Una Russia più vicina alla NATO è anche un successo di Berlusconi
22 Novembre 2010
Quando al Presidente Berlusconi hanno passato le agenzie con le dichiarazioni del Presidente Medvedev, deve aver pensato che la gran parte degli attacchi che ha ricevuto negli ultimi anni fossero profondamente ingiustificati. Al margine dell’ultimo summit Nato di Lisbona, infatti, il presidente russo Dimitri Medvedev ha celebrato “lo spirito costruttivo e amichevole” del premier italiano nel miglioramento nei rapporti Russia-Nato. Il premier Berlusconi deve aver sorriso dentro di sé, memore del trattamento che le “patrie” testate giornalistiche gli hanno riservato sull’argomento, per i “suoi” rapporti diplomatici con la Confederazione russa di Putin prima, e di Medvedev poi (peraltro in un momento difficile della sua esperienza politica). Il riconoscimento dell’intuizione di Pratica di Mare nel 2002, ovvero l’incontro che aprì la strada alla nascita del Consiglio Nato-Russia, è stata suggellata dagli entusiasmi pan-atlantici di tutti i leader europei, due giorni fa a Lisbona. Saluti, riconoscimenti, sorrisi e pacche. Ma cosa resterà del Summit del 19-20 Novembre?
Cantava la Vanoni in una suadente canzone: “La musica è finita e gli amici se ne vanno…”. Perfetta strofa per la solita immagine di fine summit. Ma sono tutti amici quelli che si sono salutati a Lisbona in epilogo del summit NATO? Così parrebbe. Al punto che il Presidente Obama pare abbia affermato che l’incontro sia stato “poco interessante” recuperando subito con un “d’altronde, sembriamo d’accordo su tutto!”. Gaffe evitata, per un soffio. Una novità c’è però: la declamata presenza del Presidente russo Medvedev e il nuovo corso con il nemico di ieri, la Russia. Si tratta di una vera rivoluzione nelle relazioni tra NATO e la Confederazione russa oppure no? In tempi di reset nelle relazioni tra Washington e Mosca, nessuno può dire quale definizione calzi meglio. A guardare le foto sembrerebbero tutti ‘molto cooperativi’, con il Presidente russo pronto a offrire sorrisi a chiunque. Il problema che pongono tutte queste fotografie di gruppo è che, nel bene e nel male, quando si parla di interessi strategici degli Stati nazionali, l’amicizia, le pacche (e ancora i sorrisi) non c’entrano poi molto. E il limite tra operazioni di marketing politico-mediatico e reali svolte diplomatiche può essere molto difficile da individuare.
Ma andiamo per ordine. Cosa è successo a Lisbona? Due i dati significativi che emergono dall’incontro nella capitale portoghese. Il primo: europei e statunitensi ne hanno abbastanza di Afganistan e Karzai e stanno pensando ad un disimpegno definitivo dal teatro bellico centro-asiatico entro il 2014 (data che ai più appare poco probabile, a dire il vero). Il secondo e più significativo: i toni tra Usa-Europa-Russia sono entrati in una fase più ‘morbida’ (diciamo che si guarda più a ciò che unisce piuttosto che a ciò che divide). Ma è bene non abbandonarsi a facili entusiasmi. La Russia non è entrata a far parte della NATO, come non vi entrò a Pratica di Mare quando nel 2002 il Presidente Berlusconi suggellò la stretta di mano tra il Presidente George W. Bush e il suo omologo russo Vladimir Putin. Un’intuizione, quella berlusconiana, che come un fiume carsico coperto dai dolenti scontri con Mosca su dossier caldi come quello ucraino, iraniano, iracheno, georgiano, riappare oggi più profondo e largo che mai. L’amministrazione Obama e la presidenza Medvedev hanno infatti, da un anno a questa parte, segnato un insieme di punti che spingono i più a parlare di un nuovo corso. Di reset appunto.
Dopo i ‘toni siberiani’ seguiti all’invasione russa della Georgia nel 2007 e la retorica da guerra fredda sullo scudo missilistico statunitense sul territorio ceco-polacco, Mosca sembra oggi più incline alla cooperazione sul fronte euro-atlantico. Molti i piani di convergenza russo-statunitensi: il New Start (Strategic Arms Reduction Treaty) firmato a Praga l’Aprile scorso dai due presidenti; l’abbassamento della conflittualità russa nei confronti degli Stati ex-satelliti sovietici nell’Europa dell’Est, oggi democrazie della UE e membri NATO; l’avvicinamento russo alle posizioni di Washington sul dossier iraniano cui Mosca ha dato ‘seguito’ anche con il congelamento della vendita a Teheran del suo sistema missilistico terra-aria; l’aumento dell’impegno russo in Afganistan (la Russia è diventata terra di smercio e passaggio della droga afgana); finanche la possibile adesione della Confederazione russa all’Organizzazione Mondiale del Commercio, dopo le declamazioni di autosufficienza di Mosca rispetto alla stessa, sempre nel 2007. Ma si tratta di convergenze una tantum oppure sono i segnali dell’inizio di una partnership strategica? Reale integrazione della Russia nel sistema di sicurezza occidentale oppure ballon d’essai russo che misuri o stabilizzi i propri spazi strategici?
Una risposta certa è ancora impossibile. Due cose sono certe però: l’esito del processo di riavvicinamento tra Occidente e Russia dipenderà molto anche dallo sviluppo degli scenari politici interni alla Confederazione. Nella lotta per il potere che tra poco avrà luogo tra Putin e Medvedev, si deciderà il futuro di una Nazione incerta nel proprio lento percorso democratico. Dalla vittoria per la candidatura per la presidenza nel 2012 dell’uno o dell’altro candidato, dipenderà anche il corso che realmente prenderà la Russia a livello politico-diplomatico sullo scacchiere euro-atlantico. Secondo: l’intuizione berlusconiana, nella sua declinazione diplomatico-strategica di Pratica di Mare (e quella mediatica del G20 di Londra nel 2008), ha mostrato tutta la sua profondità. Berlusconi ha avuto ragione. Fatelo presente ai ben pensanti dei diritti umani che vogliono dare lezioni a tutti. A Lisbona nessuno ha fatto una grinza sulla presenza di Medvedev. La Russia ha con ciò risolto i suoi problemi? Certo che no. Ma oggi, anche grazie a Berlusconi e alla diplomazia italiana, la Russia è più vicina di quanto non lo fosse ieri ad un’area di libertà e democrazia qual è la comunità euro-atlantica.