a raffinate strategie di intelligence, a sistemi di cooperazione
con le forze militari e di polizia irachene ed a massicci investimenti nelle
infrastrutture per la gestione del terrorismo e degli attentati, hanno fatto la
differenza in particolar modo a Baghdad, ma anche in aree circostanti come
nella provincia di Anbar. Nonostante le ostilità non possano certo dirsi
concluse, sembra lentamente dissiparsi il buio clima di violenza che aveva
caratterizzato le prime fasi della guerra al terrore.

Lo schema di valida cooperazione
tra Amministrazione Repubblicana ed American Enterprise Institute si è dunque dimostrato
proficuo per lo staff del Presidente Bush, il quale recentemente è tornato a
guardare al tavolo di confronto promosso dall’AEI sulla strategia per la
vittoria a Baghdad. Nell’incontro “Assessing the Surge in Iraq”, svoltosi
presso il Wohlstetter Conference Center dell’AEI il 9
luglio 2007, è stato ancora una volta essenziale l’intervento di Frederick
W. Kagan; l’analista politico ha ribadito
l’importanza di proporre un progetto coerente per la sicurezza a Baghdad e
dintorni: effettuare operazioni rapide e mirate di clearing, per eliminare
rapidamente i nuclei terroristici; porre le condizioni per raccogliere elementi
di intelligence dove ancora non sia
opportuno intervenire con azioni militari e di polizia; ed infine ultimare il
trasferimento di competenze e responsabilità, in modo da favorire sempre più
l’iniziativa autonoma delle forze ufficiali irachene. Hanno partecipato anche l’ex
capo delle forze armate Jack Keane, l’esperta di difesa e politica estera
dell’AEI Danielle Pletka e l’analista politico
James Miller del Center for a New American Security; quest’ultimo ha ricordato
la necessità di ridurre il livello di violenza a Baghdad, in particolar modo
garantendo la sicurezza dei cittadini; facilitare la riconciliazione politica
con la leadership politica irachena; ed infine tenere aperti i canali
diplomatici, nello specifico con la Turchia, per la gestione delle “zone calde”
come il Kurdistan. La speranza è quella di normalizzare la situazione in Iraq entro
il 2008, per completare il graduale passaggio di consegne in mani irachene delle
politiche per la sicurezza.